Trieste ha un sindaco con una passione irrefrenabile per un’ovovia che colleghi il Carso con il mare, un amore tanto travolgente che lo porta a dimenticare che esistono regole da rispettare, direttive europee e piani urbanistici. E va bene che a una certa età il senso di onnipotenza può diventare incontrollabile, preoccupa tanto però che il suo massimo dirigente, visto l’alto livello delle sue competenze, lo assecondi nelle sue pulsioni, e che la maggioranza lo sorregga negli assurdi desideri che l’età matura può produrre. Il suo massimo dirigente avrebbe dovuto spiegarle che il gioco è perdente, che esistono soluzioni alternative facilmente percorribili, utili per il territorio e per gli utenti dei mezzi di trasporto, economicamente sane e con un impatto sulle risorse territoriali e ambientali assolutamente sostenibile cui indirizzare le risorse del Piano Nazione di Ripresa e Resilienza.
Tutti i dati, l’analisi del territorio, lo studio delle ricadute territoriali ed economiche, il conflitto con l’ambiente e con le condizioni meteo attuali e future affermano in modo inconfutabile che una funivia nel nostro territorio sia assolutamente inutile e dannosa per l’ambiente e l’economia. [Nel 1949 l’architetto Mario Zocconi propose una seggiovia da Barcola alla Vetta d’Italia, per fortuna il progetto evaporò].
Chi è quindi imputato per queste scelte scellerate? Il sindaco o il suo entourage politico e amministrativo?
Comunque sia, è una scelta assurda che incombe sul futuro della nostra città.
Con la legge n. 241 dell’agosto del 1990 fu istituita la Conferenza dei Servizi, un meccanismo semplificativo delle procedure amministrative per l’attuazione di progetti riguardanti il territorio cui partecipano tutte le istituzioni portatrici di interesse che si conclude con una autorizzazione unica che tiene conto di tutte le procedure dalla VAS alla VINCA, dalle valutazioni espresse della Sovrintendenza ai beni ambientali e culturali, di tutti gli enti coinvolti nel valutare gli impatti sul territorio, il ruolo della mobilità, etc. Anche il progetto Ovovia deve attraversare questa procedura. Nel corso degli anni alla CdS sono state apportate varie modifiche, è stata introdotta la conferenza preliminare, cui è ricorso il Comune di Trieste per avere un quadro anticipato delle posizioni dei diversi enti prima della presentazione del progetto definitivo.
Per superare l’ostacolo della protezione integrale dell’area di Bosco Bovedo il Sindaco è ricorso all’adozione della variante 12 al Piano Regolatore Generale Comunale. I cittadini direttamente coinvolti possono presentare opposizioni e chiunque non la condivida la variante finalizzata a realizzare un’ovovia lungo una scarpata geologicamente instabile all’interno del sito Natura 2000 di Bosco Bovedo può presentare osservazioni. Le norme di tutela ambientale integrale del Piano Urbanistico Regionale Generale escludono ogni intervento in grado di modificare le caratteristiche ambientali e naturalistiche di Bosco Bovedo. Dal 1971 quell’area è una riserva naturale e dal 1992 un sito Natura 2000 istituito con la direttiva europea Habitat. Eventuali deroghe alla protezione integrale sono previste solo per motivi di rilevante interesse pubblico: sanità, sicurezza, fattori economici. Condizioni certamente non soddisfatte da un’ipotetica e non dimostrata riduzione del traffico e dell’effetto serra e dalle scarse possibilità che l’ovovia diventi una fonte di entrate per il Comune: è invece molto probabile che l’investimento diventi un terribile flop per le casse comunali da sanare con le entrate fiscali dei triestini.
Sull’adozione della variante 12 al PRGC contro il sito Natura 2000, Legambiente Trieste ha indirizzato una denuncia alla Comunità Europea di violazione del diritto comunitario. Per frenare le pulsioni ovoviarie del Primo Cittadino non resta che adire tutte le immaginabili vie giudiziarie e tutti i possibili ricorsi amministrativi. Quindi aderiamo alla raccolta di fondi promossa dal comitato No Ovovia.
Lino Santoro