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Trasporti e cambiamenti climatici

TRASPORTI E AMBIENTE

Trasporti e cambiamenti climatici

Come usciamo dal circolo vizioso?

di Andrea Wehrenfennig

I trasporti di merci e persone contribuiscono in buona parte alle emissioni di gas serra, e quindi hanno un ruolo importante rispetto ai cambiamenti climatici. Gli scienziati d’altra parte ci dicono che la maggiore frequenza e intensità degli eventi estremi (alluvioni, tornado, siccità) sono attribuibili ai cambiamenti climatici e impattano pesantemente sul sistema dei trasporti, per cui rischiamo di trovarci – al livello globale ma anche nel locale – in un circolo vizioso da cui non sappiamo uscire.

Se esaminiamo i trend delle emissioni di gas climalteranti in Europa, prodotti dalla Agenzia Europea per l’Ambiente, vediamo che tre settori tendono a ridurre le emissioni tra il 1990 e il 2030:  l’industria, gli edifici e i rifiuti (dove evidentemente ci sono politiche di riduzione). Invece negli altri due grandi settori considerati, cioè i trasporti e l’agricoltura, il trend delle emissioni è stabile o addirittura in crescita, e la quota maggiore delle emissioni è dovuta ai trasporti.

Negli ultimi anni, nell’Unione Europea e in Italia poco meno di un terzo (il 26%) delle emissioni stimate di gas climalteranti è attribuibile al settore dei trasporti. Di queste emissioni, in Italia ben l’81% è dovuto ai trasporti su strada.

Quali strategie si possono applicare per ridurre queste emissioni? Possiamo adottare tre approcci complementari: evitare, spostare, migliorare. Questo vuol dire: agire sulla domanda di mobilità, spostare la domanda sulle modalità più efficienti e meno inquinanti (trasporto pubblico, mobilità ciclopedonale) e migliorare i mezzi di trasporto in termini di efficienza ed emissioni unitarie. Gli strumenti da applicare consistono nella pianificazione della mobilità e nella pianificazione urbanistica, nella gestione dell’offerta e della domanda di mobilità con la regolazione e gli incentivi o disincentivi, l’informazione e l’innovazione tecnologica (applicata per esempio alla mobilità condivisa). Occorre anche considerare l’intero ciclo di vita dei mezzi e dei servizi di trasporto e non le sole emissioni durante il loro uso, tenendo conto dei consumi e delle emissioni di tutta la filiera, comprese le infrastrutture di trasporto.

Una cosa è certa: se non cambia il nostro modo di muovere persone e cose, non potremo ridurre le emissioni dei trasporti. Ricordiamoci che la mobilità elettrica è sostenibile solo se l’energia proviene dalle fonti rinnovabili.

Deve essere anche chiaro che i costi della riduzione delle emissioni – calcolati a livello internazionale dall’IPCC – sono inferiori ai costi dei danni causati dagli effetti del riscaldamento globale, per cui sarebbe irresponsabile non intervenire, anche a costo di cambiare qualche cattiva abitudine, ma anche approfittandone per ridurre gli sprechi di energia e di suolo.

Se la politica e i cittadini se ne renderanno conto, forse nei prossimi anni riusciremo a contenere le emissioni di CO2 entro i due gradi dal livello pre-industriale, come previsto dagli accordi di Parigi. Tuttavia gli eventi estremi si verificheranno sicuramente per molto tempo ancora e dovremo preparare e mettere in atto velocemente dei piani di adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici, con costosissimi interventi per prevenire i danni alle infrastrutture di trasporto (sistemi di scolo, barriere, bacini per le esondazioni).

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