Come difendersi sul luogo di lavoro
Un fenomeno che interessa milioni di persone nel mondo ma che spesso viene ignorato, sottovalutato, deriso.
Quando una persona viene sottoposta, ripetutamente, ad azioni volte ad isolarla, a colpirla psicologicamente, a svalutarla e degradarla, si configura il comportamento persecutorio chiamato mobbing. Può capitare a chiunque e ovunque, in casa come nelle relazioni sociali, ma la maggior parte dei casi di mobbing si riscontra sull posto di lavoro, da parte di colleghi o superiori, che spesso agiscono in gruppo e per emulazione. La prevalenza dei casi compisce gli impiegati e i dirigenti, che ‘cadono in disgrazia” e vengono privati della loro professionalità, stressati fino a farli ammalare fisicamente o psicologicamente. Ma sono crescenti i casi anche di altre tipologie di lavoratori mobbizzati, soprattutto tra gli operai.
Isolare e aggredire il diverso, il debole, lo scomodo è un comportamento purtroppo insito nella natura umana.
Il mobbing non è quindi un fenomeno nuovo, strano, inventato. E tuttavia spesso viene considerato tale, non solo da chi lo agisce, non solo dal contesto in cui si verifica, ma addirittura e soprattutto da chi lo subisce. Manca spesso la consapevolezza di essere una vittima, e anche quando la consapevolezza arriva subentra la vergogna, la ritrosia a denunciare. Quasi un senso di colpa, la convinzione di aver fatto qualcosa che ha provocato l’aggressione del mobbizzante. Un’autocensura che scatta soprattutto tra le donne e gli stranieri, le persone più colpite perché più deboli nel contesto sociale.
Come affrontare dunque il fenomeno del mobbing, come porvi rimedio? Ci vuole grande prudenza, grande umiltà, vista la delicatezza del fenomeno, non solo dal punto di vista psicologico. Spesso infatti il comportamento di mobbing si confonde con la condotta antisindacale, con la violazione delle norme contrattuali, con la violenza privata. Inoltre il mobbing quanto tale non esiste nelle nostre leggi le poche sentenze lo definiscono in modo ancora incerto, classificandolo come semplice reato civilistico.
Dal momento che il mobbing riguarda soprattutto il mondo del lavoro, la UIL già da molti anni se ne occupa, avendo costituito, spesso per prima, punti di assistenza e ascolto in tutta Italia. Lo sportello di Trieste esiste da anni e dal 2006, a seguito della legge regionale in materia, è riconosciuto e finanziato dalla Regione In collaborazione con la Provincia di Trieste, l’associazione GOAP e la cooperativa Lybra del mondo ACLI, lo sportello di via Polonio 5 è aperto il lunedì, mercoledì e giovedì pomeriggio (tel 040.660994, e-mail info@benesserelavoro.it, www.benesserelavoro.it).
Al punto d’ascolto le persone interessate trovano l’assistenza di due operatrici, affiancate da medici, psicologi, legali. Il compito degli operatori è appunto, in primis, quello di ascoltare: raccogliere la testimonianza, lo sfogo della persona mobbizzata, aiutarla a prendere coscienza di ciò che le accade e delle conseguenze che può avere sul suo equilibrio e sulla salute, l’individuazione delle responsabilità, la precisa distinzione dell’eventuale mobbing da altre violazioni dei diritti della persona.
Prudenza e umiltà. Spesso infatti l’ascolto e il supporto psicologico bastano alla persona per trovare la forza di reagire e rispondere positivamente al comportamento violento cui è sottoposta. Talvolta le azioni da mettere in campo sono prevalentemente di natura sindacale, e l’utente viene indirizzato al sindacato di categoria di competenza. Solo alla fine, se nessuna di queste strade è risolutiva, si valuta l’opportunità di un’azione legale.
Di grande importanza è il supporto che può venire dai sindacalisti attivi nei posti di lavoro, che devono segnalare allo sportello i casi di mobbing, aiutare le persone colpite, costruire intorno a loro una rete di sicurezza, concordare con il datore di lavoro i percorsi per superare il fenomeno senza ulteriore conflitto. E grande parte ha anche la responsabilità sociale del datore di lavoro, la sua capacità di individuare questi comportamenti, scoraggiarli, sanzionarli e soprattutto prevenirli. Sono purtroppo ancora poche le commissioni interne per il mobbing costituite nelle aziende e soprattutto nelle pubbliche amministrazioni, che sono i luoghi di lavoro in cui il fenomeno è più diffuso.
E proprio su questo versante che la UIL si impegnerà di più nel 2009. Verranno formati i rappresentanti sindacali sui luoghi di lavoro, ma si cercherà anche di coinvolgere maggiormente le aziende e le pubbliche amministrazioni con un’azione di consulenza, per affrontare il mobbing assieme e se possibile scongiurarla.
Inoltre, nel 2009 ci si focalizzerà su come questo problema colpisca gli stranieri, costruendo con pazienza un’attività di mediazione culturale che li aiuti a riconoscerlo e superarlo.
La cosa più importante, tuttavia, sarà l’informazione. Il mobbing va fatto emergere, va compreso e denunciato. Ne va diffusa la consapevolezza nell’opinione pubblica, l’unico modo perché chi ne è colpito decida di agire, chi ne è a conoscenza decida di denunciare.
Il mobbing, così come qualsiasi altra malattia sociale, va prevenuto e curato.
Mobbing: se lo conosci, lo eviti.
Luca Visentini
Segretario Generale UIL FVG
Decidiamo inconsciamente!
All’università di Rochester (Usa) hanno voluto verificare, se gli uomini davvero raramente fanno scelte razionali, come dimostrava la ricerca dei neuroscienziati Daniel Kahneman e Amos Tversky che hanno vinto il premio Nobel nel 2002. Le nuove ricerche di Alex Pouget, professore associato di Scienze cognitive presso l’ateneo statunitense, hanno dimostrato che le decisioni migliori le prendiamo invece inconsciamente, cioè senza rifletterci troppo. Il cervello umano è in grado di farci prendere la decisione più corretta con le informazioni che ha a disposizione e di cui magari non ci rendiamo conto. Per dare una base scientifica a questa verità, Pouget ha utilizzato una serie di semplici test: ha mostrato ad alcuni volontari uno schermo su cui si muovevano puntini a caso, fino a formare flussi in diverse direzioni, anche se non in maniera chiaramente visibile. Al momento di rispondere alla domanda se i puntini si muovessero verso destra o verso sinistra, i partecipanti al test hanno dato la risposta esatta senza avere la certezza razionale di quello che stavano dicendo. “Tutto questo – assicura Pouget – ha una serie di vantaggi. Il primo è che riusciamo a prendere decisioni senza aspettare di essere certi al 99% di quello che stiamo facendo e dunque risparmiando molto tempo. Diciamo che, in media, per fare una scelta ci basta essere sicuri al 51% delle informazioni che abbiamo”.
tratto da Konrad n. 143 di febbraio 2009