Vaccini e libertà
a cura della redazione
Oltre ogni aspetto ideologico su obbligo o non obbligo vaccinale resta aperta la questione del concetto di cura, che non può prescindere da una valutazione attenta di ogni singolo caso.
Nel corso dell’ultimo anno è tornato alla ribalta il tema delle vaccinazioni pediatriche. L’Istituto Superiore di Sanità e il Ministero hanno ritenuto di rafforzare le azioni vaccinali e il tema dell’obbligatorietà è divenuto centrale. Ne è seguita una corposa campagna – anche mediatica – a sostegno di quella tesi, condivisa e rafforzata dall’opinione favorevole dell’Ordine nazionale dei Medici.
In questo quadro la regione Toscana, in seguito ad alcuni casi di meningite (la cui origine non è stata ancora accertata) interpretati come possibile epidemia, ha deliberato l’obbligo vaccinale per l’accesso alla scuola pubblica. L’Emilia Romagna l’ha seguita a ruota. Il Comune di Trieste si è aggiunto, deliberando l’obbligo vaccinale per l’accesso ai Nidi e alle Scuole d’infanzia.
Fin qui i dati di fatto.
Va tuttavia ricordato che esistono punti di vista ed esperienze diverse sulla questione.
In Europa non c’è un indirizzo unico.
Le vaccinazioni sono obbligatorie in Belgio (solo per la Polio), Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Francia, Grecia, Italia, Lettonia, Malta, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ungheria. Non sono obbligatorie in Austria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Irlanda, Islanda, Lituania, Lussemburgo, Olanda, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Unicef hanno stimato che nel periodo 2010-2015 in Europa si sia registrato un calo della copertura vaccinale complessiva (poco meno del 2%), rispetto al periodo 2012-2013. Ciononostante la copertura vaccinale media in Europa (appena superiore al 93%) rimane al secondo posto mondiale dopo l’Australia (94% circa), sopra al continente americano (91% circa) e molto sopra della media mondiale (86% circa).
Se da un lato l’obbligatorietà delle vaccinazioni è considerata una strategia per migliorare l’adesione ai programmi di immunizzazione, dall’altro appare chiaro che molti dei programmi europei risultino efficaci senza prevedere l’obbligo. Non emergono infatti differenze significative nelle coperture vaccinali tra i paesi che rendono obbligatorie e quelli che raccomandano le vaccinazioni più importanti.
La raccomandazione, al posto dell’obbligo, produce effetti simili. Ma dove, almeno formalmente, l’obbligo non sussiste resta intatta la libertà di scelta individuale, un principio non secondario nella storia della civiltà europea.
Il programma nazionale italiano attuale estende l’offerta vaccinale fino a 13 vaccini (di cui 4 obbligatori: polio, difterite, tetano, epatite B).
Qui si apre una criticità. Infatti ai genitori viene offerto un “pacchetto totale” (trivalente, quadrivalente o esavalente che comprende vaccinazioni obbligatorie e facoltative) ed è molto complicato chiedere di scorporare le vaccinazioni non obbligatorie, riservandosi l’opzione di accettare solo le obbligatorie.
Inoltre le vaccinazioni vengono imposte quando il bambino ha pochi mesi di vita, senza che questo sia giustificato da alcuna ragione evidente.
Si comprende che oggi in Italia la libertà di scelta, per i genitori, è molto ridotta.
Anche in Friuli Venezia Giulia è partita la campagna per il rafforzamento dell’obbligo vaccinale, a fronte di dati che registrano un lieve calo dei vaccinati negli ultimi 6 anni. L’obiettivo è stato dichiarato pubblicamente: va raggiunta la copertura vaccinale indicata dal Ministero (95%). Che succederà al bambino non vaccinato? Non potrà accedere alla scuola pubblica? E forse nemmeno al servizio sanitario pubblico, come accade già, per esempio, in Australia?
È recente il caso del dottor Roberto Gava che ha visto la sua ineccepibile carriera messa a repentaglio per il fatto di aver espresso un’idea critica sul tema. Il dottor Gava è un medico e studioso riconosciuto, ma oggi è alla gogna per avere osato esprimersi criticamente sull’obbligo vaccinale.
Egli afferma:
“Come tutti i farmaci, anche i vaccini hanno indicazioni e controindicazioni: occorre un accurato esame del caso singolo. Nutro qualche perplessità su determinate modalità di somministrazione quantitativa e temporale di certi vaccini pediatrici, specie perché le vaccinazioni obbligatorie sono 4 e invece ne vengono somministrate 7, e in particolare nei casi in cui la somministrazione non è preceduta da un attento esame medico del bambino”.
E ancora:
“Il compito del medico è di spiegare i pro e i contro di ogni trattamento, cioè di informare correttamente. Io credo di avere il dovere di spiegare anche i limiti e i pericoli dei vaccini e tutti i miei pazienti, o coloro che sono venuti ai miei convegni, possono testimoniare che sono molto equilibrato nei miei consigli e che al massimo, nei casi dubbi, consiglio di attendere alcuni mesi prima di vaccinare, in modo che il bambino possa essere immunologicamente più maturo e quindi capace di rispondere meglio allo stimolo vaccinale. In questi casi particolari, però, raccomando sempre ai genitori di curare molto tutti i fattori che possono fortificare il sistema immunitario del bambino”. (fonte Corriere della Sera)
Sembrano affermazioni sensate e molto equilibrate. Non certo fanatiche.
Perchè non sono consentite?
La questione centrale non è ideologica. Obbligo o non obbligo sono questioni che si discostano dal tema della sicurezza sanitaria, cui senz’altro in prima battuta appartengono.
Una campagna potente che mira a imporre l’obbligo vaccinale, vincolandolo all’accesso alla scuola o alla salute pubblica, tocca l’argomento della responsabilità individuale, della libertà di scelta che ciascun genitore ha sul figlio. E ancora non siamo al nocciolo della questione: un genitore medio potrebbe non avere gli strumenti conoscitivi per decidere se vaccinare o meno il figlio. Ma certamente avrà un pediatra e un medico di fiducia a cui rivolgersi e con cui consigliarsi.
Il medico, da Ippocrate in poi, ha sempre svolto un ruolo di tutela della salute, e questa tutela si esercita appieno valutando ogni soggetto nel suo ambito individuale.
Ognuno di noi è diverso, ogni bambino ha il suo quadro biologico e psicologico.
Questa valutazione è centrale, e dovrebbe andare al di là dei diktat e dei protocolli poichè attiene alla responsabilità deontologica di chi ha scelto come mestiere quello di occuparsi della salute di uomini, donne e bambini. E anche al rapporto di fiducia tra famiglia e medico curante.
Eppure le campagne in atto, le prese di posizione di Ordini e istituzioni ci mostrano una situazione contraria, in cui al medico non è più data possibilità di valutare i singoli casi.
Questo ci pare rientri nell’ambito della tutela del diritto alla salute del bambino ma anche dei diritti professionali e civili di un medico. Tutte battaglie che dovrebbero appartenere a qualunque forza si dica progressista e sensibile.
Oggi Roberto Gava è oggetto di probabili provvedimenti disciplinari da parte dell’Ordine dei Medici del Veneto. È in corso una petizione per sostenerlo che nei primi due giorni ha raccolto oltre 2500 adesioni.
La libertà di cura e di espressione dovrebbe essere garantita sempre. Un medico preparato e scrupoloso è anche un libero pensatore. Senza pensiero libero può esserci cura efficace?