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In viaggio, risalendo il Volga

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Da Astrakhan a Nizhny Novgorod…e poi Mosca!  di Giuliano Prandini

La motonave Konstantin Korotkov è all’ancora sul Volga ad Astrakhan; toccherà Volgograd, Saratov, Samara, Kazan, Cheboksary, Nizhny Novgorod e da qui in bus fino a Vladimir e Mosca. I passeggeri sono in maggioranza russi, nel gruppo italiano un focoso comunista “livornese di scoglio” esibisce la maglietta con l’immagine di Dzeržinskij, il primo direttore della Čeka, la polizia segreta sovietica. Ha sempre un libro con sè: Dzeržinskij “il giacobino proletario di Lenin” una vita per il comunismo di A.V. Tiskov. Sarà l’anima inquieta del viaggio alla ricerca del passato sovietico.

La motonave Konstantin Korotkov (Foto G. Prandini)
La motonave Konstantin Korotkov (Foto G. Prandini)

In un’ area semidesertica, su diverse isole con canali e ponti, non lontano dalla foce delVolga nel mar Caspio, Astrakhan è una città multiculturale abitata da russi, calmucchi, tatari, cosacchi.

Conquistata da Ivan il Terribile nel 1556, all’inizio del settecento, durante il regno di Pietro il Grande, fu la base delle spedizioni contro la Persia.

Nel bellissimo, ampio Cremlino (in russo corrisponde all’italiano fortezza) le torri di difesa e le mura proteggono chiese e palazzi. Vi trovò brevemente rifugio in fuga da Mosca con il figlio nel 1613, durante il Periodo dei Torbidi, un’ epoca di violenze, crisi dinastiche e invasioni straniere, la moglie del Falso Dmitry I, la zarina Marina Mnishek, raccontata  nel dramma Boris Godunov di Alexander Pushlin e nell’opera dallo stesso titolo di Modest Mussorgsky.

Il tempio di-San Vladimir ad Astrakhan (Foto G. Prandini)
Il tempio di-San Vladimir ad Astrakhan (Foto G. Prandini)

Alla costruzione del tempio di San Vladimir dell’inizio del ventesimo secolo, parteciparono anche tatari. Quando, dopo la rivoluzione, le autorità vollero abbatterlo, si racconta che gli operai musulmani lo circondarono, la distruzione fu fermata dal muro umano.

Inizia la tranquilla navigazione di una settimana  fino a Nizhny Novgorod. I boschi scorrono lenti, hanno le diverse tonalità autunnali di verde e giallo e al tramonto il fiume si tinge di rosa.

Fondata nel sedicesimo secolo, Volvograd fu occupata dai cosacchi ribelli di Sten’ka Razin nel secolo successivo e di Emel’jan Pugačëv contro la zarina Caterina II nel 1774. Dopo la guerra civile, quando la Brigata d’Acciaio inviata da Stalin la liberò dalle forze contorivoluzionarie di Anton Denikin, la città fu rinominata in onore del dittatore.

Volgograd (Stalingrado dal 1925 al 1991) è un memoriale alla grande battaglia che segnò l’inizio del crollo della Germania nazista. Il Mamaev Kurgan, la collina conquistata e ripresa più volte, con l’immensa Statua della Madre Russia; tra le tombe degli eroi dell’Unione Sovietica quella del cecchino Vasilij  Zajcev reso popolare in occidente dal film di Jean-Jacques Annaud Il Nemico alle Porte; la statua di Alexander Nevsky, protettore della città, che settecento anni prima aveva fermato i Cavalieri dell’Ordine Teutonico nella Battaglia del lago ghiacciato, immortalata dal Sergej Ejzenštejn nel film  Alexander Nevsky.

La città fu completamente distrutta, è rimasto solo lo spettrale Mulino a Vapore vicino al Museo Panoramico con ricostruzioni della battaglia, numerosi cimeli e la Casa di Pavlov in mattoni; fu difesa per 58 giorni da venticinque soldati (per tre giorni da solo tre) comandati dal sergente Jakov Pavlov contro soverchianti forze nemiche. Ne parla Vasilij Grossman in Vita e Destino.

Il Mulino a Vapore a Volvograd (Foto G. Prandini)
Il Mulino a Vapore a Volvograd (Foto G. Prandini)

La Korotkov riprende la navigazione, fatte poche centinaia di metri si ferma, dagli altoparlanti canzoni patriottiche e discorsi celebrativi. Di fronte alla Statua della Madre Russia, il capitano della m/n Alexander Silantiev getta per primo in acqua due garofani, è il rituale omaggio agli eroi della Guerra Patriottica. Alcune donne anziane piangono.

Nel 2004 un attacco terrorista suicida fece esplodere un Tupolev in volo da Mosca a Volvograd,  non si salvò nessuno. Alla fine di dicembre 2013, poche settimane prima dell’inizio delle Olimpiadi invernali di Soci, due attentati suicidi uccisero decine di passeggeri di treni e di autobus a Volgograd. Nel marzo 2014 le Pussy Riot Nadezhda Tolokonnikova e Maria Alyokhina, in città per una visita d’ispezione a una colonia penale,  furono attaccate e ferite in un McDonald’s. Sulla nave non se ne parla. (continua)

 

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