Cavalli di Pietro Grossi – da Pugni
Due fratelli, Natan e Daniel, due cavalli, regalati loro dal padre. Un contesto non precisato, forse la Maremma, forse anni diversi dai nostri. Non è importante. C’è la campagna, il suo lavoro, la sua fatica, e c’è la città, con le sue luci, le sue ragazze, i negozi. Dualismo, certo, perché la storia viene impostata fin da subito sulle opposte direzioni che la vita offre: due fratelli, due caratteri, due cavalli. E due strade, poiché «Fu subito chiaro a tutti che i cavalli avrebbero portato i due fratelli in luoghi diversi».
Rispetto alle esplosioni stilistiche di Boxe il primo dei tre racconti di quella meraviglia letteraria che è Pugni di Pietro Grossi, Cavalli ha un registro apparentemente più dimesso, indolente. Magicamente funzionale, però, al racconto di una vicenda in odore di ballata, con tanto di notti a fumare sotto le stelle, recinti, praterie, cavalcate. Tutto molto trattenuto, ma di una misura compositiva sbalorditiva. I commenti dei due fratelli, per dire, a conclusione del primo capitolo, dopo che il padre ha imposto loro i due cavalli.
«Non sono male» disse Daniel.
«Fanculo» disse ancora Natan.
I dubbi e le prospettive di Daniel si contrappongono, come per tutte le prime pagine, alle imprecazioni e alle reticenze di Natan. Ma senza mai calcare la mano, sempre utilizzando mezze righe, battute velocissime. E la capacità di rendere, in quella brevità, due caratteri, senza doverli spiegare. Talento, insomma.
Il fuoco del racconto è su Daniel, quello che viene presentato come il più remissivo dei fratelli, quello che si sporca le mani, quello che rimane a casa mentre l’altro, Natan, preferisce andare a scoprire il mondo in groppa al suo cavallo.
Si potrebbe dire, ragionando per archetipi, che Daniel sia il saggio e Natan lo scapestrato, eppure Grossi possiede quella maestria che gli permette di vestire tali archetipi con la pienezza di personaggi veri. Con scene e situazioni sempre misurate e controllatissime. Quella dei nomi, per esempio. Daniel chiamerà Baio il suo cavallo, per il semplice fatto che il suo pelo è di quella tonalità, così come chiamerà Primo affare la cavalla che guarirà e rivaluterà salvandola dal macello, perché si è effettivamente trattato del primo affare che ha concluso in vita sua. Non aggiunge altro, Grossi, ben sapendo che con questo ha già mostrato (show, don’t tell dice uno dei precetti della scrittura) la saggezza di Daniel, che sa chiamare le cose col loro nome, distinguere la realtà, dare il giusto valore alle situazioni.
Eppure, come detto, la bellezza di tutto l’impianto narrativo di Grossi sta nei contrasti, nella modalità delle caratterizzazioni. La soggettiva del racconto è principalmente su Daniel, ma questi acquista spessore principalmente in ragione della (apparente) marginalità di Natan, il fratello ribelle. Allo stesso modo in cui quest’ultimo, sfocato e in secondo piano, trova il proprio spessore proprio nel rapporto con la presenza ben più materica di Daniel. È da questo contrasto di piani che viene creata la “pasta” dei caratteri. E dell’azione. Così, quando Natan torna dai suoi giri in città, la sua evanescenza nel parlare di tanta gente, tanti locali, tante esperienze ma sempre rimanendo vago (una vita più osservata che vissuta), dà contrasto a quella di Daniel, che a ogni incontro ha invece qualcosa da raccontare, da mostrare: un cavallo nuovo, un’esperienza clandestina. O una ferita sul volto, un segno che da solo racconta di una vita, una vita da uomo. A tal proposito Natan chiede spiegazioni e già si appresta ad andare a vendicare il fratello, ma le parole di Daniel lo bloccano. «Non è la tua storia » dice Daniel. E così, in una semplice battuta, Grossi condensa un intero mondo di significati. Perché è vero. La sua storia, Natan deve ancora scriversela, allo stesso modo in cui ognuno può scrivere solo la propria.
Inutile dire, a questo punto, che Grossi è uno dei più bei talenti che girano in Italia. E questo al di là di giudizi personali o gusti. È vero, qualche volta si è perso, negli anni, ma tornare a questo suo esordio è riconciliarsi con la letteratura.
Ivan Zampar
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In Copertina: Foto di Fabio Gon, Caratteri
Il Libro: Pietro Grossi: Cavalli tratto da Pugni – Sellerio editore Palermo, collana La rosa dei venti, 2009, nota iniziale a cura dell’editore, 216 pagg.