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La collina friulana e i suoi dintorni 

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di Riccardo Ravalli

Tra agricoltura industriale e scampoli di un mondo contadino

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Ho sempre trovato curiosa la situazione della nostra regione che conserva la maggior parte di colline e montagne, lassù in alto, quasi a far spazio alla pianura, come a casa quando i bambini, giocando in salotto, spingono tappeto, tavolo e il resto sempre più contro il muro in fondo.

Monti e colline sono frutto di uno “schiaccianoci” geologico, ancora attivo, che da qualche miliardo d’anni deforma e frantuma e ci spinge verso nord. Una situazione dinamica, con tempi non umani, non ancora conclusa. Infatti nuove alture stanno crescendo, sotto la coltre e ai margini della pianura: piccole deformazioni, ondulazioni, alcune con quote maggiori, come il colle di Udine, o le colline di Medea e di Buttrio.

Conservano tracce di abitati, sepolture, vasi e ceramiche, legati a vicende storiche che accomunano il nostro territorio e aggiungono motivi d’interesse al paesaggio e alla natura dei luoghi, alle testimonianze registrate nelle rocce e nei depositi ghiaiosi. L’esposizione a meridione tempera i rigori dell’inverno mentre il pendio agevola l’allontanamento dell’acqua piovana in eccesso. Il risultato è una zona vocata alla coltivazione della vite e all’agricoltura, attività che hanno plasmato tanta parte di questi luoghi.

Un territorio che mi piace immaginare uguale a se stesso, simile a quel mondo contadino, atavico e patriarcale, descritto in numerosi film. Ma la realtà oggi è un’altra. Me ne sono accorto vivendo fuori città. Incrocio spesso, la mattina presto o la sera, trattori che svettano mastodontici tra le auto, espressione concreta della meccanizzazione e della coltivazione estensiva della pianura che ha risparmiato solo gli appezzamenti più piccoli, in collina o sul Carso. Non così è stato per gli ultimi scampoli di vegetazione para-naturale a pioppi bianchi e salici, nei pressi della Riserva naturale dell’Isola della Cona, recentemente sacrificati al profitto, pur se ricompresi in un’area a vocazione naturalistica. Tutto per qualche quintale di mais in più.

Così ho colto al balzo il consiglio di un amico, indomito esploratore di luoghi, sopra e sotto terra, e sono tornato sulle alture, a Buttrio dove ha recentemente scoperto una chicca. Il paese e il suo territorio conservano una splendida e ampia vista sulle montagne e i segni della mano dell’uomo nei campi e nelle vigne, e tanta storia. Specialmente nella Villa di Toppo – Florio, elegante edificio del Settecento che ricorda le più famose ville venete e nel suo parco, ricco di piante insolite e di testimonianze archeologiche, provenienti dalla pianura aquileiese e collocate secondo il gusto del tempo.

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All’interno, Geremia Nonini ha creato nel corso di tutta una vita, il Museo della Civiltà del Vino, a memoria di un mondo antico di secoli, ormai quasi scomparso, cancellato dalle macchine. Attrezzi per le misurazioni del terreno, per le cure contro i parassiti della vite, per la potatura dei tralci e strumenti per la vendemmia itinerante, per il trasporto e la mescita del vino con botti e caraffe. Ovviamente non manca, al termine, la giusta attenzione al mitico luogo di utilizzo finale: l’osteria, perno, con il campanile e la piazza, della vita sociale del paese. Il risultato di tante fatiche e lavoro si può assaggiare nei dintorni, con la dovuta moderazione. Magari dopo una bella gita in bici o a piedi. Per chi ha ancora curiosità da soddisfare, vi potrà  scoprire molto altro e, al momento giusto, degustazioni di risonanza nazionale.

Villa di Toppo – Florio
Museo della Civiltà del Vino
Visita libera e gratuita
Info Pro Loco Buri Ufficio I.A.T.
Comune di Buttrio
unagitainvilla@yahoo.it
tel. 0432673311

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