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Agricoltura Società e Diritti

La narrazione tossica di Expo

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 Tutti d’accordo sulle potenzialità dell’Esposizione universale? 

di Alessandro Redivo

ExpoGaeaulenti

 

C’ero anch’io fra quelle migliaia di persone, il 1 maggio 2014, in Piazza Gae Aulenti a Milano. Iniziava il conto alla rovescia: 365 giorni all’inizio di EXPO 2015. Come scenografia un mega schermo proiettava immagini suggestive del nostro pianeta: montagne maestose, fiumi impetuosi, campi coltivati per migliaia di chilometri.

Su tutto, echeggiava lo slogan Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita. Quella sera mi colpì il forte contrasto di immagini e colori fra l’EXPO evento planetario-globalizzato dagli obiettivi grandi come l’intero universo, e ciò che vedevo ogni giorno: colate di cemento, nuove strade, nuovi ponti, mega parcheggi, ruspe in movimento, luci artificiali dei cantieri notturni. I colori predominanti erano il grigio del cemento armato, il nero del catrame, il marrone dei moduli prefabbricati, centinaia di camion in fila davanti ai cantieri.

ExpoPadiglioni

Dal 1 maggio al 31 ottobre 2015 Milano si propone di essere unico centro di raccolta e condivisione del sapere globale in ambito alimentare e nutrizionale. L’obiettivo coinvolge tutto il pianeta: riuscire a garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli, nel rispetto del pianeta e dei suoi equilibri. Ovvero trovare la soluzione per sfamare il quasi miliardo di persone che oggi non ha accesso a un’alimentazione regolare.

L’Esposizione, contrariamente a quanto accaduto in passato, non si pone come finalità la mera produzione di un bene materiale (monumento, infrastruttura, piano urbanistico innovativo, riqualificazione di aree depresse) ma mira a un lascito teorico: la Carta di Milano. Il documento avrà il compito di rispondere ad alcune domande cruciali della nostra esistenza: quale futuro avrà l’alimentazione? Riuscirà l’uomo a sviluppare un modo di produrre coerente e rispettoso nei confronti della natura? Attraverso quali tecnologie?

Se leggiamo lo Statuto del BIE (Bureau International des Expositions), l’organo che gestisce EXPO, notiamo che l’evento è considerato non commerciale ed è finanziato, oltre che dai 168 stati membri, dalla vendita di biglietti e soprattutto dal governo ospitante il quale, oltre ad organizzare l’evento, sceglie il tema della manifestazione. Un tema che deve essere contemporaneo, di rilevanza internazionale e deve rappresentare lo stato dell’arte in tecnologia, scienza e progresso scientifico.

Questa riflessione porta alla seconda domanda che mi sono posto quella sera: dinanzi a obiettivi così importanti, cosa centrano le multinazionali dell’alimentazione come Nestlé o McDonalds? Per quale motivo parteciperanno attivamente, investiranno e guadagneranno milioni di euro in un evento non commerciale che si prefigge, fra le altre cose, di trovare soluzioni alla fame nel mondo?

expo2

Su EXPO 2015 aleggia un’atmosfera di grandiosità, di eccitazione, di interesse per il mega evento che fa da contraltare a un sentimento di frustrazione, di disagio per l’occasione che stiamo perdendo. Senza toccare l’ormai noto scandalo corruzione e la questione ritardi (è certo che non tutte le opere saranno completate in tempo) merita una citazione il movimento Attitudine NO EXPO che denuncia lo sfruttamento incontrollato del territorio, l’abuso di potere, il perpetuarsi del sistema Italia fatto di giri di poltrone e clientelismi. Con lo slogan Nutrire le Multinazionali, Nocività per il Pianeta, il movimento ha indetto a Milano il 1 maggio, il corteo MAYDAY NOEXPO.

ExpoMayDay

Wu Ming, il noto collettivo leteterario, si spinge oltre e dichiara: EXPO è una narrazione tossica finalizzata alla creazione di un’immagine mistificatoria che distoglie l’attenzione dagli effetti speculativi delle grandi opere e dal lavoro gratuito.

Se a occupare i padiglioni di EXPO saranno le mense di McDonalds e l’acqua venduta sarà quella della Nestlé, di diverso da eventi/contenitori come le Olimpiadi o i Campionati del mondo di calcio, ci sarà ben poco. Per valorizzare la biodiversità dobbiamo pensare diversamente ed essere più sobri. Abbiamo bisogno dei capelli sudati e delle scarpe sporche dei contadini anziché delle cravatte dei manager. A certe idee di marketing dobbiamo contrapporre le gesta concrete di chi lavora con i prodotti della terra. Abbiamo necessità di più campi da arare, non di padiglioni costruiti da archistar.

EXPO 2015 non ha bisogno di visitatori, ma di consumatori consapevoli del patrimonio naturale che la terra offre e di come siamo noi. e nessun altro, a decidere il futuro dei nostri figli.

 

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Povero mais. Povera terra.

simonetta lorigliola

1 comment

Dario Predonzan 2 Maggio 2015 at 0:11

Tutto giusto, più o meno … peccato però che qualche centinaio di delinquenti abbia fatto del suo meglio (come al G8 di Genova e in tante altre occasioni) per spostare tutta l’attenzione dei media e del pubblico sul teppismo gratuito e – al solito – controproducente.
E peccato anche che molti manifestanti “pacifici” abbiano aiutato i delinquenti a sfuggire alle forze dell’ordine.
Una storia già vista tante (troppe) volte. Anche le migliori e più nobili idee finiscono in sterco, se chi le propugna non riesce a distinguersi dai teppisti.

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