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L’ambiente di Trump

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Non è certo una sorpresa. Tranne – forse – per certi (ingenui? tonti?) “progressisti” che per anni lo hanno difeso e apprezzato, contrapponendolo ai “guerrafondai” Obama e Biden…

In sintesi: a Donald Trump dell’ambiente non importa nulla.

Peraltro, chi voleva saperlo lo sapeva bene, avendolo già sperimentato nel suo primo mandato alla Casa Bianca (2016 – 2020), quando uno dei primi atti fu l’uscita degli USA dall’Accordo di Parigi per la lotta ai cambiamenti climatici. A cui fece seguito molto altro.

Uscita subito revocata da Biden e puntualmente riproposta non appena, lo scorso gennaio, Trump si è nuovamente insediato alla presidenza.

Era anche arcinoto che le campagne elettorali di “The Donald”, come quelle di molti candidati repubblicani al Congresso ed al Senato, fossero state riccamente finanziate, nel 2016, nel 2020 e nel 2024, dalle multinazionali petrolifere (“Big Oil”), da quelle del gas e del carbone.

Date queste premesse, quel che è accaduto e continua ad accadere in queste prime settimane, appare pertanto una logica conseguenza. Tuttavia, la velocità e l’ampiezza dell’azione trumpiana in campo ambientale sono tali da meritare un’illustrazione, ancorché sintetica e incompleta. Tutto ciò conservando la speranza che gli effetti del terremoto in atto negli USA da un lato non provochino effetti imitativi da parte di altri Governi nel mondo, dall’altro suscitino un’adeguata reazione da parte di chi, negli USA e altrove, ha a cuore il futuro del Pianeta.

 

I cambiamenti climatici e l’energia

 

Del sabotaggio dell’Accordo di Parigi si è detto, ma la nuova amministrazione USA è andata oltre. Convinto che il cambiamento climatico sia “una bufala” e che la politica energetica debba essere rilanciata all’insegna del “drill, baby, drill!” (trivellare ovunque, in barba ad ogni vincolo ambientale, nuovi pozzi per estrarre petrolio e gas), Trump ha emanato una direttiva che impone di rimuovere ogni riferimento ai cambiamenti climatici dai siti governativi. Ciò equivale a dichiarare guerra alla scienza, posto che da quasi quarant’anni l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) – organo creato in sede ONU per lo studio dei cambiamenti climatici – produce, grazie al contributo di centinaia di scienziati di tutto il mondo, rapporti che da un lato evidenziano il rapido degrado della situazione del clima su tutto il Pianeta, dall’altro sottolineano il ruolo determinante delle emissioni antropiche di gas serra nel determinare detto degrado. Di fronte però ad un allarme che mette in discussione il modello energetico dominante fondato sui combustibili fossili, potevano non allarmarsi Big Oil e le altre aziende menzionate sopra? Certo che sì, e allora ecco Trump attivarsi: di fronte ad un termometro che segnala un preoccupante aumento della febbre, si può sempre rompere il termometro…

Non mancano risvolti grotteschi. Oltre ai rapporti dell’IPCC, tra le bestie nere di Big Oil & co ci sono ovviamente anche le fonti rinnovabili: una delle più importanti, competitiva anche economicamente con le fossili, è quella eolica, specie se off shore, cioè con gli impianti collocati in mare al largo delle coste su piattaforme galleggianti. Trump sostiene però, da anni, che questi impianti “uccidono le balene”. Trattasi di bufala, ovviamente, ma lui ora è il Presidente! Detto, fatto: tra i tanti provvedimenti dei primi giorni di presidenza, ecco la revoca di tutte le concessioni per progetti eolici, sia sulla terra, sia in mare.

 

 https://www.greenme.it/ambiente/energia/perche-donald-trump-ce-lha-con-leolico-revocate-tutte-le-concessioni-ai-parchi-offshore/

 

L’EPA e non solo

 

La furia trumpiana si è abbattuta, subito, anche sull’EPA (Environmental Protection Agency), istituita nel 1970 da Nixon. Nominato al vertice dell’agenzia, ancor prima dell’insediamento, l’ex deputato repubblicano Lee Zeldin – noto lobbista legato al Qatar – l’EPA è stata successivamente riempita di lobbisti e altre persone in stretti rapporti con le aziende dei combustibili fossili. Contemporaneamente, grazie al DOGE (Department of Government Efficiency) diretto da Elon Musk, partiva un taglio drastico del personale dell’EPA, similarmente ad altre strutture federali, con lo scopo dichiarato di risparmiare risorse, ma soprattutto di rimuovere persone potenzialmente “scomode” per l’attuazione delle politiche della nuova amministrazione. Analogo il comportamento nei confronti del NOAA (National Oceanic Atmospheric Administration), che tra le altre cose si occupa di ricerche sul clima.

Non mancano ovviamente interventi nei confronti dell’USAID e del Dipartimento dell’agricoltura: nessuna struttura che possa rappresentare un ostacolo o un fastidio per le politiche MAGA, incentrate sulla deregulation più spinta e sullo sviluppo forsennato nel settore dei combustibili fossili, sarà risparmiata.

 

 

https://www.renewablematter.eu/Trump-e-la-crociata-anti-ambientalista

 

 

Insieme a quanto si è già visto in altri campi (uscita dall’OMS, sanzioni al personale della CPI, neoimperialismo nei rapporti internazionali, ecc. ecc.), le politiche antiambientaliste sono un tratto distintivo dell’amministrazione Trump. Il che ha già suscitato entusiastici apprezzamenti, e anche qualche imitazione, da parte delle destre estreme di mezzo mondo, quelle europee in testa.

Tra queste quelle italiane, per le quali – com’è noto – ogni critica ed ogni proposta che contrasti con il paradigma delle crescita economica illimitata incentrata sui fossili (e sul nucleare) è inevitabilmente “ideologica”…

Dario Predonzan

 

 

 

 

 

 

 

 

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