Dopo 21 giorni finalmente Cecilia Sala è stata rilasciata ed è ritornata in Italia.
La giornalista di Chora e il Foglio è tornata libera dopo essere stata arrestata prima di Natale e rinchiusa nella famigerata prigione di Evin a Teheran. Anche se è stata arrestata il 19 dicembre con l’accusa di aver violato le leggi della Repubblica islamica dell’Iran, la notizia del suo fermo è stata comunicata dalla Farnesina solo il 27 dicembre.
Il fermo della giornalista è avvenuto pochi giorni dopo quello di Mohammad Abedini, ingegnere iraniano arrestato a Malpensa su mandato degli Stati Uniti per la presunta fornitura di componenti tecnologici per droni all’Iran. La coincidenza temporale tra i due episodi ha alimentato speculazioni su un possibile collegamento tra gli arresti, una dinamica che, se confermata, getterebbe ulteriore luce sulla complessità dei rapporti tra Teheran, Roma e Washington.
In un contesto politico interno segnato da proteste popolari e da una repressione sempre più brutale da parte del regime, l’arresto di Sala si inserisce in una strategia di pressione e controllo che punta a soffocare ogni forma di dissenso o narrazione non allineata.
Il rilascio di Cecilia Sala rappresenta una vittoria per la diplomazia italiana, ma anche un monito sull’importanza di mantenere alta l’attenzione internazionale sulle violazioni dei diritti umani in Iran. La vicenda di Sala non si chiude con il suo ritorno in Italia: resta da chiarire se dietro il suo arresto ci siano stati motivi politici o un tentativo di ritorsione nei confronti dell’Occidente. Intanto, l’attenzione globale non deve spegnersi: il popolo iraniano e i giornalisti in prima linea meritano solidarietà e supporto.
Giorgia Chiaro