Konrad
Benessere Salute Ultimi Articoli

Dall’archivio di Konrad: Slow medicine

Tempo di Lettura 6 Minuti

A Torino a metà novembre è nata, come essa stessa si definisce, una rete in movimento di persone convinte che anche la medicina possa cambiare ritmi e modelli. Tra loro c’è il triestino Andrea Gardini, a cui abbiamo chiesto di cosa si tratta.

Ancora più slow? Non basta aspettare sei mesi per una risonanza magnetica?

La parola slow messa assieme a medicine equivale alla parola slow messa assieme a food, cibo. Lo slow food nacque vent’anni fa, rivendicando il dritto al piacere per un cibo buono pulito e giusto, in contrapposizione esplicita all’allora come ora dominante cultura del fast food. La slow medicine pensa alla cura come sobria, rispettosa e giusta: sobria, sapendo che fare di più non vuol dire fare meglio, rispettosa delle persone per quello che sono e come lo sono, giusta, nel senso di equamente distribuita fra tutte le persone e appropriata, costituita cioè dalle migliori pratiche sanitarie, quelle più utili a risolvere i problemi di salute di ciascuna delle persone trattate. La lista d’attesa per una risonanza spesso è così lunga perché molte delle richieste per farla sono inappropriate, e intasano quei servizi con i loro esami inutili. Ne patiscono quelli che dell’esame hanno proprio bisogno e che devono attendere molto tempo per poterlo fare… ma quella risonanza nucleare magnetica non è neppure detto che sia utile rispetto ad altri esami che possono essere fatti, e che possono aiutare anche meglio il medico a fare diagnosi ed il paziente ad avere una risposta ai propri problemi. Ad esempio, raccogliere una buona storia clinica, un racconto del paziente al medico sui suoi sintomi e visitare bene il paziente. La gran parte delle diagnosi si può fare ancora con successo con queste semplici attività di relazione, che in seguito possono essere confermate dalla tecnologia per essere meglio specificate.

Equamente distribuita fra tutte le persone e costituita dalle migliori pratiche sanitarie. Non sarà troppo per i nostro sistema sanitario?

Se si usano le buone pratiche di efficacia dimostrata e una medicina sobria, cioè appropriata nell’approccio e attenta nella comprensione dei problemi delle persone e alla relazione con esse è dimostrato che si può fare a meno di molte delle pratiche ipertecnologiche correnti, che spesso non portano a risultati utili per la guarigione dalle principali malattie. Ci sono d’altra parte approcci tecnologici che sono molto buoni, utili, ad esempio come l’angioplastica, primaria nella cura dell’ischemia cardiaca, che previene l’infarto del miocardio e riduce la mortalità per questa causa… questa anche se è una pratica tecnologicamente avanzata oramai viene considerata un approccio corretto, e noi della slow medicine pensiamo che gli approcci corretti sono per definizione slow… ma non tutte le migliori pratiche sanitarie hanno per forza un supporto tecnologicamente avanzato, e quindi è possibile garantire la sostenibilità del sistema.

Pensiamo solo all’eccesso di consumo di antibiotici nel corso di epidemie influenzali, approccio sbagliato e dannoso per le persone e l’ambiente, o la pratica, indotta dai produttori di farmaci, di ridurre i livelli di allarme nel caso degli esami di laboratorio… in questo modo si curano gli esami e non le malattie… l’epidemia di colesterolo alto è un tipico esempio… l’ipercolesterolemia infatti è un fattore di rischio, non è una malattia… si cura con movimento e dieta appropriata, con uno stie di vita decente… e sostenibile per il sistema…

Questo modo di affrontare la malattia presuppone medici di base molto qualificati, che abbiano anche i tempo necessario da dedicare ai pazienti.

Invece di solito li sbrigano con una sfilza di esami e li mandano da uno specialista, spesso sbagliato. E il malato perde tempo, a volte prezioso.

Come fare?

Il rapporto con i medici di famiglia varia a seconda delle aspettative dei pazienti e degli stili dei medici stessi di condurre le relazioni terapeutiche. C’è lo stile dell’iperprescrittore, anche ben descritto da Alberto Sordi in un celebre film, ma c’è anche il professionista attento ai problemi delle persone che cerca di garantire un minimo di esami e di prescrizioni ed un massimo di assistenza e di ascolto. Il primo potrebbe essere definito fast, il secondo slow. Visto che il secondo atteggiamento è frutto, come il primo del resto, di un abitudine culturale più che organizzativa, il lavoro che sta impostando slow medicine è proprio quello di convincere chiunque abbia un rapporto terapeutico con un altra persona che un atteggiamento di ascolto rispettoso, che dedichi tempo alla conoscenza delle storie delle persone e dei loro bisogni e che garantisca, nel rispetto della normale metodologia clinica, anche un uso appropriato delle risorse che abbiamo a nostra disposizione, questo atteggiamento dicevo paga anche dal punto di vista della soddisfazione, sia del medico per il proprio lavoro sia del paziente per il conseguimento di uno stato di salute migliore. Non è possibile imporre un certo tipo di atteggiamento, ma è possibile consigliarlo ed aiutarci assieme a conseguirlo. Cosi come in slow food il consumatore viene considerato co-produttore di cibi puliti, buoni e giusti, così la persona in trattamento va considerato un co-progettista, un alleato nel cercare assieme al medico ed all’organizzazione cui questo appartiene le vie migliori (più sobrie, rispettose e giuste) per ottenere lo stato di salute migliore possibile tenendo conto della sua storia, della sua età e delle proprie aspettative.

Si diceva che una volta in Cina i medici venivano pagati finché i loro assistiti erano sani. Voi date molta importanza alla prevenzione. Ma in questo come in altri campi in Italia sembra che per la prevenzione non ci siano mai mezzi. È tanto difficile?

La prevenzione è il primo atto slow. Può essere fatta da un singolo individuo, sotto forma di mantenimento di uno stile di vita sano o da una comunità, sotto forma di azioni per evitare il contatto con luoghi insalubri o resi insalubri da attività inquinanti. Ormai è abbastanza chiaro ed evidente che l’epidemia di tumori nella nostra civiltà avanzata è dovuta a inquinanti ambientali di vario genere e concentrazione. La prevenzione non sarebbe difficile se la società fosse orientata a migliorare lo stato di salute delle persone che la costituiscono. Fare politiche per la salute in genere confligge con le politiche del profitto a tutti i costi. Per questo motivo è cosi difficile.

T. C.

Andrea Gardini (1951). Medico, direttore sanitario dell’azienda ospedaliera universitaria di Ferrara. Per 14 anni pediatra ospedaliero, poi medico di direzione sanitaria a Gorizia, Trieste, IRCCS Burlo Garofolo e direttore a Monfalcone. Per 10 anni responsabile qualità ARS Marche. Socio fondatore ed attuale presidente SIQuAS-VRQ. Socio fondatore ISQua.

Traddo da Konrad numero n.173 di Febbraio 2012

Related posts

Perle Nascoste: passeggiate shakespeariane

Muzio Bobbio

More di gelso, piccoli frutti dimenticati

giuliana lomazzi

Omnis cellula e cellula

Redazione KonradOnLine

Leave a Comment