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Le crisi della Corea del Sud e della Georgia

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Le ultime settimane hanno visto il mondo scosso da diverse notizie: la caduta del governo in Francia, il cessate il fuoco a Gaza, le elezioni in Romania, e, due crisi politiche di impatto globale, in Georgia e Corea del Sud, che, pur sviluppandosi in contesti diversi, hanno messo alla prova l’idea stessa della democrazia moderna. 

Entrambi i Paesi sono stati attraversati da proteste di massa.

In Georgia il governo ha cercato di approvare una legge che ci sembra di aver già visto in altre supposte democrazie. Tale legge avrebbe obbligato le organizzazioni non governative e i media che ricevono più del 20% dei loro finanziamenti dall’estero a registrarsi come “agenti stranieri.” Una norma che ricorda quanto accaduto in altri Paesi vicini alla Russia e nella stessa Russia, e ha attivato critiche immediate e manifestazioni tra la popolazione; sono scoppiate proteste in tutto il Paese, dove i cittadini georgiani che hanno manifestato il loro dissenso, con culmine nella capitale Tbilisi nella quale migliaia di persone sono scese in piazza sventolando bandiere dell’Unione Europea e chiedendo a gran voce il ritiro della legge, vista come un passo indietro nel cammino verso una maggiore integrazione europea. 

La risposta delle autorità è stata dura, con lacrimogeni e cannoni ad acqua, ma il governo ha dovuto fare un passo indietro, di fronte al malcontento generale della popolazione. Nonostante questa vittoria, il dibattito ha messo in evidenza una profonda spaccatura nel Paese, simile a quella di altre ex repubbliche sovietiche, tra chi sostiene un avvicinamento all’UE e chi teme le conseguenze di un allontanamento dalla sfera d’influenza russa.

In Corea del Sud, la situazione è stata altrettanto tesa, ma di natura diversa. Il 3 dicembre 2024, il presidente Yoon Suk Yeol ha dichiarato la legge marziale, giustificandosi con una presunta minaccia comunista per il Paese; questa decisione ha evocato i ricordi delle dittature militari di quarant’anni fa, suscitando una forte opposizione sia all’interno del Parlamento che nella popolazione. L’Assemblea Nazionale, dimostrano una inconsueta unanimità, ha rapidamente votato per annullare la legge marziale, costringendo il presidente a ritirare il provvedimento. Si pensa che Yoon abbia tentato un colpo di stato, sventato per fortuna dall’Assemblea in 72 ore. Anche qui non sono mancate le proteste popolari, con decine di migliaia di persone che si sono mobilitate in tutto il Paese, rifiutando questa minaccia autoritaria, anche legata all’esempio estremo della vicina Corea del Nord. La crisi istituzionale è stata superata, ma è evidente che questi eventi abbiano lasciato il segno in una società già divisa e sollevato dubbi sul futuro della leadership del presidente Yoon.

Dietro questi eventi emergono cause comuni che affondano le radici in dinamiche economiche, politiche e geopolitiche. In Georgia, la difficile eredità del passato sovietico continua a influenzare il panorama politico, mentre la pressione russa si fa sentire nei tentativi di dissuadere il Paese dall’avvicinarsi ulteriormente all’Unione Europea. In Corea del Sud, invece, benché la democrazia si sia consolidata negli ultimi decenni, rimane fragile di fronte alle tensioni regionali con la Corea del Nord e alle sfide di un mercato del lavoro caratterizzato da forti disparità tra i conglomerati industriali e le piccole imprese.

Questi episodi sottolineano la necessità di azioni concrete per ricostruire la fiducia nelle istituzioni e affrontare le sfide economiche e geopolitiche. Solo un impegno collettivo e sostenuto potrà garantire una stabilità duratura e prevenire il riemergere di nuove tensioni.

Giorgia Chiaro

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