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Storie dell’anno 1000. E molte altre

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Storie dell’anno 1000. E molte altre

Due passi tra luoghi e vicende del Canal del Brenta, accompagnati da suoi illustri ospiti.

di Riccardo Ravalli

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Quasi un pellegrinaggio che dovrebbero fare innanzitutto coloro che, in questo scorcio di fine estate, hanno qualche difficoltà con il latino. Ma anche coloro che amano luoghi ricchi di storia e di notevole interesse ambientale, da esplorare a piedi o in bici.

I primi frammenti di questa storia risalgono ad alcuni decenni dopo il 1100,  quando Porzio de Melguel settimo abate di Cluny, di ritorno da una crociata, ottenne un pezzo di terra,  grazie ad accordi con l’imperatore Enrico V, i Signori del luogo, gli Ezzelini, e il vescovo di Padova. Erano tempi difficili, di lotta, proprio tra l’imperatore e il papato. Porzio si trovò invischiato in molteplici beghe, anche legate al controllo della stessa abbazia di Cluny, tanto che fu incarcerato e morì a Roma, dopo una vita che neppure Umberto Eco avrebbe potuto rendere più avventurosa.

Ha comunque lasciato traccia del suo passaggio nella marca veneta, in quello scampolo di buona terra, allo sbocco della Valsugana, bagnata dalle fresche e tumultuose acque della Brenta, rinvigorite dalle misteriose risorgive carsiche di Oliero e del Ponte Subiolo che drenano l’Altipiano di Asiago. Un importante itinerario medioevale, di raccordo tra Settentrione e Mediterraneo, si snodava lungo l’argine, oggi comodamente percorribile in bici. L’abate lo migliorò grazie ad un ponte sul fiume. Per i pedalatori che amano invece le salite “mitiche”, c’è una stradina, “la salita della Rosetta”, che s’inerpica verso l’incombente Altipiano di Asiago.

Giungiamo presso il borgo di Campese (VI) e passiamo sulla sponda opposta. Qui l’abate Porzio edificò l’abbazia, con annesso monastero, dedicata “all’Invenzione della Vera Croce”, a ricordo delle sue vicende in Terra Santa. È giunta fino a noi quasi intatta, sia pure con profonde trasformazioni che risalgono agli inizi del Cinquecento e che offrono ulteriori motivi di visita, prima che le difficoltà di tutela dei nostri siti storici la cancellino progressivamente, nonostante restauri e vincoli, come qui è successo per orti e muro di cinta, rimpiazzati da campi sportivi negli anni Sessanta.

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Avviciniamoci al vero clou, specialmente per i latinisti, nella penombra dell’unica navata. A sinistra dell’altare, una nicchia che risale alla metà del Cinquecento. Colpisce per le innumerevoli icone in latino. Qui riposa il letterato Teofilo Folengo. Per primo riuscì a fondere in un nuovo linguaggio dialetti e latino per trattare sia questioni religiose, approfondite poi durante il Concilio di Trento, sia altri temi, in opere più popolari come il noto “Baldus”.

Ne passò, anche lui, di traversie, tanto che alcuni suoi libri finirono all’Indice. Avrà quindi un occhio di riguardo e comprensione per qualche devoto studente… che passi a salutarlo!

Chiudiamo in bellezza con gli attuali amici di Merlin Cocaio, suo pseudonimo, appropriandoci della sua esortazione:  “Nunc tempus studere libros, nunc volgere spetum. Nunc lunum et laltrum, pariter tractare valemus”. Ora è il tempo di studiare, ora di girare lo spiedo. Ora affrontiamo l’una e l’altra cosa con lo stesso impegno.

Credo proprio meriti scoprire il suo mondo. Cercate e seguite le attività degli “Amici di Merlin Cocai”.

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