Musica, danza, colori, selva, fonte, specchi, spade, funi e altalena, simbolismo stagionale posseggono nella taranta il loro centro di coordinazione e unificazione. […] In generale il simbolo mitico-rituale del tarantismo appare articolato in modo da offrire orizzonte di evocazione, di deflusso e di risoluzione ad alcuni contenuti critici e conflittuali determinati dalla pressione che, nel regime esistenziale dato, esercitava l’ordine sociale dalla prima infanzia sino alla maturità e alla vecchiaia.
– E. De Martino, La terra del rimorso
Partiamo dalla Tarantella del pizzicotto, tratta da Rime per le mani, di Chiara Carminati, Simona Mulazzani e Giovanna Pezzetta. Primo elemento che segnaliamo è proprio il pizzicotto, che simbolicamente va a sostituire il morso della tarantola; attraverso il pizzicotto i bimbi creano un primo contatto tra loro, si cercano ed inseguono per riuscire a pizzicarsi. Abbiamo già raggiunto un piccolo traguardo, perché da questo piccolo imputnasce l’esigenza di imparare a dosare la propria forza: se il pizzicotto diventasse troppo forte, il gioco finirebbe.
Questa canzone, poi, diventa il filo conduttore di tanti elementi: della storia che narra, dell’esperienza ludica che vi si lega, del legame empatico che si instaura nel suonare insieme… ma in particolar modo mette in luce il contributo che può dare la musica nello sviluppo delle capacità coordinative: informazioni sensoriali e ambientali si combinano nell’elaborazione del gesto e del movimento più appropriati per l’esperienza. In questo breve video G ci mostra la capacità di combinazione e accoppiamento, collegando in una struttura unitaria più movimenti tra loro, U invece mette in gioco la fantasia motoria, ossia la capacità di creare nuove forme di movimento per risolvere in modo originale e creativo una difficoltà. Ultima, ma non per importanza, è la capacità di ritmizzazione per cui le azioni di entrambi (G e U) vengono organizzate in rapporto al tempo e allo spazio, dando un ordine al loro movimento.
Ed è proprio l’acquisizione di queste capacità che guida il bambino nella formazione di un corpo sano, ricettivo, attivo ed equilibrato. Un corpo che riesce a rispondere in modo adeguato agli stimoli che gli vengono suggeriti
L’interscambio tra la pulsazione ternaria e quella binaria, tipico del tarantismo, è un gioco che anche la nostra tradizione locale ha adottato : esiste infatti un antico rito, praticato soprattutto nell’area circostante a Palazzolo dello Stella (Friuli), che veniva compiuto per allontanare dai propri campi e dalle proprie dimore gli spiriti cattivi. A tale rito vi era legata una canzone molto conosciuta e anche riadattata da Angelo Branduardi in Ballo in fa diesis minore, ed è Schiarazzola Marazzola. In Viaggio nella notte della Chiesa di Aquileia, i musicologi don Gilberto Pressaco e Raffaella Paluzzano discutono a lungo sul legame fra questo antico rito friulano e il mondo del tarantismo, ed individuano nella figura di San Marco il filo conduttore: egli, infatti, era nato ad Alessandria d’Egitto dove esisteva e praticava una comunità di guaritori, chiamati i Terapeuti, che compivano riti curativi attraverso il suono del tamburo; il percorso che l’evangelista compì per arrivare in Friuli ripercorreva la costa adriatica, suggerendoci un possibile nesso tra le pratiche tarantistiche pugliesi e certe ritualità friulane, così come testimonia la presenza di una particolare comunità di guaritori insediati nei boschi circostanti l’area di Aquileia; questi sono spesso stati ricollegati ai Benandanti, ed erano propulsori di uno stile di vita molto simile a quello dei Terapeuti d’Egitto. Purtroppo queste teorie restano soltanto delle interessanti supposizioni proposte dai due studiosi, ancora non avvalorate da sufficienti testimonianze scritte.
Tornando però al rito di Schiarazzola Marazzola, durante il suo svolgimento i partecipanti, uomini ma soprattutto donne, tenevano in mano rametti di issopo (schiarazule) ed iniziavano a batterli lungo i perimetri dei terreni, i passi della danza scandivano un andamento in realtà binario ma la cui sequenza pare si eseguisse cosi:
[Schia] 1*razu 2*le ma 1*ra 2*zu 3*le la
1*Lusi 2*gne la 1*cra 2*cu 3*le la
1*Piciu 2*le Si 1*ni 2*ciu 3*le di 1*polvar 2*a si 1*ta 2*cu 3*le
L’unica trascrizione musicale nota di questa canzone a ballo (ossia una canzone che si canta mentre si balla) è quella rielaborata da Giorgio Mainerio nel 1578 in Il primo libro de’ balli, per chi fosse interessato all’ascolto può trovare coinvolgente il lavoro svolto da Fabio Accurso e gli Esamble Dramsam e La Pifaresca, reperibile anche su Spotify al seguente link. La storia del testo è invece più intricata: il testo originale che veniva cantato viene citato in lingua italiana in una denuncia del 1624 contro le donne di Palazzolo dello Stella riportata al Tribunale del Sant’Uffizio di Aquileia dal vicario curato; essendo Schiarazzola Marazzola una delle prime fonti musicali riconosciute della tradizione friulana, ad inizi ‘900 il testo italianizzato nella denuncia venne tradotto dalla comunità friulana in lingua friulana trasformandosi così in una filastrocca. Nel prossimo capitolo approfondiremo come le filastrocche giochino spesso sul modello ritmico proposto in questa sessione.
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Agnese Accurso