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Dall’archivio di Konrad: URBANISTICA INSOSTENIBILE

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Basta un giro frettoloso lungo le strade della pianura friulana, per notare la congerie di capannoni artigianali ed industriali, centri commerciali, villette a schiera, strade e stradine che sono sorte e continuano a sorgere in ogni dove.
Si prenda com’è cambiata la statale tra Udine e Pordenone, oppure come sono cambiati in pochi anni i dintorni di Monfalcone. Un nuovo enorme centro commerciale IKEA sorgerà tra poco nei pressi di Villesse, sommergendo decine di ettari di campagna da due passi dalle sponde dell’Isonzo. Per tacere dei grappoli di nuove villette che “decorano” la costiera triestina (e altre ne sono in arrivo).

Un fenomeno, ben inteso, non soltanto nostrano: accade in tutta Italia, anche se con intensità variabile da regione a regione. Il territorio, risorsa scarsa e non rinnovabile per definizione, viene consumato a ritmi insostenibili, disgregando ciò che la natura e la storia vi hanno depositato nel corso dei millenni: paesaggi, beni culturali, ecosistemi fondamentali alla vita del pianeta.
Ce n’è (o dovrebbe essercene) abbastanza, per rendersi conto che questo tipo di espansione insediativa è fuori da ogni regola urbanistica e ambientale.
Ma è proprio questa la scelta, formale e sostanziale, compiuta in questi anni da amministratori pubblici che, pur di far “girare l’economia”, svendono il territorio per far cassa, consentendo urbanizzazioni di ogni tipo: villette isolate e centri commerciali che mangiano le campagne, centri direzionali e artigianali che degradano e falsificano nei centri storici, ecc.
Accanto a ciò, occorre un’offerta che minimizzi le aree di “inclusività” del territorio, per salvaguardare e ripristinare le connessioni tra gli ecosistemi (i cosiddetti “corridoi ecologici”), essenziali per consentire la sopravvivenza a lungo termine, ma in molti casi troppo esigue o interrotte da infrastrutture od insediamenti irrazionali.

A tali fini dovrebbe tendere una moderna pianificazione urbanistica, che ha bisogno, per sopravvivere, di un quadro di regole univoco e trasparente.
Tutt’altra cosa dal disegno di legge (n. 212) presentato di recente dalla Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia (dall’assessore competente, Sonego, DS), vorrebbe far approvare in tempi impensabili dal Consiglio.
Basti dire che il disegno di legge istitutivo del Piano Territoriale Regionale (PTR), alla base di tutta la programmazione urbanistica futura, è stato approvato in Giunta l’8 febbraio scorso e spedito subito ai Comuni per esprimere un parere (obbligatorio ma non vincolante) entro il 31 marzo, costringendoli ad “osservazioni” in tempi impossibili.

Una legge quadro che si propone di “riqualificare i sistemi insediativi” e “potenziare le centralità urbane”, ma che in realtà sembra ricalcare, in molti passaggi, vecchi strumenti urbanistici fondati sulla “espansione” dei centri abitati e su una logica di “competitività” delle varie realtà comunali, spesso in conflitto fra loro.
Così si rischia di alimentare una corsa all’accaparramento di nuove aree edificabili da parte dei Comuni, pronti a tutto pur di guadagnare terreno rispetto ai “concorrenti” vicini.
Una corsa in direzione contraria a quanto sarebbe invece necessario: riconoscere il coordinamento pianificatorio sovracomunale, in ogni caso non resterebbe a bocca asciutta, potendo pur sempre ampliare le zone industriali, artigianali, commerciali, turistiche “nei limiti delle necessità”, “nei limiti previsti dal PTR”.
Nessun incentivo, invece, per i Comuni che volessero coordinarsi per finalità di miglioramento ambientale: anzi si accresce il rischio di nuove espansioni, demandando la decisione ai privati che chiedano di urbanizzare aree anche agricole o protette, purché “coerenti con gli obiettivi del PTR, sentita la Conferenza dei servizi”.

Tuttavia, l’intero impianto risulta in contrasto con i principi costituzionali in materia di competenze legislative concorrenti Stato-Regioni.
La sentenza n. 303/2003 della Corte Costituzionale ha chiarito che “i beni ambientali e paesaggistici sono affidati alla legislazione esclusiva dello Stato, mentre la legislazione concorrente può intervenire solo in materia di governo del territorio, nel rispetto dei principi fondamentali fissati dalla legge statale” (in questo caso la legge 394/91 sulle aree protette).
Tutto ciò è stato ignorato dalla Giunta regionale del FVG e anche dai Comuni per paura di perdere poteri urbanistici acquisiti.

Nulla si dice, inoltre, delle aree di conservazione ambientale, che pure esistono e sono state formalmente riconosciute dallo stesso PTR: SIC e ZPS del Carso in pericolo di frammentazione, come le aree umide del Lisert e dell’Isonzo, le risorgive di Udine e l’area agricola residua di Campoformido.

Una frammentazione di leggi e disposizioni che il PTR — almeno in questa ultima versione — non sembra in grado di ricomporre con chiarezza, né di recepire in un quadro di riferimento unitario e coerente.
Non resta che auspicare un’attenta e approfondita discussione pubblica, anche tramite audizioni e consultazioni delle categorie sociali, delle amministrazioni locali, degli ordini professionali, delle associazioni ambientaliste, affinché la nuova legge sul PTR, una volta in discussione in Consiglio regionale (sulla base delle osservazioni ricevute), possa finalmente portare ad un governo del territorio realmente sostenibile, al di là delle illusioni.

Dario Predonzan
coordinatore regionale
WWF Friuli Venezia Giulia

tratto da Konrad numero 123 di Febbraio 2007

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