Nel capitolo precedente abbiamo presentato un modello ritmico molto comune nelle pratiche curative musicali, ma anche importante nello sviluppo della coordinazione necessaria ad apprendere la ripetizione regolare delle pulsazioni. Questo modello essenziale della tarantella e di Schiarazzola Marazzola lo applichiamo ora ad un’altra filastrocca tradizionale, questa volta veneta. La filastrocca in questione si chiama Zucca Barucca, e per rendere l’esperienza più completa in termini sensoriali, abbiamo usato delle vere zucche come tamburi, naturalmente svuotate della polpa e dei semi.
Chi tocca la zucca
Fa zucca Barucca
Che pacca che schiocca!
La zucca si ammacca
1*Tocca la 2*zucca fa
1*zucca Ba 2*rucca, chi [ripetere la frase]
1*Che 2*pac|3*ca 1*che 2*schioc|3*ca
1*La 2*zuc|3*ca 1*si-am|2*mac|3*ca
Le filastrocche sono giocattoli, questo l’insegnamento del grande maestro Gianni Rodari che ci fa approdare nel mondo delle giocatrocche, ossia filastrocche cantate e accompagnate dal battito delle mani. Non è veramente chiara la loro origine, ma sicuramente il terreno di maggiore diffusione e manifestazione è stata la Spagna. In questo caso ci troviamo ad affrontare un elemento ludico-musicale che possiede la stessa forza sociale del tarantismo: Ernesto Di Martino infatti sottolinea in La terra del rimorso, come ci fosse una predominanza di donne tarantolate rispetto agli uomini, che erano invece più spesso i tarantisti, ossia i guaritori; questo perché la cultura del tempo aveva fatto sì che fossero spesso le donne a non poter manifestare espressamente il proprio disagio emotivo-sociale-vitale, e doverlo giustificare piuttosto con un “malessere magico” come il morso di una tarantola. Le giocastrocche allo stesso modo sono da sempre un gioco puramente femminile. Con questo non vogliamo dire che i maschietti non possano partecipare o che non abbiano mai partecipato, ma soltanto che ci siano una serie di aspetti che le legano particolarmente al mondo femminile: i temi delle canzoni ad esempio sono spesso rituali di bellezza (farsi i boccoli o le trecce), faccende domestiche (cucinare o lavare i panni), cotte ed innamoramenti, sogni e desideri.
Alcuni ricercatori all’attivo nelle scuole spagnole hanno tra l’altro messo in luce che le giocastrocche hanno un loro “spazio”: all’interno dell’area circoscritta di un cortile scolastico, sono i perimetri e i margini di questo a diventare i palcoscenici sui quali la magia delle bambine avviene. La libertà di espressione delle donne ha fatto oggi grandi progressi, ma ha alle sue spalle una lunga storia di silenzi imposti: ad esempio per molti secoli e in diverse culture, i personaggi femminili a teatro sono stati interpretati comunque da uomini, e il palcoscenico è stato uno spazio che le donne hanno dovuto duramente conquistare nel tempo e forse sul quale non sono ancora del tutto padrone. Sono le nicchie ad essere gli spazi veramente femminili e infatti è lungo i bordi di quei cortili scolastici e non, che le bambine hanno imparato la fiducia reciproca, apparentemente soltanto attraverso un gioco, che però le vede battere le mani, intrecciare le braccia, fare smorfie divertenti, dimostrando che non stanno solo giocando e cantando, ma si stanno specchiando le une nelle altre, e stanno costruendo il mondo delle confidenze, un castello dei segreti che ha come pareti la collaborazione e l’empatia, e come mobili la storia personale di ogni bambina che ne ha preso parte.
Esistono due modelli di giocastrocca: uno è quello coreografico per imitazione, per cui non è esattamente il ritmo a guidare la canzone, quanto più un’arzigogolata coreografia gestuale, che le partecipanti eseguono a specchio, molto famosa in questo genere è ad esempio Don Don Baby, il cui testo è del tutto non-sense. La nostra giocastrocca preferita però è Miliquituli, un “juego de palmas” della Murcia. Il modello che ci propone questa volta è di coreografia per ripetizione, per cui i gesti delle mani vengono ordinati in un ciclo che si ripete identico fino alla fine della canzone. Si tratta di giochi e canzoni che sopravvivono per trasmissione orale, spesso ricchi di elementi nonsense, per cui ne esistono diverse versioni, noi la conosciamo (come potete sentirenel video del link) per bimbe telesmatike sinfonike melodike, vi citiamo però anche il testo originale in spagnolo.
MI-LI-QUI-TU-LI
miliquituli la potinga la potangala – geometrica estetica poetica – miliquituli la potinga la potangala – para bailar el cha cha cha!
Per concludere questo excursus nelle pratiche musicali popolari, facciamo un breve accenno ad una cultura molto lontana dalla nostra: questa volta però sono le donne adulte a portare avanti un gioco molto simile alle giocastrocche. Nei lunghi periodi di buio le donne inuit si sfidano con versi gutturali, molto simili ai versi delle foche e delle balene, appoggiando le mani dell’una sulle spalle dell’altra. Ancora una volta, ritmo e voce diventano gli elementi essenziali di un gioco di empatia.
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Agnese Accurso