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Il futuro della Ciceria

– di Simonetta Lorigliola –

 Un possibile rilancio di un territorio che sposi ecologia ed economia

Ciceria2Paesaggio

Ma dove diavolo era il confine? Nessun cartello, nulla. Ci sarà magari stato, un tempo, ma lì alla violenza della bora non resiste nulla. Soffia anche a duecento orari prima di planare su Trieste. Camminammo a lungo su questa terra di nessuno scorticata dal vento e ci disperdemmo sul sentiero provocando i disperati guaiti di Lola. Croazia? Slovenia? La terra stepposa era sempre la stessa e sbugiardava le demarcazioni nazionali. La Ciceria, dicono i geografi, va da Opicina al Montemaggiore e le sue brughiere nascondono cippi di confine dell’Austria-Ungheria e della Repubblica di Venezia, dell’Italia e del Gma, della Slovenia, della Croazia e della vecchia Jugo. In mezzo a tante frontiere travolte dalla storia, la Ciceria restava lì, unico e autentico spartiacque di civiltà, tra mondo mediterraneo e Danubio.

Paolo Rumiz “Il viaggio a piedi da Trieste a Cherso”

Continuano gli incontri di Konrad con Livio Dorigo, uomo “a cavallo tra due secoli” come ama definirsi, intellettuale brillante e multitematico con uno spirito profondamente sociale.

Con Dorigo, oggi presidente a Trieste di quel Circolo Istria fondato da Tomizza, parliamo di un progetto che lui stesso ha pensato e che sta lentamente raccogliendo consensi. Un progetto sospeso tra l’utopia e il futuro, ma coi piedi saldamente piantati per terra. 

Parliamo di Ciciaria, una zona dell’Istria vicinissima ma che in pochi conoscono

La Ciceria inizia a Opicina e arriva al Monte Maggiore, in pratica congiunge Trieste con Fiume. É un altopiano meraviglioso che fa da cerniera tra l’Istria e l’Europa orientale.

L’altipiano è lungo circa 45 km, largo da 10 a 15 km  (superficie totale di 500 km2), l’altitudine in media è di 700 /  800 metri. Ci sono boschi. Il verde manto erboso è discontinuo, interrotto da bianchi lembi di marne e calcare…

Ciciaria6Paese

Infatti la chiamano l’Istria bianca. Fa parte di quella linea arroccata che diede rifugio nei secoli alle popolazioni in fuga dai turchi e dalle invasioni e scorribande provenienti da Oriente

La Ciciaria nasce probabilmente da un innesto tra una scarna popolazione locale e una popolazione migrata in quelle terre, probabilmente in fuga. Una terra di pastori. Alla base della sua storia c’è la transumanza, una pratica importante, con le sue regole derivanti dal diritto latino in cui i beni comunitari erano al centro della compagine sociale. Sono regole condivise da tutto il mondo dei pastori, in tutto il bacino del Mediterraneo. E anche i Cici erano pastori, lo sono stati fino a qualche decennio fa.

Con una lingua propria…

In queste zone si parlava l’istro rumeno, una lingua di origine latina con influenze dell’area danubiana e balcanica.

Oggi la Ciceria è una terra in abbandono…

A partire dal secondo dopoguerra è cominciata una diaspora verso le città in cerca di un lavoro e una vita migliore per moltissimi… Eppure è una terra splendida che bisognerebbe valorizzare, anche a favore di chi le città vorrebbe abbandonare e oggi non sono pochi i giovani che pensano alla natura e alla terra come futuro. Qui c’è un’opportunità, se la si vuole creare.

In quale modo ha pensato che si possano valorizzare queste terre?

Qui ci sono storie e tradizioni importanti. Ma non si tratta di aprire musei o inventarsi ricostruzioni storiche da esibire ai turisti. Qui si tratta di rimettere in moto economia e società…

In Istria l’economia è ovunque legata al turismo oggi, e ne ha guadagnato certamente parecchio il settore edilizio, anche con esempi devastanti…

É esattamente questo che si deve evitare. Bisogna valorizzare quel che c’è e non creare nuove strutture. La pastorizia è un’attività storicamente presente in Ciceria perché il contesto è quello giusto. Esiste ancora la razza storica, la pecora istriana che in Carso qualche allevatore tiene ancora. Io dico: ripartiamo da  lì.

Ciciaria5LanischieInverno

Cosa si immagina esattamente?

Immagino e progetto un villaggio modello, che faccia da apripista per altri, in cui un gruppo di giovani formati e con mezzi e competenze riavvii la pastorizia, produca latte, formaggio e carne e a questo affianchi gli apiari, poiché anche l’ape in queste terre vive da sempre e ci sono specie di api autoctone (peraltro oggi a rischio di estinzione) e poi ancora qualche coltura orticola o di alberi da frutto. A tutto questo potrebbe affiancarsi l’ospitalità.

Lei hai già avviato e gestito un progetto simile, che ha avuto successo, sul Lago d’Elio quando faceva il veterinario in quelle valli…

Esatto. Per questo mi sento sicuro nel fare questa proposta. L’ho gestito altrove, con partenza e dinamiche simili a quelle in Ciceria e oggi, dopo 20 anni, quell’esperienza va avanti e cresce, in totale compatibilità tra economia e ambiente. I formaggi di quei luoghi sono oggi prodotti d’eccellenza e le valli hanno riacquistato dignità e lavoro, scongiurando l’abbandono.

A che tipo di ospitalità pensa? Quale turismo in questa Ciceria che potrebbe rinascere?

Ospitalità semplice, in locali esistenti ristrutturati, gustando i cibi del luogo e visitando i luoghi stessi. Non penso a un turismo mordi e fuggi ma una forma di conoscenza del territorio che ti consenta una vera relazione. Penso che si potrebbero coinvolgere anche le scuole. La Ciceria potrebbe offrire una bella alternativa di coscienza e formazione all’aria aperta, al posto della solita settimana bianca, per esempio.

Tutto questo consentirebbe il sostentamento economico, ma ha anche un valore ambientale 

Certamente. Si rimetteranno in moto i boscaioli, figura storica, oltre ai pastori e agli apicoltori. E poi c’erano anche la carbonare, qui si faceva il carbone (da legna) per tutta Trieste e tutta Fiume.

Tutte attività millenarie che avevano creato un equilibrio ambientale perfetto, che tutelava in modo spontaneo la biodiversità e metteva l’uomo in armonia con la natura.

Ma non sono sogni. E’ scientificamente ovvio che rimettere in piedi alcune attività adottando specie animali e vegetali già acclimatate in un habitat ne garantisce il successo, da ogni punto di vista compreso quello ambientale.

CiciariaPecoraIstriana1

Noi oggi compriamo gli agnelli della Nuova Zelanda per santificare la Pasqua. Ma quanto ci costano a livello ambientale questi animali? Basti pensare al costo energetico che c’è per mantenere intatta la catena del freddo in un viaggio lungo mezzo pianeta. E’ una pura follia. Noi potremmo avere i nostri agnelli, di razza istriana, freschi, locali, a chilometro zero. E cresciuti al pascolo.

Dove finisce la tutela e dove comincia il rischio di arroccamento di un territorio?

Per come la vedo io, tutto questo non significa chiudersi nel proprio territorio. Significa solo valorizzarlo aprendolo a tutti. Penso a un progetto concreto in cui economia ed ecologia procedano di pari passo e si alimentino reciprocamente.

Oggi non è più possibile pensare di far crescere l’economia senza tutelare l’ambiente, è una visione che non ha futuro. Io sono convinto che il recupero delle terre marginali sia una grande opportunità per l’economia e per le persone.

Oggi chi vive in città vive lontano da tutto. Il contadino, il pastore vivono dentro la natura e questo cambia la loro vita. Il contadino vede e tocca il frutto del suo lavoro. Fatica, d’accordo ma non c’è alienazione. Questa è una grande opportunità per il futuro dei giovani.

Ciciaria7VersoIlMonteMaggiore

Come va avanti questo progetto? Come si fa a dargli gambe perché cammini?

Sono stati coinvolti nel confronto il Comune di Dolina/San Dorligo della Valle, di Muggia, di Lanišće. E cerchiamo altri partner interessati, naturalmente. Lo scopo è definire un progetto che potrebbe essere presentato per accedere a fondi europei. Ovviamente se non c’è un investimento iniziale non si parte. Ma abbiamo già un piccolo gruppo di giovani cha hanno appena finito di studiare o stanno studiando veterinaria, biologia, agraria. Un nucleo con cui potremmo avviare la strada. Saremmo pronti, insomma.

Un percorso che vale indubbiamente la pena di sostenere e che potrebbe misurare la lungimiranza di amministratori locali, da una parte e dall’altra del confine. 

 

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