Il 26 ottobre 2009 il “Sole 24 Ore” ha pubblicato il rapporto sull’ecosistema urbano, nel quale buona parte viene dedicata al trasporto urbano. Il responsabile per le aree urbane di Legambiente Alberto Fiorillo sostiene che l’Italia è un Paese immobile sulla strada della mobilità. Citando il grande architetto Le Corbusier, che affermava “La strada è morta”, Fiorillo osserva che ad ucciderla sono stati la crescita indisciplinata della città, l’espansione edilizia informe che si è mangiata gli spazi liberi e ha svuotato la strada – la piazza – delle persone e della funzione sociale di spazio di aggregazione. La strada, continua Fiorillo, è morta e sepolta sotto un continuo smottamento di automobili, un ingarbugliato nodo urbano che quasi nessun sindaco è riuscito a sciogliere. E se guardiamo alle statistiche del rapporto, risulta che la città più virtuosa in tema di ambiente, che riguarda anche lo spazio riservato ai pedoni, è la piccola Verbania. All’ultimo posto, per traffico e rifiuti, Catania, che attende il completamento della metropolitana, mentre in alcuni casi gli autobus registrano ritardi alle fermate anche più di un’ora e mezza.
Altro punto dolente: la densità automobilistica nelle città. In media 64 veicoli ogni 100 abitanti: il doppio rispetto a capitali come Londra Parigi e Berlino. In testa Aosta con la bellezza di 208 automobili ogni 100 abitanti. L’abnorme numero di auto ad Aosta sembra si possa spiegare con le agevolazioni fiscali di cui gode la Val D’Aosta. Il territorio più virtuoso e quello di Venezia per ragioni intuitive (ma si dovrebbe calcolare quanti mezzi a motore infestano le acque del Canal Grande). Per il trasporto pubblico locale, sempre al di sotto delle legittime aspettative, tra le metropoli primeggia Roma, con 537 passeggeri trasportati all’anno per abitante. In genere, ricorda il rapporto di Legambiente, più le città sono grandi, maggiore è il ricorso al mezzo pubblico, con l’eccezione della piccola e virtuosa Siena.
Ma nella competizione fra la rotaia e la strada, fra tram e metropolitane e bus, c’è chi come la giornalista Valentina Conte, sulla “Repubblica” del 4 settembre 2008, ci spiega come sarà il bus del futuro, pulito, hi-tech e veloce. Non più, dice la Conte, bestioni persi nel traffico, sporchi, affollati, mai puntuali. E con i cittadini costretti a prendere gli autobus come si prendono le medicine indigeste e obbligatorie. Ora nei prossimi anni avremo mezzi da favola silenziosi e sopratutto belli da vedere e poco inquinanti.
A finanziare l’iniziativa è proprio Bruxelles, con uno stanziamento di 26 milioni di Euro messi a disposizione dell’Associazione internazionale del trasporto pubblico (Uitp) che rappresenta 3.100 aziende, industrie e operatori della mobilità in tutto il mondo e alla quale spetta il compito di coordinare la ricerca e la costruzione dei prototipi di bus.
Ma come sarà l’autobus del futuro? Il direttore del progetto Umberto Guida afferma che il nuovo mezzo consumerà di meno (fino al 25%), avrà più passeggeri (15% in più) e sarà più veloce (dai 15 ai 18 chilometri per ora). E ancora: porte larghe e livellate ai marciapiedi per facilitare i passeggeri.
Vetture di grandi dimensioni e luminose, ampia cabina guida, schermi per le informazioni. E poi altre meraviglie che non so se sia lecito sognare, come, ad esempio, la guida ottica, che consente al bus di guidarsi quasi da solo grazie al sensore che dialoga con i punti direzionali collocati in strada. O come il semaforo intelligente, che diventa verde quando l’autobus si avvicina. E ancora: i freni intelligenti che non sprecano l’energie del bus fermo e la passano a una batteria a idrogeno, utile per la ripartenza. Ultima parte del sogno (e poi mi risveglio invitandovi a fare altrettanto): tempi e ritardi del bus via sms e poi, per finire, modularità dei bus, costruiti in modo componibile, di Lego da mischiare e combinare. Insomma, afferma il direttore del progetto, un “serpentone innocuo, da strizzare o allungare quando serve”.
Di tutte queste belle e avveniristiche informazioni, lascio l’intera responsabilità ai loro autori.
Sergio Franco
tratto da Konrad n.153 di febbraio 2010