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Ambiente

Perché votare SI il 17 aprile

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di Dario Predonzan

Il Referendum sulle “trivelle” che succhiano petrolio e gas dai fondali marini

 

Non triv CARTA trivellazioni
Ubicazione delle piattaforme per l’estrazione del petrolio nei nostri mari

Le TV (anche quella pubblica, per la quale si paga il canone) quasi non ne parlano, e se lo fanno non spiegano la vera posta in gioco.

I giornali più diffusi non sono migliori. Forse perché si toccano gli interessi di soggetti come le compagnie petrolifere (ENI, per esempio), che spendono molto in pubblicità sui media …

Va un po’ meglio sui social (facebook, ecc.) e sulle testate on-line.

Di cosa si tratta?

Il referendum è stato indetto per decisione di nove Consigli regionali (Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto), condivisa però da un vasto fronte di associazioni ambientaliste, categorie economiche e forze sindacali.

Si chiede di abrogare la norma – introdotta dalla legge stabilità a fine dicembre 2015 – che consente alle società petrolifere di cercare ed estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza limiti di tempo. Se prevarranno i SI, le attività petrolifere più vicine alle coste cesseranno progressivamente, secondo le scadenze fissate al momento della concessione. L’obiettivo finale è quindi un divieto assoluto, anche se non immediato, dell’estrazione di idrocarburi nelle acque territoriali italiane (il cui limite è fissato a 12 miglia nautiche dalla costa).

Le motivazioni ambientali

Meglio non pensare a cosa succederebbe, oltretutto in mari di limitata estensione come quelli che circondano l’Italia, se si verificasse un disastro come quello della piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico, dove tra aprile e agosto 2010 si sversarono in mare centinaia di migliaia di tonnellate di petrolio. Pesca e turismo ne sarebbero devastati per anni, se non decenni.

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Anche nell’attività normale, tuttavia, l’estrazione di idrocarburi dal mare produce danni gravi all’ecosistema. Un recentissimo rapporto di Greenpeace, basato su dati ottenuti – non senza fatica – dal Ministero dell’ambiente, dimostra che i sedimenti dei fondali marini intorno alle 34 piattaforme per l’estrazione di gas attive nell’Adriatico, in circa il 70 per cento dei casi sono inquinati oltre i limiti fissati dalle norme europee. Si tratta di metalli pesanti (cromo, nichel, piombo ma anche cadmio, arsenico e mercurio) e di idrocarburi policiclici aromatici – tra i quali sostanze cancerogene – che possono entrare nella catena alimentare ed arrivare così all’uomo. Analoga la situazione delle cozze raccolte nei pressi delle piattaforme, risultate contaminate nell’86% dei casi da mercurio e nell’82% da cadmio.

Le piattaforme estrattive nei mari italiani sono in realtà più di 130, ma soltanto per le 34 dell’Adriatico il Ministero ha fornito i dati; forse perché per le altre non ne esistono…

Il Governo punta a vanificare il voto

Come già il Governo Berlusconi nel 2011, per i referendum sull’acqua pubblica, il nucleare ed il legittimo impedimento, anche il Governo Renzi non ha voluto accorpare il voto sulle “trivelle” a quello per le elezioni amministrative previste in moltissimi Comuni ai primi di giugno. Ciò implicherà una spesa supplementare di circa 300 milioni di euro (tanto paga Pantalone…).

Renzi & co cercano così, grazie anche al black out informativo, di evitare che si raggiunga il quorum del 50% più uno dei votanti, indispensabile per la validità della consultazione.

Sarebbe un colpo forse mortale all’istituto stesso del referendum popolare, uno dei pochissimi strumenti efficaci a disposizione dei cittadini per contrastare le scelte sbagliate della “casta”.

Si vota soltanto domenica 17 aprile, dalle 7 alle 23,
muniti della tessera elettorale e di un documento di identità.

Altre info

www.fermaletrivelle.it

www.greenpeace.org/italy

www.legambiente.it

www.wwf.it

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