Il 21 gennaio 2012 quarantasette abitanti del villaggio di RengopalLi, nello stato di rissa (India orientale), che manifestavano pacificamente per l’inquinamento delle loro terre causato dalla Vedanta Aluminium, sono stati arrestati. La Vedanta, una sussidiaria della britannica Vedanta Resourcés, si era già resa responsabile dei danni causati dalla fuoriuscita di sostanze tossiche da uno stagno di fanghi rossi e si preparava a prendere i controllo della strada che portava al villaggio e a un secondo stagno di sessanta ettari. Gli abitanti di Rengopalli, uno dei dodici villaggi vicini alla raffineria, protestavano perché venivano privati di questa strada e per gli ulteriori danni che il secondo stagno avrebbe causato all’aria, all’acqua e alle attività agricole.
Pochi giorni prima l’Alta Corte dello stato di Orissa aveva rigettato la richiesta della Vedanta di sestuplicare l’estensione della raffineria. Amnesty International ha chiesto alle autorità indiane che gli arrestati vengano rilasciati, le accuse contro di loro ritirate e il sito bonificato.
“Questa decisione dà forza alle pacifiche proteste delle comunità locali di Lanjigarh per impedire l’estensione che contaminerebbe ancora di più le loro terre e le sorgenti d’acqua”, ha dichiarato Ramesh Gopalakrishnan, ricercatore per l’india di Amnesty Intemational. E ha aggiunto: “Le autorità indiane non hanno provveduto a bonificare la raffineria e controllare le condizioni di salute delle comunità locali. Devono intervenire immediatamente.”
La bocciatura del progetto di espansione fa seguito a una campagna durata diversi anni. All’inizio del 2010 Amnesty aveva pubblicato il rapporto Non minate la nostra esistenza, assieme ad altre organizzazioni non governative aveva manifestato a Londra durante l’assemblea generale annuale della compagnia, 30.000 soci avevano scritto alle autorità indiane.
Le denunce di Amnesty e altre organizzazioni sulle violazioni dei diritti umani hanno indotto diversi enti (il Norwegian Pension Fund, lo Joseph Rowntree Charitable Trust e la Chiesa d’Inghilterra) a ritirare i loro investimenti dalla Vedanta.
Negli stessi giorni, a Londra, Amnesty presentava a Meredith Alexander, della Commissione per una “Londra 2012 Sostenibile” (CSL), il comitato etico preposto al controllo del Comitato Organizzatore dei Giochi Olimpici 2012 (LOCOG), le prove delle conseguenze per la popolazione dell disastro di Bhopal. La commissaria dava le dimissioni dal suo incarico in seguito alla firma di un importante contratto con la Dow Chemical Company a causa del suo coinvolgimento in quella tragedia.
La Dow ha acquisito il controllo della Union Carbide Corporation (UCC), la compagnia principalmente responsabile del disastro ambientale avvenuto in India nel dicembre 1984. Migliaia di chili di sostanze chimiche letali fuoriuscirono dallo stabilimento di pesticidi causando la morte di tra 7.000 e 10.000 persone nell’immediato e di altri 15.000 nei due decenni successivi. Dopo tanti anni il sito non è stato ancora completamente bonificato; le falde, l’aria, i terreni sono tuttora inquinati e migliaia di abitanti del luogo sono affetti da gravi disturbi e non hanno ottenuto un adeguato risarcimento.
Meredith Alexander ha dichiarato: “Non voglio rendermi complice della difesa della Dow Chamicals, responsabile di una delle peggiori violazioni dei diritti umani dai nostri tempi. È semplicemente orribile che dopo 27 anni il sito non sia stato ancora bonificato e migliaia di persone continuino a soffrire… La gente dovrebbe essere libera di godersi i giochi senza il disagio per questa imbarazzante presenza”.
La Dow Chemical Company, con la giustificazione che la Union Carbide è passata sotto il suo controllo solo nel 2001, rifiuta qualsiasi responsabilità per la fuoriuscita delle sostanze tossiche e le conseguenze del disastro.
Alexander non ci sta. “Quando una compagnia ne acquisisce un’altra, prende il buono, le attività produttive, il know-how. Ma anche il cattivo. E con la Union Cartide questo vuol dire un’orribile eredità di violazioni dei diritti umani. La Daw ha scelto di rilevare quella compagnia ed è ora lei che deve affrontare le conseguenze di quel disastro”.
Che siano le Olimpiadi “più eticamente sostenibili” Londra 2012 deve ancora dimostrarlo.
Giuliano Prandini
tratto da Konrad n.174 di marzo 2012
