– di Alessandro Redivo –
Contenuti deboli e un’abbuffata generale
Expo Milano 2015 ha superato il giro di boa, la macchina è oramai avviata e rodata. Ciò consente un’analisi obiettiva su numeri, contenuti e sull’impatto di questi sulla collettività.
I quattro mesi appena trascorsi confermano le attese e le preoccupazioni della vigilia: Expo Milano 2015 nasce, cresce e si sviluppa come prodotto di marketing con il chiaro intento di massimizzare economicamente l’evento, sfruttando la vetrina mondiale a disposizione.
Come ogni iniziativa di marketing, Expo 2015 ha un proprio brand, quattro lettere e quattro numeri riprodotti con colori primari mescolati e sovrapposti fra loro, che lo rende riconoscibile e facilmente veicolabile; uno slogan, Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita, coerente con i valori stabiliti: Ha obiettivi chiari: 20 milioni di visitatori (erano 24, ma con la riduzione dei costi il punto di pareggio è sceso a 20) con almeno il 30% di visitatori provenienti da fuori Italia; la realizzazione di un lascito ereditario teorico intellettuale: la Carta di Milano.
A corollario, una strategia di conquista che abbraccia trasversalmente diversi settori avvalendosi delle consuete leve di marketing: accordi con fornitori esterni (leggi royalties), pubbliche relazioni, comunicazione, pubblicità, comitati scientifici e organizzativi, un’importante rete di stakeholders (clienti, fornitori, finanziatori) e shareholders (azionisti).
La strategia messa in atto, così determinata nel raggiungere gli obiettivi quantitativi, ma così miope nei confronti dei reali contenuti della manifestazione, è orientata all’affannosa ricerca di visitatori paganti. Alcuni esempi: l’apertura serale a 5 euro, molto gettonata fra i giovani che spesso limitano l’esperienza alla sessione serale interpretando la visita come divertimento notturno, lo spettacolo del Cirque du soleil, che attira il visitatore all’interno del sito senza permettergli la visita (il biglietto si paga a parte) o la faraonica mostra Arts&Foods alla Triennale di Milano.
Chi sta beneficiando maggiormente dell’iniziativa sono i servizi legati alla mobilità, alla comunicazione, i servizi alle imprese, oltre a tutto il comparto sicurezza e vigilanza. A causa di una mancanza di trasparenza, ci sono ancora molti dubbi sul numero esatto di visitatori, a oggi la stima più attendibile si attesta fra i 7 e 7,4 milioni nei primi 100 giorni, di cui circa il 30% di turisti stranieri.
Come operazione di marketing, l’evento è in linea con gli obiettivi prefissati. Non va dimenticato però che nello statuto della BIE (vedi Konrad di maggio 2015) l’evento è identificato come non commerciale ed è finanziato, soprattutto, dal Governo Italiano. Per questo motivo, è d’obbligo valutare costantemente la diffusione dei valori veicolati da Expo 2015, in particolar modo quelli indicati nella Carta di Milano. Il documento si prefigge di fornire una base di partenza comune che coinvolga la maggior parte dei governi del pianeta e affronti tre temi cruciali: la riduzione dello spreco alimentare, la malnutrizione (intesa sia come fame nel mondo sia come lotta all’obesità) e lo sviluppo di un’agricoltura sostenibile. A oggi circa 500.000 persone hanno firmato la Carta di Milano, solo il 7% dei visitatori della manifestazione. Tranne qualche conferenza o tavola rotonda, ben poco è stato fatto per diffonderne il contenuto, molto spesso demandando ad altri il lavoro da svolgere (ANCI e Fondazione Feltrinelli, per esempio).
L’evento Arts&Foods – Rituali dal 1851 può essere preso ad esempio di come il marketing guidi la strategia di Expo. In un paese, l’Italia, in cui il sito archeologico di Pompei, nel periodo estivo, è sistematicamente chiuso per mancanza di risorse, in cui musei come gli Uffizi e la Pinacoteca di Brera reclamano fondi, Expo organizza una mostra d’arte sottotitolandola Padiglione in città, prendendo a pretesto il tema del cibo, dal costo di 6 milioni di euro. L’intento, nemmeno troppo velato, è quello di creare un collegamento fra la città e il sito espositivo, guardando più al botteghino che all’arte.
Il modello narrativo di Expo Milano 2015 promuove il cibo come prodotto di spettacolo e consumo, svuotandolo dal suo significato originale, sradicandolo del tessuto urbano e allontanandolo dal quotidiano. Propone un modello di crescita e sviluppo consolidato e per questo privo di contenuti e innovazione. Expo Milano 2015 è un piatto vuoto, riempito solo da strumenti di marketing, unici ingredienti a non mancare nella grande abbuffata generale.