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La crisi degli affitti brevi
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La crisi degli affitti brevi

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Negli ultimi anni, molte città in tutto il mondo, compresa la nostra Trieste, hanno visto un aumento significativo degli affitti e una riduzione della disponibilità di alloggi a lungo termine. La colpa viene data principalmente alla diffusione di piattaforme come Airbnb. Il Piccolo sostiene che negli ultimi due anni gli affitti a Trieste siano saliti del 16% e che gli affitti brevi siano ormai quasi il 40% di quelli disponibili.

Il fenomeno ha creato numerosi disagi nelle città di tutto il mondo: questa tendenza ha ridotto la disponibilità di alloggi a lungo termine, spingendo i canoni di locazione a livelli insostenibili per molti residenti. I quartieri popolari tra i turisti vedono un aumento dei prezzi immobiliari, che spinge fuori i residenti a basso reddito e altera la composizione sociale delle comunità. La presenza costante di turisti può generare una riduzione della qualità della vita per i residenti permanenti. Molti proprietari scelgono di affittare le loro proprietà a turisti piuttosto che a residenti, diminuendo ulteriormente l’offerta di alloggi a lungo termine.

In risposta alla crescente crisi abitativa però diverse città hanno iniziato ad adottare delle misure per fermare questi fenomeni e disincentivare la corsa agli affitti brevi. Per esempio Barcellona, una delle città più colpite da questa tendenza: è di qualche giorno fa la notizia che la città ha iniziato a revocare le licenze per gli affitti brevi. La mossa ha ricevuto ampio sostegno da parte dei residenti, ma ha anche suscitato critiche da parte dei proprietari di immobili e delle piattaforme in questione.

Ma Barcellona non è sola: New York, ha limitato nel 2023 il numero di giorni in cui una proprietà può essere affittata a breve termine, cercando di mantenere un equilibrio tra affitti turistici e residenziali. Alcune giurisdizioni hanno introdotto tasse specifiche sugli affitti brevi per generare entrate destinate a finanziare iniziative abitative, alcune città hanno designato zone dove sono limitati o vietati, per proteggere le aree residenziali dalla pressione turistica. Le città stanno collaborando con piattaforme come Airbnb per monitorare e far rispettare le regolamentazioni sia locali che nazionali. Parigi ha imposto un limite di 120 giorni all’anno per i contratti di locazione e ha implementato un sistema di registrazione obbligatoria per i proprietari. San Francisco richiede ai proprietari di registrarsi con la città e limita questo tipo di contratti a un massimo di 90 giorni all’anno se il proprietario non è presente.

La decisione di Barcellona di revocare le licenze per gli affitti brevi rappresenta un passo significativo nella lotta contro la crisi abitativa, specie in Europa, e potrebbe servire da modello per altre città che affrontano problemi simili. La sfida è trovare un equilibrio tra il turismo, che è una fonte importante di entrate, e la necessità di garantire alloggi accessibili e una qualità della vita accettabile per i residenti permanenti.

Giorgia Chiaro

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