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Cinema

Ave, Cesare!

AL CINEMA CON Gianni Ursini

La  furia dissacratoria dei fratelli Cohen contro la Hollywood degli anni Cinquanta

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Adesso che le grandi major hollywoodiane spendono milioni di dollari per film di fantascienza, bisognerebbe ricordare alle giovani generazioni che negli anni Cinquanta la science fiction era considerata un genere di serie B, sia dal punto narrativo che cinematografico, e che le pellicole con mostri e astronavi erano quasi tutte in bianco e nero. Erano di gran moda, invece, i kolossal biblici, seguiti a ruota dai drammoni sentimentali creati sulla scia di Via col Vento (1939).

Nella loro furia dissacratoria i fratelli Cohen, non nuovi a codesto genere di operazioni, nel loro ultimo film intitolato Ave, Cesare!, decidono di descrivere la tipica giornata di uno di quei personaggi che non appaiono nelle locandine cinematografiche, e non hanno spazio nei più piccoli titoli di coda dei film, ma che sono indispensabili al buon andamento della produzione. Si tratta di Eddie Mannix, un cosiddetto fixer cioè colui che deve tenere lontane le star dagli scandali in cui si vanno a ficcare. Deve quindi far sparire foto osé e cercare di camuffare gravidanze fuori dal matrimonio. Quando poi accade che scompaia il protagonista di un film su Gesù, nei panni di un centurione romano, la situazione si complica. Anche perché costui è stato rapito da un gruppo di ferventi comunisti.

Mi sono molto divertito a veder mettere in ridicolo pellicole e star di Hollywood che allora riempivano le sale cinematografiche e che io guardavo con curiosità e stupore. Mi ricordo che la gente faceva ore di attesa al cinema Grattacielo per poter assistere alle prime proiezioni del film I Dieci Comandamenti (1956) come pure per Ben-Hur (1959). Cose inconcepibili, al giorno d’oggi.

Il furore dissacratorio dei registi non risparmia nemmeno le commedie acquatiche dove furoreggiava la “sirenetta“ Esther Williams, piene di coreografie natatorie riprese dall’alto, che io evitavo accuratamente perché mi annoiavano a morte.

I divi di Hollywood di allora vengono dipinti come personaggi meschini e capricciosi sempre pronti a mettersi in mostra e a rischiare uno scandalo che il povero Eddie Mannix deve cercare di evitare ad ogni costo, soprattutto di fronte al pericolo che finisca sulle pagine dei giornali ad opera di due vecchie croniste pettegole che rappresentano in maniera abbastanza esplicita le figure delle famigerate Hedda Hopper, Elsa Maxwell e Louella Parsons, terrore dei registi, produttori e attori di Hollywood del tempo che fu.

Un capitolo a parte merita la parodia del film western, rappresentato da un giovane attore bravissimo nell’andare a cavallo, lanciare il lazo ed agitare le pistole, ma che parla con un terribile accento texano. Immaginatevi cosa succede quando per ordine dell’onnipotente produttore, egli viene costretto a recitare in una commedia sofisticata per sostituire un attore indisposto, facendo diventare matto il povero regista che cerca invano di correggere quella terribile parlata da bovaro.

Vale qui la pena di chiarire che fin dall’avvento del sonoro, negli USA era prassi consolidata registrare le voci degli attori in presa diretta, a differenza dell’Italia dove il doppiaggio era considerato ordinaria amministrazione anche per i film nostrani.

Alla fine Eddie Mannix riesce a sbrogliare l’intricata matassa liberando il centurione romano dalle grinfie dei bolscevichi, un bravissimo George Clooney che fa smaccatamente il verso a Robert Taylor come appariva nel film Quo Vadis? (1951).

Ho apprezzato moltissimo Ave, Cesare! per la su satira, ma ho anche provato un po’ di nostalgia per i vecchi tempi in cui eravamo forse troppo ingenui, ma la vita sembrava maggiormente degna di essere vissuta, forse anche perché allora anch’io avevo parecchi anni di meno sul groppone.

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