I pensatori di tutti i tempi hanno sempre dibattuto se l’universo ed il nostro mondo abbiano uno sviluppo lineare (con un inizio ed un’inderogabile fine) oppure si evolvano ciclicamente, ritornando sempre sui propri passi; in tempi più moderni ne è stato ipotizzato anche il compromesso, immaginando un mondo che si evolve a spirale, ma vorrei rimanere sui pensatori del passato.
Madre natura, a scala umana, ci propone con evidenza il meccanismo ciclico (gli anni, i mesi ed i giorni) ed anche a scala astronomica ci sono molti fenomeni che si ripetono (moti millenari della terra) sino a parlare della teoria dell’Universo oscillante che lo vedrebbe alternarsi in tanti Big Bang, seguiti da altrettanti Big Crunch.
Civiltà precolombiane ed indiane (per fare alcuni esempi) hanno inserito la ciclicità nel loro pensiero e nei loro calendari, fino a postulare che la stessa anima umana ne sia soggetta in infinite morti e rinascite.
Personalmente vorrei partire da Tucidide, storico ateniese del quinto secolo a.C., il quale, osservando la storia e la natura umana, postulò che la prima è ciclica (pur nei diversi contesti) in quanto la seconda rimane immutata nel tempo.
Anche nel medioevo il simbolo alchemico dell’uroboro (il serpente, o il drago, che si morde la coda, presente peraltro anche in molte altre civiltà) ripropone il concetto della ciclicità.
La ripresa più nota di questo concetto è quella di Gianbattista Vico che ragionava sui “corsi e ricorsi storici”, ma anche Nietzsche postulava un “eterno ritorno”.
Grazie ad un amico piuttosto edotto al pensiero di grandi uomini poco noti al di qua delle Alpi, ed in particolare quelli di cultura germanica, ho potuto felicemente trovare una sentenza che sviluppa, seppur in modo conciso, il troppo condensato pensiero vichiano.
Il suo formulatore fu un presbitero e predicatore fra gli antesignani del luteranesimo: Johann Geiler von Kaysersberg.
Nato a Sciaffusa (Svizzera tedesca) svolse il suo incarico pastorale a Strasburgo conquistandosi il soprannome di “Educatore della Germania”, proponendo un ritorno al cristianesimo originario, in contrapposizione all’apparato politico-economico romano, seppure senza proporne la separazione.
Durante uno dei suoi sermoni ebbe a dire:
Friede macht Reichtum.
Reichtum macht Übermut.
Übermut bringt Krieg.
Krieg bring Armut.
Armut macht Demut.
Demut macht wieder Frieden.
Nella lingua originale suona anche piuttosto bene, quasi poetico, grazie a rime ed assonanze.
Per chi non conoscesse il tedesco:
La pace porta ricchezza,
la ricchezza porta arroganza,
l’arroganza porta guerra,
la guerra porta povertà,
la povertà porta umiltà,
l’umiltà porta di nuovo la pace.
A questo punto, considerando gli attuali eventi internazionali, lascio ai lettori di Konrad constatare in quale fase di questo ciclo si trovi il nostro mondo in questo momento.
Muzio Bobbio