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Arte e storia Culture

La Madonnina devota all’Italia

Discorso sulla genesi della Madonna di Franco Asco, in piazza Garibaldi a Trieste

– di Fabiana Salvador –

SAMSUNG CAMERA PICTURESTrieste, febbraio 1954: concorso per un monumento alla Madonna Immacolata in memoria dell’Anno Mariano indetto da papa Pio XII. Protagonisti: il sindaco democristiano Gianni Bartoli e il vescovo Antonio Santin. Documentazione: un faldone conservato nell’archivio generale di Trieste contenente pratiche trattate dal Gabinetto del Sindaco, atti non protocollati.

Un periodo particolare per la città, dal 1945 soggetta al Governo Militare Alleato. Un evento apparentemente devozionale che racconta il desiderio di attirare nuovamente l’attenzione sull’italianità di Trieste.

Un ennesimo pretesto per Bartoli. Un omaggio a Maria, protettrice d’Italia, voluto dal popolo unito nel credo religioso e possibile grazie alla sua generosità. Nel piano del finanziamento dell’opera si insiste infatti sul dare alla sottoscrizione carattere di popolarità e, solo in un secondo momento, di allargarla all’intervento dei maggiori enti cittadini.

Nel bando, aperto a tutti gli artisti nati o residenti nelle Provincie di Trieste, Gorizia e Udine, è richiesta la realizzazione di una statua raffigurante la Madonna Immacolata, in bronzo dorato a fuoco, da collocarsi in cima ad una colonna di pietra di Monrupino da erigersi a Trieste, in piazza Garibaldi.

Vengono presentati 23 progetti, ma nessuno di questi è ritenuto adatto. Gli scultori Franco Asco, Mario Amstici, Giuseppe Negrisin, Tristano Alberti, Carlo Sbisà e Ugo Carà sono invitati a partecipare a un concorso di secondo grado: dovranno presentare un bozzetto in gesso alto due metri e mezzo (le proporzioni esatte che avrà la statua).

L’ubicazione dà adito a una polemica, sfociata in un “referendum” promosso da “Vita Nuova”, settimanale locale di Azione Cattolica. Piazza Garibaldi è vista come il luogo frequentato da slavi e sede di comizi, soprattutto anarchici e del partito comunista. Anche la presenza delle bancarelle di fiori (gestite da donne  slovene) sembra poter danneggiare il simbolo della Vergine. Vengono proposti e vagliati altri luoghi fra cui Piazza Oberdan, il Colle di Montuzza, il Molo Audace, Piazza Goldoni…ma alla fine è confermata la destinazione iniziale: in mezzo al popolo e in un luogo centrale.

L’opera di Asco risulta essere il giusto compromesso moderno fra il senso architettonico artistico declamato da Marcello Mascherini presente in giuria e il rispetto del carattere spirituale e della sensibilità cristiana del popolo richiesta dal sindaco. Ieratica, composta in uno schema geometrico, si presta a una visione monumentale, pur mantenendo nella dolcezza del volto un’espressione umana e divina.

Il monumento viene inaugurato il 12 settembre 1954. All’interno del basamento sono depositati i fogli con i nomi degli oblatori.

La lettura, durante la cerimonia, del discorso del Sindaco, assente per malattia, rappresenta un episodio politico importante. Trieste appellata “figlia di Roma”, e Maria Immacolata “Castellana d’Italia”. Si parla del “nembo di angoscia entro cui vive le sue dure giornate questa generosa e cristiana città”. Viene spiegato il significato della scritta Spes nostra salve, incisa sulla medaglia realizzata da Asco, per lo stesso evento. “Spes nostra, dopo che ogni speranza messa negli uomini e nelle cose del mondo è stata soffocata dall’inganno; Spes nostra, dopo il tramonto di tante nostre terrestri illusioni; Spes nostra, dopo la superbia omicida e la vanità di tante umane conquiste”. Contiene un messaggio conciliatore da parte di Bartoli: “Al di là di ogni dissidio, e di ogni rancore, al di là di ogni passione e di ogni ideologia, tutti rientrano nel suo abbraccio di Madre comune, perché Essa non ci chiede né nome, né fama, né colore, ma solo amore di figli. Essa riporta nel cuore di tutti noi pensieri di perdono di fraternità”. Segue nel finale una supplica: “E tu Maria gloriosa e immacolata, che la pietà del popolo ha posto in mezzo alla nostra via, ascolta la nostra invocazione: abbiamo bisogno di case, di lavoro, di pace e di libertà piena. Ricava dalla devozione e dalla pietà di questo popolo provato e mirabile, dalle sue sofferenze e dal suo pianto, ragioni sovrabbondanti per farne esaudire i voti dalla misericordia d’Iddio. Così sia”.

Se Bartoli anche nel privato per l’occasione scriveva alla figlia Claretta il testo dell’inno di Garibaldi, rivisitato in un suo “libero adattamento per un meno libero T.L.T.”, sottolineando “Qui vanto è nombrarsi fedele di Roma”, c’era d’altronde chi a Trieste di lì a poco avrebbe ironizzato sulla Madonina de oro di Asco e in particolare sulla variazione delle mani nel passaggio dal primo bozzetto al lavoro finito. Prima giunte a implorar l’arrivo dell’Italia; poi tese in alto verso il cielo a supplicare la salvezza dall’Italia stessa. Una memoria che non ha monumenti. Un monumento che testimonia più memorie.

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