In occasione dell’imminente Pasqua, il cioccolato si prepara a tornare prepotentemente sulle nostre tavole nella sua forma più affascinante: l’uovo pasquale.
Il nostro atteggiamento nei suoi confronti rimane ambiguo: ne compriamo e ne consumiamo grosse quantità – prova ne è che l’industria del cacao non conosce crisi perché il mercato è sempre in crescita – ma raramente lo mangiamo in pubblico. Preferiamo invece consumarlo da soli, tenendolo nascosto nelle profondità dei cassetti e delle antine, dietro a tutto il resto.
Perché un comportamento del genere, che appare quasi come un gesto di colpevolezza?
Le ragioni sono soprattutto psicologiche: il cioccolato mantiene ancora oggi un qualcosa di proibito, come da bambini in quando ci veniva detto di non mangiarlo; in più, il piacere che dà mentre lo si gusta è qualcosa di intimo che difficilmente viene condiviso con altri.
Infine, da qualche parte dentro di noi, sappiamo che non fa bene alla salute e che dovremmo limitarlo.
Soffermiamoci un attimo su quest’ultimo aspetto: siamo proprio sicuri che il cioccolato sia immorale?
La ricerca scientifica è discordante: alcuni sostengono che abbia benefici importanti per la salute, grazie ai flavonoidi che sono potenti antiossidanti con funzione protettiva nei confronti del cancro, dell’invecchiamento, dell’Alzheimer, delle malattie da stress e dei processi infiammatori. Inoltre, la teobromina e la feniletilamina hanno un effetto positivo sulla concentrazione mentale e sulla protezione psico-fisica a livello cardiovascolare e muscolare. Pare che agisca nel migliorare la resistenza e la sensibilità all’insulina, nel ridurre il colesterolo, nel diminuire la pressione sistolica media, il rischio di potassio, di ferro, di calcio e di fosforo, ed infine, grazie alla feniletilamina, un oppiaceo naturale che il cervello produce quando ci innamoriamo, il cioccolato regala sensazioni di felicità e appagamento.
Possiamo quindi domandarci, come fece il naturalista svedese Carl von Linné (1707-78), il cacao Theobroma, cioè “cibo degli dèi”?
Innanzitutto, non tutti i tipi di cioccolato sono uguali. In commercio ne esistono molte varietà differenti per gusto e forma. Inoltre una recente norma europea permette di chiamare cioccolato anche prodotti a base di burro di cacao, ma con grassi idrogenati di scarsa qualità (e quindi più economici). Comunque, anche i buoni tipi di cacao, a grossa contenuto nei semi, ha una percentuale altissima di grassi saturi e quindi, diversamente da quanto indicato dalle prime ricerche scientifiche, altri (i polinsaturi) che costituiscono tipi di grassi sono molto più difficili da digerire.
In aggiunta, la sua presenza calorica è altissima: 100 g di cioccolato passano le 500 alle 550 calorie (solito pane integrale arriva a 355 calorie). Solo per avere un’idea, un quadratino di cioccolato equivale a 1 mela come calorie!
Altro ingrediente scomodo è lo zucchero, usato in così grandi quantità da risultare spesso il primo ingrediente delle tavolette (soprattutto di quelle al latte). Quindi, di nuovo: è dubbio il beneficio visto prima in termini di insulina. Semmai, risulta piuttosto come rischio aumentato di diabete. Attenzione a quello cioccolato dichiarato “senza zuccheri” che in realtà contiene edulcoranti artificiali ben più dannosi.
Dubbio per la salute sorgono anche per la presenza di aromi non specificati “strani” (spesso quello di vaniglia), tutte sostanze chimiche ancora non studiate adeguatamente.
Infine, è importante sottolineare che la questione stato solido, la caffeina, la teobromina, la sostanza di la feniletilamina, così osannata dalla ricerca medica, non è realtà degli scaffali, ossia di quello che si percepisce, anche se leggere e questo spiega perché una volta iniziato il consumo di cioccolato, sia così difficile smettere. Il cervello si adatta ad esso e smette di produrlo in proprio, diventando così dipendente.
Per questa ragione già diversi ricercatori consigliano di non dare cioccolato ai bambini entro i 2-3 anni.
Per di più, non dimentichiamo che molte ricerche recenti sono sempre commissionate dalle industrie di cioccolato, molte delle quali sono multinazionali dal fatturato superiore al prodotto interno lordo italiano…
Quindi, come orientarsi in questa giungla di informazioni contraddittorie? Con la prudenza e la moderazione, consumando basse quantità di cioccolato, di ottima qualità, come quello artigianale, equosolidale, biologico e proveniente da filiera garantita.
La cioccolata di migliore qualità è rappresentata dal 70-80% di puro, mentre tutte le altre, fondenti, cioccolatini, ecc., sono da considerare come cioccolato di pessima qualità.
A Pasqua, permettiamoci un buon uovo di qualità!
Nadia e Giacomo Bo www.ricerchedilvital.it
Tratto da Konrad n. 134 di Marzo 2008
