Anche se si tratta di un fenomeno sotto gli occhi di tutti (beh, direi meglio sopra le nostre teste) pochi ne hanno coscienza, ma il mondo dei satelliti artificiali è una vera giungla tecnologica trapiantata nei nostri cieli.
Un’inesaustiva idea della situazione è possibile verificarla all’URL https://satellitemap.space/: mancano ovviamente tutti i satelliti militari e molti altri destinati ad altri usi, ma il quadro che vi si dipinge è realmente preoccupante.
Ogni tanto qualcuno di questi oggetti, esaurite le loro funzioni e capacità, viene fatto precipitare in modo controllato bruciandosi al rientro nella nostra atmosfera, altri, guasti e fuori controllo, precipitano a casaccio… per fortuna la maggior parte della superficie terrestre è costituita da mari e da zone desertiche.
L’Unione Astronomica Internazionale esprime preoccupazione per la situazione, anche considerando che il noto magnate americano proprietario di StarLink ha intenzione di installarne altre migliaia.
Oltre ad aumentare il rischio di collisioni nello spazio e quindi la pericolosissima (per coloro che vi lavorano) “immondizia spaziale”, che a sua volta danneggia altri satelliti, si autoalimenta, la presenza di tutti questi oggetti disturba lo studio del cosmo da parte di professionisti e non, interferisce con la ricerca astronomica e con le fotografie destinate allo studio dei cieli lasciando su quest’ultime evidenti strisciate luminose, così come è possibile verificare nella locandina del simposio internazionale promosso dalla stessa IAU per i primi giorni di ottobre.
La domanda è molto semplice: chi ha diritto di occupare gli spazi di tutti per fini quasi esclusivamente commerciali e togliere a tutti la possibilità dei propri cieli bui?
Per maggiori informazioni consultare la pagina https://research.iac.es/congreso/iaus385/.
