Una delle industrie che inquina di più al mondo è quella della moda: il fenomeno è conosciuto come fast fashion, la moda di massa, che si spaccia alla portata di tutti, in verità grava sulle spalle dei lavoratori sotto pagati in molte zone del mondo e dell’ambiente.
Ha fatto notizia in questi giorni le azioni intraprese dal parlamento francese che, per primo in Europa, ha fatto una proposta di legge per contrastare il fast fashion, con l’obiettivo di inserire delle tasse aggiuntive su questi tipi di prodotti e/o aziende.
Il Fast Fashion è un modello di produzione e consumo nell’industria dell’abbigliamento che si basa sulla produzione di capi di moda a basso costo e ad alta velocità; si contraddistingue per la produzione su larga scala, la rapida rotazione delle collezioni e il continuo rinnovo degli stili, spesso ispirati alle ultime tendenze della moda.
Le catene di fast fashion, sia fisiche che online, producono capi economici con materiali di bassa qualità e produzioni di massa e standardizzate, che permettono al consumatore di pagare poco per avere vestiti alla moda e a queste aziende di realizzare collezioni sempre più frequentemente.
Dal punto di vista sociale, il Fast Fashion è il più delle volte associato a condizioni di lavoro precarie e sfruttamento della manodopera nei paesi in via di sviluppo, dove la produzione è spesso delocalizzata per ridurre i costi. I lavoratori del settore tessile sono sottopagati, costretti a lavorare in condizioni pericolose e privati dei propri diritti fondamentali.
Le conseguenze ecologiche di questo sistema di produzione sono evidenti da molti anni, specie per il loro impatto ambientale:
– il consumo di risorse intensivo, visto che il Fast Fashion si basa sull’uso intensivo delle risorse naturali, tra cui acqua, terra e combustibili fossili. La produzione di tessuti come il cotone richiede grandi quantità di acqua e pesticidi, contribuendo al degrado del suolo e all’esaurimento delle risorse idriche.
– Inquinamento delle acque: Durante il processo di produzione tessile, vengono utilizzate numerose sostanze chimiche nocive, rilasciate nei corsi d’acqua circostanti, contaminando le risorse idriche e danneggiando gli ecosistemi acquatici.
– Emissioni di gas serra molto alte sia in fase di produzione che di distribuzione dei prodotti
– Rifiuti tessili: Il ciclo di produzione veloce e il rapido turnover delle collezioni del Fast Fashion generano enormi quantità di rifiuti tessili, che spesso finiscono in discariche o vengono bruciati, contribuendo ulteriormente all’inquinamento ambientale.
– Consumo eccessivo, figlio e allo stesso tempo promotore del consumismo della nostra società che fa diventare quasi la moda usa e getta, alimentando costantemente il bisogno di essere alla moda, con vestiti che costano poco e quindi possono essere cambiati solo dopo pochi mesi.
Di fronte a queste preoccupazioni, la Francia ha proposto una legge volta a contrastare il Fast Fashion e a introdurre misure per rendere l’industria della moda più sostenibile ed etica.
La proposta di legge è molto semplice, e nella sua semplicità speriamo possa essere d’esempio per molti altri paesi in Europa e nel mondo. Questa infatti prevede di sopratassare i capi di abbigliamento prodotti attraverso pratiche non sostenibili, al fine di scoraggiare il consumo eccessivo e incentivare la produzione responsabile. In aggiunta, vuole promuovere la trasparenza e la tracciabilità durante la catena di produzione in modo da evitare che queste aziende riescano ad aggirare le leggi e da rendere i consumatori più consapevoli sui capi che acquistano, conoscendo la loro provenienza e le considerazioni in cui sono stati prodotti. In questo modo si vorrebbe controbilanciare e promuovere le produzioni più etiche.
Questa proposta di legge sembra dare un messaggio chiaro ed è da considerare un importante passo avanti nel contrastare gli impatti negativi del Fast Fashion sull’ambiente e nella promozione di pratiche più sostenibili nell’industria dell’abbigliamento. Se adottata, potrebbe servire da modello per altre nazioni nel perseguire obiettivi simili di sostenibilità ambientale nel settore della moda.
Giorgia Chiaro