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ReThinkable Festival 2025 – Quando l’indipendenza diventa interdipendenza

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Dal 24 al 26 ottobre 2025 si è tenuta la quarta edizione di ReThinkable Festival, un appuntamento che negli anni si è proposto come un’occasione per chi vuole confrontarsi sul modo in cui viviamo, produciamo, consumiamo e cooperiamo.

Quest’anno, le città di Gorizia e Nova Gorica hanno accolto un’edizione dal titolo(In)dependency(ies)”: indipendenze e interdipendenze, in una curiosa ambiguità che racconta la complessità dei temi che il festival si propone di trattare.

Ho passato due giorni al festival e ora vi racconto la mia esperienza: tra laboratori, fiere dell’economia solidale, talk, mostre e una sagra, ReThinkable ha offerto tre giorni intensi per riflettere e sperimentare un nuovo modo di stare insieme.

Se ancora non lo aveste conosciuto, ReThinkable è un festival che si tiene ormai da quattro anni a Gorizia ma si propone come qualcosa di più complesso: è una piattaforma permanente di ricerca e azione nata e cresciuta al confine tra Italia e Slovenia. L’evento è stato possibile grazie a CVCS (Centro Volontari Cooperazione allo Sviluppo) di Gorizia, lead partner del festival, ed è partner di ProDES FVG, delle Università di Udine, di Trieste e di Nova Gorica, dell’unità scientifica ZRC SAZU (Nova Gorica), ed è stato finanziato dal bando regionale FVG.
Il progetto unisce istituzioni, associazioni e cittadini in una rete che attraversa il territorio e lo ripensa come laboratorio transfrontaliero di innovazione sociale, culturale ed ecologica.

La parola chiave di questa edizione, “(In)dependency(ies)”, è stata esplorata in tutte le sue sfumature. Indipendenza significa autonomia, libertà di scelta, autodeterminazione; ma anche rischio di isolamento, di chiusura, di autosufficienza illusoria. Interdipendenza come riconoscimento del legame che ci unisce – tra persone, comunità, ecosistemi– e come condizione necessaria per la sopravvivenza collettiva. Nel contesto di Gorizia–Nova Gorica, due città segnate da storia e confini, il festival trasforma il confine in opportunità: uno spazio di interdipendenza e incontro tra culture, lingue ed economie, dove sperimentare modelli di cooperazione capaci di unire esperienze locali e visioni globali.

RT ha articolato il tema attraverso tre percorsi comunicativi che si sono intrecciati durante le giornate: muovere il corpo, il movimento consapevole e la cura del sé come base della relazione con l’altro; muovere la mente, con talk, conferenze e tavole rotonde; muovere lo spirito, con momenti artistici e culturali, mostre, performance e laboratori.

Il concetto di indipendenza/dipendenza ha attraversato tutti i linguaggi, con un messaggio che ne deriva chiaro: essere indipendenti non significa chiudersi, ma saper agire dentro relazioni di reciprocità e cura.

I panel e gli eventi organizzati si sono intrecciati tra loro, affrontando temi diversi ma dell’interdipendenza connessi, tutti promossi da realtà locali: la lana e la sua filiera in Slovenia, la seta e la sua storia nel territorio regionale, il cibo nelle pratiche di cooperazione locale, a strumenti di educazione economica. Ogni esperienza del festival ha raccontato un frammento della stessa storia: quella di una sostenibilità vissuta, non solo discussa.

Le tematiche trattate sono state molte, e ogni giornata del festival si è aperta con il movimento come accennavo più su – un modo per ricordare che l’interdipendenza si manifesta anche nella fisicità del corpo, nel vivere assieme una lezione di danza o di yoga. 

Ci sono stati anche tre momenti artistici in queste giornate di festival; Almanacco delle atmosfere di cambiamento di Sybille Neumeyer ha trasformato l’almanacco del contadino in uno strumento multimediale per lo scambio di conoscenze e riflessioni sulla crisi climatica, con opere presentate in prestigiosi spazi internazionali. Il Quarto Bozzolo e il futuro più-che-umano, ospitato in collaborazione con Pixxelpoint Festival e BIEN 2025, ha proposto un dialogo tra pratiche tessili, arte speculativa e futuri più-che-umani, aprendo con il talk “Seta a buon mercato” di Mateja Fajt e presentando opere di Lavoslava Benčić, Žiga Pavlovič, Marielle MacLeman, Mateja Fajt e Katarina Ekart. Infine, la video-opera Europa (2025) di Jatun Risba e Franco G. Livera ha offerto un’intensa riflessione collettiva sui traumi e sulla guarigione, trasformando esperienze personali e miti in atti di cura.

L’ultimo giorno ha avuto come chiave tematica quella del cibo, sviluppata come un vero percorso narrativo: è iniziato con una tavola rotonda, è proseguito con un workshop e un laboratorio di cucina del riuso in chiave vegana, ed è terminato con una sagra, un momento di unione e convivialità. Sarebbe stato interessante vedere questa chiave di lettura anche negli altri giorni, perché ha dato coerenza e continuità al racconto complessivo.

Tra i momenti più interessanti del festival, spiccano i laboratori di educazione finanziaria: Elena Mariuz ha presentato metodi pratici di gestione finanziaria familiare come strumenti di autonomia e dignità, mentre l’influencer @pecuniami (Aminata Gabriella Fall) ha parlato del tema “dal risparmio all’investimento”, offrendo un approccio creativo e inclusivo all’educazione finanziaria. E infine Anna Fasano di Banca Etica ha mostrato come la finanza cooperativa ed etica possa diventare uno strumento di trasformazione sociale. 

Sul fronte del cibo molto affascinante il percorso Dal Campo alla Tavola ha esplorato le filiere alimentari locali, mettendo a confronto esperienze di gruppi di acquisto solidale, orticoltura urbana, comunità agricole e ricerca universitaria. Confronti che hanno approfondito pratiche di consumo consapevole, cooperazione tra cittadini e produttori, e valorizzazione di iniziative locali come il Patto della Farina, GAS Il Ponte, le Comunità a Supporto dell’Agricoltura (CSA) di Alberto Marconato, la Fattoria Sociale Semiole di Cristiano Seminole e gli orti urbani di Ugorà a Trieste, tracciando un percorso che va dall’empowerment individuale all’azione collettiva e alla costruzione di nuovi modelli di sostenibilità.

Tutti gli interventi, comunque, sono stati ricchi e stimolanti, anche se una nota di merito va alla seconda giornata: tra tutti gli speaker, solo una voce maschile quando in genere sono quelle predominanti. Bello, e molto apprezzato da chi scrive questo articolo soprattutto quando non bisogna includere le “quote rosa” ma questa cosa nasce in maniera spontanea come in questo caso.

Tra sabato e domenica si è svolta in contemporanea agli eventi la Fiera delle Economie Trasformative, nata per riunire artigiani, cooperative, associazioni e comunità. Tra gli eventi più partecipati spiccavano lo Swap Party organizzato da Benkadì e GoGas Tartaruga, che ha promosso il riuso consapevole attraverso uno scambio di vestiti e oggetti e il Repair Café del MUSE di Trento, dove riparare insieme è diventato un atto ecologico e sociale.

A coronare la giornata di conclusione di ReThinkable — e come epilogo dell’intero festival — una sagra, per la prima volta parte integrante del programma, ha trasformato la riflessione teorica in esperienza concreta: tavolate condivise, piatti locali ma anche i risultati del laboratorio di cucina del pomeriggio, vino, poesia e voglia di stare insieme. A chiudere ufficialmente il festival, una lettura di poesie (sotto la pioggia), curata dal poeta e scrittore triestino Riccardo Redivo (nonché direttore di questa rivista), con la partecipazione di Cristina Micelli e Ivan Crico. I poeti hanno letto nella lingua (o dialetto) di loro scelta con testi stampati e accessibili in tutte e tre le lingue del festival, nello stile inclusivo di ReThinkable.

Come ha ricordato una delle relatrici, «la vera autonomia nasce dal riconoscere che abbiamo bisogno gli uni degli altri»: il festival si è così trasformato in un intreccio vivo di esperienza e pensiero, dove la pratica è diventata riflessione condivisa. Peccato solo per la poca affluenza! Nonostante ciò, l’obiettivo si può dire raggiunto: ogni attività ha contribuito a ridefinire l’indipendenza come collaborazione attiva e Rethinkable 2025 ha mostrato che la sostenibilità nasce dalle relazioni. Forse è proprio da qui che comincia il cambiamento.

Giorgia Chiaro

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