di Andrea Wehrenfennig
Un enorme problema che dipende anche dal nostro comportamento quotidiano
La presenza di rifiuti nei mari e negli oceani ha dimensioni difficilmente immaginabili: milioni di tonnellate, in gran parte costituiti da plastiche (polimeri sintetici).
La produzione mondiale di plastica è in continua crescita e ha raggiunto 322 milioni di tonnellate nel 2015. Si ritiene che il 10% dei rifiuti di plastica finisca in mare. Le plastiche accumulate nei mari si stimano oggi in 100 milioni di tonnellate, con una presenza media di 18.000 frammenti di plastica per ogni km2 dell’oceano. Si valuta che l’80% dei rifiuti marini provenga dalla terraferma (fiumi, scarichi fognari e industriali, abbandono) e il restante 20% da attività umane in mare (navi, pesca, piattaforme). La maggior parte dei rifiuti sprofonda sui fondali, il 15% galleggia in superficie e un altro 15% si deposita sulle spiagge.
I rifiuti plastici che galleggiano vengono trasportati da venti e correnti a grandissime distanze e formano – sopratutto negli oceani – aggregazioni di dimensioni enormi, come l’isola di plastica del Pacifico (Great Pacific Garbage Patch) che ha un’estensione stimata a oltre 700.000 km2.
I tempi di degradazione dei rifiuti galleggianti sono molto diversificati, ma tutti più lunghi di quanto pensiamo: qualche settimana per un tovagliolo di carta, 6 settimane per un quotidiano, 2 mesi per un torsolo di mela, da 1 a 5 anni per un mozzicone di sigaretta, da 10 a 20 anni per una busta di plastica, 50 anni per un bicchiere di polistirolo, 200 anni per una lattina d’alluminio, 450 anni per un pannolino usa e getta.
Un’altra fonte è costituita dalle microfibre, che formano i tessuti e gli abiti di poliestere e pile. Ad ogni lavaggio un indumento di pile perde circa 1900 microfibre.
Anche le microsfere di polietilene contenute nei cosmetici per il peeling vanno a finire negli scarichi e poi in mare.
Nelle varie plastiche, e nei frammenti e nelle microplastiche che ne derivano, sono contenute sostanze estremamente pericolose per la salute e l’ambiente. Ci sono gli additivi plastificanti, come gli ftalati, sostanze tossiche per la riproduzione; gli inquinanti organici persistenti (POP) come il DDT, i policlorobifenili (PCB, tossici e cancerogeni), l’esaclorocicloesano (HCH, tossico), e il bisfenolo A (BPA), che è un interferente endocrino.
Molti animali marini (uccelli, pesci, tartarughe, mammiferi marini) confondono i frammenti di plastica con il cibo, li ingeriscono e spesso muoiono per soffocamento, lacerazioni interne etc. Gli organismi che si nutrono di plancton ingeriscono le microplastiche, che entrano nella catena alimentare, fino ad arrivare all’uomo. Anche le reti da pesca abbandonate costituiscono una trappola mortale.
Per incidere su questo difficile problema, sono necessari – ma non sufficienti – i programmi internazionali e governativi di censimento e raccolta dei rifiuti marini.
Anche le associazioni e i cittadini possono attivarsi per la pulizia delle spiagge, con la campagna internazionale “Beach litter”, sostenuta in Italia da Legambiente. I volontari del Circolo di Trieste hanno effettuato nel 2015 e 2016 il censimento dei rifiuti sulla spiaggia di Canovella de’ Zoppoli/Pri čupah: il 97% dei rifiuti è risultato composto da plastica, in maggioranza frammenti di reticelle (calze) per la mitilicoltura.
Essenziale è ridurre a zero i rifiuti rilasciati nell’ambiente, obiettivo della stessa UE attraverso un ambizioso programma di promozione dell’economia circolare, basata sul riuso, la riparabilità e riciclabilità dei prodotti.
Un settore che dipende molto dai comportamenti individuali è quello degli imballaggi, che costituiscono il 17% circa dei rifiuti marini. Qui si tratta di combattere la tendenza dell’industria e del commercio a moltiplicare gli imballaggi inutili e non riciclabili, usando la nostra arma più potente: la scelta di cosa, come e dove acquistare quello che ci serve.
Per approfondire
“Out to Sea? The Plastic Garbage Project” fino al 17 aprile
si tratta di una mostra sui rifiuti in mare, prodotta dal Museum für Gestaltung di Zurigo, con didascalie in inglese e sloveno, è molto valida dal punto di vista scientifico e didattico.
MAO (Muzej za Arhitekturo in Oblikovanje)
da martedì a domenica dalle 10 alle 18, lunedì chiuso
Pot na Fužine 2
Ljubljana