TREBISONDA
Un fuoco che brilla da 1500 anni
L’Iran e le minoranze religiose
di Cristina Rovere

L’Iran è una teocrazia, è il paese dei musulmani sciiti, di alcune delle più belle moschee al mondo, ma ancora oggi al suo interno vivono numerose minoranze religiose che hanno diritto ad alcuni seggi in parlamento e godono di alcune deroghe, come quella di importare alcol per gli armeni. Se uno volesse fare un viaggio alla scoperta di luoghi sacri, potrebbe girare per settimane il paese senza mai mettere piede in una moschea, tanti sono i siti zoroastriani, cristiani e altri, da visitare.
La religione zoroastriana ha lasciato tanto nella cultura del paese. Il capodanno persiano per esempio, il nawruz che cade il 21 marzo, deriva da una festività zoroastriana e anche il calendario che è solare (a differenza di quello lunare usato negli altri paesi a maggioranza musulmana) è sempre connesso all’adorazione del sole e del fuoco presso gli zoroastriani. Ancora oggi a Yazd arde la fiamma sacra per gli zoroastriani: un fuoco che brucia ininterrottamente da mille e cinquecento anni. È conservato in un edificio anonimo, dietro a un vetro. Una persona è addetta ad alimentarlo. È meta di visite per gli zoroastriani che arrivano da altri paesi e da un numeroso turismo interno. Non ho invece incontrato turisti stranieri andando a visitare Takht e Soleiman – a nord-ovest del paese – ma tante e numerose famiglie di iraniani. Takht e Soleiman – il trono di Salomone- è per me il luogo dell’incanto: situato su una collinetta, conserva le vestigia di templi ed edifici zoroastriani che si specchiano in un lago che riempie la bocca di un cratere vulcanico. Acqua, fuoco, terra e aria sono i quattro elementi fondanti in questa religione, e infatti i loro siti sono sempre in luoghi di una bellezza naturale non comune. Sempre un po’ fuori Yazd si possono visitare due “torri del silenzio”, le antiche sepolture zoroastriane. Bisogna arrampicarsi un po’ per raggiungere la sommità della cinta muraria che racchiude al suo interno un terreno che degrada verso il centro. Un tempo non così lontano, i corpi dei defunti venivano lasciati qui perché agenti atmosferici e animali dessero corso al ciclo della natura.

“Esfahan nasf e jahan” recita un proverbio persiano che tradotto significa “Esfahan è la metà del mondo”. Leggenda vuole che la città sia stata fondata da alcuni ebrei. Ancora oggi c’è una vivace zona ebraica con sei sinagoghe e una comunità di circa trecento persone. Il quartiere si trova non lontano da quello armeno, dove merita senz’altro visitare la chiesa di Vank. Austera e imponente all’esterno, dentro si rivela un carnevale cromatico: non c’è millimetro delle superfici che non sia dipinto con scene religiose dai colori brillantissimi. Anche qui ho incontrato solo turisti iraniani e ho verificato che alcune pratiche non conoscono confini: che ci si trovi in una moschea, in una chiesa, o davanti a una stella di David, beh, il selfie si impone sempre e comunque.
Immagini:
Foto1: Takht e Soleiman
Foto2: Torre del silenzio
Foto4: Chiesa di Vank (interno)
Fotocredit C.Rovere