Bimbi sulla via maestra tratto da Franz Kafka. Tutti i racconti.
Non è raro sentir dire della preferenza dei romanzi rispetto ai racconti, in forza di una maggiore capacità dei primi di costruire mondi, coinvolgere emotivamente grazie alla durata dell’esperienza, riempire le giornate creando fidelizzazione ecc. In questo modo, però, non si tiene in debito conto dell’esistenza di racconti che proprio nel nocciolo della loro brevità trattengono un’intensità pari, se non superiore, a quella di un romanzo che si snodi per pagine e pagine. Mondi e abissi di pensiero condensati in uno spazio minuscolo che sa riempire, ben oltre il tempo della lettura, giornate intere.
Bimbi sulla via maestra è uno di questi miracoli, una prova di maestria che giunge a profondità vertiginose senza, per altro, raccontare niente di articolato. Una sera d’estate, gli adulti che tornano dal lavoro, il momento della cena da espletare come un dovere da parte di un ragazzino («alla luce delle candele ricevetti la mia cena»: non «mangiai», «consumai il mio pasto» o altro. No, «ricevetti», a sottolineare la passività di un momento che è solo tempo da trascorrere nell’attesa di altro. Quanta maestria nella sola scelta di un verbo!). Il tutto per arrivare all’attimo in cui si potrà uscire, assieme agli amici, a giocare nel buio. A questo punto le parole del piccolo gruppo di ragazzini si ammucchiano tra loro in modo indistinto: esclamazioni, domande, osservazioni, curiosità, tutto accorpato entro le medesime virgolette, senza capoversi, senza che possa emergere la linea di un dialogo. Perché non è necessario, perché non è importante cosa viene detto, ma solo il modo. Al fine, unico, di esprimere la caotica vitalità dei bambini, il loro cicaleccio quasi animalesco. Alla stessa maniera vengono resi i giochi e i movimenti dei piccoli. L’attraversamento di un ponte, il darsi la mano, l’urlare come indiani, le corse in una direzione o in un’altra. Tutto è racchiuso in un «wir», un noi che ingloba in modo indistinto tutte le azioni, come se non ci fossero volontà singole a muovere i bambini, come se quelle azioni non volessero rappresentare una narrazione specifica ma solamente esprimere un pensiero, un’idea. Per questo, anche qui, non è dato evincere la dinamica dei movimenti, la struttura dei giochi, in un turbinare espressionistico che, allo stesso modo dei colori in un quadro di Van Gogh o di Munch, non vuole rappresentare una realtà concreta o riconoscibile, ma solamente un affastellarsi di sensazioni, di emozioni.
Scopo e senso di tutto è unicamente quello di sfuggire alla stanchezza, procrastinare il momento dell’arrivo a casa che suggellerà la fine della giornata, forse la fine di tutto. Ecco perché, quando i bambini si salutano, uno di loro si stacca dal gruppo (una rappresentanza, in realtà, più che un personaggio con una volontà singola e determinata) e invece di tornare alla quiete di un’ennesima notte di sonno, corre sulla strada che porta al bosco. Su quella strada, verso sud, si trova una città. Ed è sulla soglia di quella direzione che Kafka attacca il dialogo che conclude il racconto. Un dialogo “canonico”, questa volta, non più indistinto come i precedenti, ma formato da una battuta che ne segue un’altra. Perché qui è importante che le parti si distinguano, impregnate come sono di significato, del senso profondo di questa storia, grazie ai fili che, proprio nelle battute di questo dialogo brevissimo, Kafka ha la sapienza estrema di andare a tirare riconducendo tutto alla propria giustificazione. Ecco, allora, che la routine presentata all’inizio, col ritorno dei grandi dal lavoro, diventa la quotidianità che consuma giorni sempre uguali, che il resistere al sonno e alla stanchezza diventa l’unico modo per combattere l’oblio della monotonia, che la ricerca di una via di fuga a tutto questo la si può trovare nella… Non si può dire dove, evidentemente. Ognuno lo scopra da sé, leggendo questa meraviglia, facendosi risucchiare dalla visionaria idea di mondo di un autore immenso. Che, in un’esigua manciata di pagine, riesce nel miracolo di illuminare una prospettiva di pensiero e di riflessione grande quanto, e più, di un romanzo.
Ivan Zampar
Le altre recensioni della rubrica Raccontando… le troverete a questo link.
In copertina, foto di Fabio Gon, Childhood never ends.
Il libro: Franz Kafka: Bimbi sulla via maestra tratto da Franz Kafka. Tutti i racconti – Mondadori, Oscar moderni, 2017, a cura di Ervino Pocar, traduzione Ervino Pocar, 523 pag.