Frammenti da alcune visioni
29.10.2024 Teatro Rossetti
MadS, David Moreau, France 2024, 88’
La trama di questo film è un mero pretesto – e poco fantascientifico – per realizzare lo sfoggio di bravura di un unico piano sequenza (per quasi un’ora e mezza, bisogna dirlo) che ha avuto come obbligo un’attenta regia (gli attori si muovono a piedi, all’interno, all’esterno, in scooter, in auto) e una buonissima recitazione (che per la co-protagonista era quasi teatrale). Il film risultava ansiogeno e obbligava a essere seguito; era tanto tirato che, in alcune scene, si rasentava il parossismo generando incredulità e un po’ di comicità. La trama alle volte si smentiva parzialmente nei dettagli. Comunque sia, se lo scopo era quello di non far staccare gli occhi per tutta la durata del film grazie alla percezione realistica del veduto, devo ammettere che è stato raggiunto.
30.10.2024 Teatro Rossetti
The Complex Forms, Fabio D’Orta, Italy 2023, 74’
Questo bel film italiano di fantascienza ha delle evidenze mistiche rese da diversi fattori: alcuni, meno forti ed espliciti, che potrei definire di base, preparatori (come il bianco e nero, il doppiaggio, una colonna sonora che tende a raggrupparsi ed esplodere in accenti strepitosi) e altri, meno forti e interpretabili (come gli addobbi sugli enormi alieni e il loro diverso aspetto fisico). Direi che, spingendo il senso un po’ più in là, si potrebbe parlare di un (parziale) studio antropologico sugli alieni (tanto più che si parla di possessione). La trama è abbastanza semplice: uomini maturi – e non volutamente donne, come confermato dal regista in sala dopo la proiezione – vendono per un periodo (sei, dieci, venti giorni) il proprio corpo per una possessione di cui non sanno niente. Gli uomini sono generalmente in crisi (psicologica o economica) e devono trascorrere quel periodo in una villa con giardino (bresciana, come ha puntualizzato il regista, come bressicani erano tutti gli attori tranne il protagonista); lo sviluppo della storia è quasi esclusivamente al suo interno: il che favorisce una recitazione da posa, lenta, espressiva, che richiama il teatro e che conferisce uno psicologismo degno di nota, con dei chiaro scuri che non esito avvicinare a quelli di Bergman.
Il film ha vinto il Premio Wonderland – Rai4 TS+FF 2024.
31.10.2024 Teatro Rossetti
After Us, the Flood (Jälkeemme vedenpaisumus), Arto Halonen, Finland 2024, 97’
Cercare di riparare agli errori di una catastrofe climatica causata da una scoperta finita in mano a privati andando indietro nel tempo potrebbe non essere così originale, se non fosse che a ritornare sono quelli che la catastrofe l’hanno causata (due ragazzi) e non fosse che quelli che ritornano lo possono fare solo con la mente (a essere spedito nel passato è infatti la memoria, non il corpo, che si adatta alla vita appena nata). Le scene un po’ buffe che a volte ne sono uscite (una delle due memorie va a finire in un cane…) non fanno perdere l’equilibrio del film e i gesti umani avviluppati dentro i propri sentimenti hanno una notevole carica emotiva oltreché psicologica che non può non coinvolgere lo spettatore.
Il film ha vinto il Premio Méliès d’argent – Lungometraggi TS+FF 2024.
01.11.2024 Teatro Rossetti
Schirkoa: In Lies We Trust, Ishan Shukla, India, France, Germany 2024, 103’
L’originale scelta estetica (un’animazione che si combina con la grafica di un videogioco e con molto altro, come ha spiegato il regista dall’India nel video di presentazione per il festival) non intacca quasi niente sulla fruizione del film, gli dà anzi una sua particolare credibilità. La storia, pur toccando fasi di delirio irrazionale e imprevedibile, mantiene una sua linearità che sorprende e che si solidifica con l’uso di battute e pensieri pregni di significato (con, è vero ma non sempre, non meglio identificate derive mistiche).
La trama parla di due città-nazione, che sono quasi due dimensioni: una, Schirkoa, in cerca della perfezione (regolare, legale, cioè dittatoriale) che, tra l’altro, prevede che le persone indossino un sacchetto in testa, fin dalla nascita (il protagonista, difatti, non s’era mai visto allo specchio senza), e Konthaqa, la città-nazione dove tutto si può, la terra degli dei e delle anomalie (come chiamano a Schirkoa le persone che hanno delle particolari mutazioni), caotica, kitsch, onirica, mistica (quando si arriva a vederla, le immagini che la descrivono sono un eccezionale godimento per gli occhi). Per questo motivo il registra (come riportato sul libretto del festival) afferma che il film in sostanza è una reazione metaforica al mondo in cui vivo al giorno d’oggi, un perenne conflitto tra due dimensioni del nostro mondo.
Di fantascientifico in realtà c’è poco (se non forse – ma solo per me, e scherzosamente – il modo in cui è stato fatto) ma c’è una scena fantasy, che a descriverla sembra poca cosa, che ha colpito nel segno: un’anomalia ha delle ali di farfalla che vengono bruciate in pubblico, a mo’ di esecuzione. La scena, lontana dalla realtà, dà reali fastidi e provoca un’empatia incredibile e inaspettata.
02.11.2024 Teatro Rossetti
U Are the Universe (Ty-Kosmos), Pavlo Ostrikov, Ukraine 2024, 101’
Bellissimo, a dir poco bellissimo.
L’umorismo vagamente ironico e l’umanità – profonda e dai tratti lievemente lirici – rappresentati da Andriy, il protagonista, è lo sguardo che il regista ha voluto dare al film (in sala ha difatti confermato di riconoscersi in Andriy).
Un uomo (un camionista spaziale lo definisce il libretto del festival) ha fatto due anni di viaggio (su quattro che deve fare) per lanciare da Callisto verso Giove delle testate nucleari piene di scorie radioattive terresti e ha iniziato il ritorno. A un certo punto sopravviene una luce insostenibile e il simpatico (poteva essere altrimenti?) Max, il robot di bordo, comunica a Andriy che la Terra è esplosa e che ha poche ore per mettersi al riparo dai detriti dell’esplosione.
Ma finché c’è l’uomo c’è (tra le varie cose, anche la possibilità del) l’amore: il genere umano, che si è praticamente estinto per stupidità, può terminare con un gesto umano, feroce, tenero e tanto profondo da sbalordire. Si piange dentro (e qualcuno anche fuori), perché è, o sembra, tutto inutile.
Evito di soffermarmi su facili ma fruste allegorie con la situazione che attualmente sta vivendo l’Ucraina (si consideri che il film è nato circa sette anni prima, anche se, a detta del regista, con la pandemia e l’invasione si è un po’ modificato) ma non mi esimo dall’offrirne una, secca: la solitudine, la voglia di amare, la disperazione sono universali.
Il film è indimenticabile, semplicemente, e il festival l’ha capito perché ha vinto non uno, non due bensì tre premi: Premio Asteroide TS+FF 2024, Premio del Pubblico The Begin Hotels TS+FF 2024, Premio Event Horizon – INAF TS+FF 2024.
03.11.2024 Teatro Rossetti
Heavens: The Boy and His Robot, Rich Ho, Singapore 2023, 97’
Un classico robottone (esiste una serie animata Netflix per bambini – Mech Cadets – uscita nel 2023 che ha più o meno la stessa trama) che dice poco: dice molto di più il regista in sala quando condivide le sue difficoltà incontrate a realizzare il film (è stato costretto a disegnare lui stesso i robot, a creare la musica, a recitare una parte piccola ma importante, a…), e questa condivisione è già un successo perché lottare per la propria arte, per le cose in cui si credono, vuol dire tanto, vuol dire tutto, proprio come il protagonista (Kai) che riesce a essere un pilota dei Mecha Corps senza averne le caratteristiche ma credendo solamente in se stesso (e facendosi aiutare più o meno indirettamente da chi crede in lui); il che, pur non essendo una novità (si veda ad esempio il protagonista con problemi cardiaci di Gattaca) è pur sempre lodevole.
Appunto
Mai come questa edizione, mi pare, i film di fantascienza sono stati così poco di fantascienza: oramai un virus non fa più fantascienza, come non lo ha mai fatto una storia fantasy. Non è tanto una critica quanto un’osservazione da tener presente per una ricollocazione, per un riposizionamento che possa, forse, essere più comprensivo e abbracci esplicitamente più generi.
Riccardo Redivo