Creata espressamente per i libri scritti da Eloin Colfer (inventore dell’intelligente ma truffaldino Artemis Fowl), la scrittura Gnommish viene usata dal Popolo Fatato che convive da sempre con noi (o meglio sotto di noi) evitando accuratamente di farsi scoprire (evidentemente l’invadenza dei terrestri è sempre temuta). Questa particolarissima scrittura, ispirata dai geroglifici egizi con cui divide un certo aspetto e disposizione grafica (entrambe si possono scrivere in colonne dall’alto verso i basso e in righe da sinistra a destra) si presenta subito come un codice segreto, una crittografia strana e oscura. La scelta ideogrammi e pittogrammi (che permettono la giusta dose di segretezza e sicurezza) che formano la lingua Gnommish hanno consentito all’autore di spargere nei suoi libri (sul margini inferiori delle pagine e in copertina) indizi scritti in questa misteriosa lingua per integrare la lettura dei suoi romanzi. Essendo un prodotto per ragazzi (ma è piaciuto parecchio anche agli adulti) il codice che permette di decifrare il linguaggio Gnommish è piuttosto semplice ma il principio rimane identico: di frante a simboli che riconosco ma che non sono capace di “leggere” scatta la curiosità di capire e contemporaneamente la frustrazione di non poterlo fare. E la prova evidente che la scrittura è essenzialmente uno strumento di comunicazione, se non si riesce a decifraria perdiamo il senso della sua essenza (si scrive per comunicare). Con la scrittura Gnommish ci troviamo di fronte ad una grafia che usa simboli semplici e riconoscibili (l’occhio, la foglia, insetti, granchi e funghi) mescolati con figure geometriche e simboli vagamente magico-alchemici per offrirci un insieme sconosciuto ma suggestivo, ignoto e familiare al tempo stesso. È lo stesso meccanismo che scatta quando vediamo una scrittura che non siamo in grado di tradurre: sappiamo che significa qualcosa ma non sappiamo cosa. E allora si fa prepotente la spinta dell’uomo a voler conoscere, magari impossessandosi (costi quel che costi) del codice d’accesso. Il mio regno per una password.
Edoardo Triscoli
tratto da Konrad n. 124 di marzo 2007
