di Simonetta Lorigliola
Vi ricordate del Colonello Bernacca? Negli anni Sessanta e Settanta conduceva sulla Rai “Che tempo fa” e illuminava gli italiani sulle previsioni del tempo, rigorosamente destinate alle seguenti 24 ore. Il suo stile elegante e la sua capacità esplicativa lo fecero divenire un beniamino del pubblico. Bernacca era un metereologo vero, di questa scienza si era occupato sin da giovane e aveva condotto lezioni, procedendo sempre con lo studio. Eppure era un colonnello.
In Italia non esiste un servizio metereologico pubblico e civile. Le previsioni più ufficiali sono quelle dell’Aeronautica militare il cui scopo è studiare il tempo per dare assistenza ai voli militari.
A caduta le previsioni diventano disponibili per i civili. Questo servizio (militare e non civile) ci costa 58 milioni di euro all’anno. Solo in Grecia esiste un sistema simile. Negli altri paesi è un ente pubblico civile a occuparsi del tema.
In mancanza di un servizio pubblico strutturato seriamente, spopola l’improvvisazione.
Oggi in Italia esistono circa 100 siti web che forniscono previsioni del tempo.
Nessuno certifica che abbiano le conoscenze e le credenziali per farlo.
La trasmissione Report ha mostrato, qualche mese fa, che il più visitato tra questi ilmeteo.it è di proprietà di un imprenditore veneto (non un metereologo) che se l’è inventato su due piedi. Il suo fatturato si aggira sui 5 milioni di euro all’anno. Tutto da entrate pubblicitarie.
Più utenti cliccano, più aumenta il profitto. Niente di male?
Ma che servizio offrono questi siti?
Le previsioni sono a 10, 15 o anche 20 giorni.

Ogni metereologo serio sa che un’affidabilità molto buona della previsione è su 24 e 48 ore, una affidabilità medio buona arriva ai 4 giorni. Oltre i 4 giorni, ogni previsione è una mezza panzana. Può azzeccarci come no. Che tempo farà a Carnevale? Tirate una monetina e affidatevi al suo responso che sarà vicino al vero quanto quello dei siti meteo.
Eppure quanti di noi guardano le previsioni a lunga gittata per prenotare le vacanze? Il business del toto meteo è evidente. Ma non basta.
La caratteristica forse più irritante dell’attuale mood delle previsioni del tempo è la tendenza spiccata al catastrofismo, sempre raccolto e incoraggiato da una pletora di giornalisti sensazionalistici.
Un semplice temporale diventa un nostrano uragano Katrin. Temperature intorno allo zero a gennaio paiono la calata dell’Artico sul Mediterraneo. Eppure d’inverno, si sa, fa freddo. Bisogna coprirsi.
L’afa estiva e i 36 gradi sono presentati come l’inasprimento del riscaldamento globale portato già alle sue estreme conseguenze. Eppure d’estate deve far caldo. E si va al mare a rinfrescarsi.
Niente da fare. Più è catastrofe, meglio è.
Così l’utente comprerà subito il giornale oppure controllerà ogni ora le previsioni e i crescenti click sui siti moltiplicheranno i profitti delle entrate pubblicitarie.
O tempora o mores.
Ribelliamoci alla schiavitù del catastrofismo. Riprendiamoci il diritto a battere i denti di freddo d’inverno. Viva il bombardino. E a sudare d’estate. Viva il Margarita ghiacciato.
Riprendiamoci la poesia delle temperature variabili, che non ha nulla di tenebroso, allarmista o terrorifico. Fino a che il vero global warming ce ne darà modo.
Insomma. Ridateci il nostro tempo.