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Morte di un presidente. L’Iran dopo Ibrahim Raisi
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Morte di un presidente. L’Iran dopo Ibrahim Raisi

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Il presidente iraniano Ibrahim Raisi, morto ieri in un incidente aereo nella provincia nordoccidentale del paese, è stato uno degli uomini di punta della Repubblica Islamica d’Iran fin dalla sua fondazione (1979).

Nato nella città santa di Mashhad, aveva fatto studi religiosi a Qom e aderito alla rivoluzione khomeinista che aveva detronizzato l’ultimo shah Pahlavi, distinguendosi da subito per ambizione ed efferatezza. Infatti, già dal 1980 si era guadagnato il soprannome di “macellaio” per le centinaia di persone che aveva condannato a morte in processi farsa funzionali a liberare il paese dagli oppositori, molti dei quali facevano parte, o semplicemente simpatizzavano, per il partito comunista Tudeh. Anche dopo la morte di Khomeini e la designazione dell’ayatollah Ali Khamenei a Guida Suprema del paese, la sua carriera aveva continuato a brillare fino a meritarsi una posizione di peso politico ed economico: la presidenza della “Pia fondazione dell’imam Reza” a Mashhad, sua città natale. Se nominalmente una pia fondazione dovrebbe occuparsi di opere di bene, nella realtà iraniana le cose vanno diversamente. Infatti, la pia fondazione di cui era a capo Raisi fa affari, possiede fabbriche e tutta una serie di attività molto redditizie che danno lavoro a quasi ventimila persone, assicurando così un ottimo bacino elettorale. Poi, nel 2019 era stato promosso a Capo della Giustizia del paese, facendo ricordare da subito di che pasta fosse fatto, emettendo come suo primo provvedimento una sentenza che condannava a 38 anni di carcere e 148 frustate l’attivista per i diritti umani Nasrin Soutudeh. Infine, nel 2021 era riuscito a vincere le elezioni presidenziali, caratterizzate dalla sostanziale presenza di un solo candidato, Raisi appunto, e dalla minor partecipazione al voto mai registrata nel paese.

In Iran chi governa veramente è la Guida Suprema e non il presidente i cui poteri sono abbastanza limitati: ha competenza in materia economica, firma i trattati internazionali, designa gli ambasciatori, e poco altro. Certo è che sotto la presidenza di Raisi la polizia morale è tornata pesantemente nelle strade. Basti solo ricordare una data: il 16 settembre del 2022, giorno in cui la giovane Jina Mahsa Amini venne arrestata perché indossava “male” il velo – obbligatorio per tutte le donne – e condotta in un posto di polizia da cui uscì cadavere.
Dovranno passare 50 giorni perché ci siano delle nuove elezioni presidenziali. Come da consuetudine i candidati saranno valutati dal Consiglio dei Guardiani e sarà interessante vedere se a questa tornata saranno ammessi anche dei candidati moderati o si proseguirà nel solco degli ultraconservatori. Ma per il paese la vera partita si giocherà più avanti, quando morirà la Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei. Ibrahim Raisi era infatti il delfino di Khamenei, quasi certamente sarebbe stato lui la futura Guida Suprema e la sua improvvisa scomparsa sta già aprendo importanti manovre di palazzo.

Cristina Rovere

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