Cerimonia d’apertura del TRIESTE FILM FESTIVAL TRENTAQUATTRESIMA EDIZIONE – 2023
– I parte –
L’estate è finita – Appunti su Furio, di Laura Samani (Italia), 2023
Durante la cerimonia d’apertura svoltasi al Politeama Rossetti di Trieste, il 24 gennaio, è stato assegnato il premio Miglior film della critica SNCCI 2022 al cortometraggio L’estate è finita – Appunti su Furio, di Laura Samani.
La regista così riassume la sua opera: «Il film è il racconto di un amore estivo immaginario tramite l’utilizzo di pellicole amatoriali. È il risultato di un lavoro collettivo di donazione, raccolta, digitalizzazione, riscoperta e attualizzazione della memoria visiva, sociale, storica, emotiva del secolo scorso.»
Era la prima volta che vedevo l’idea concretizzarsi in un film e in maniera decisamente riuscita, un’idea piuttosto originale anche se già realizzata in passato: secoli fa esisteva già il centone, che il Dizionario Hoepli definisce «Componimento in prosa o in poesia risultante dalla combinazione di brani, frasi, versi o emistichi di un autore famoso, che assumono un senso diverso dall’originale.» (DIzionario Italiano Hoepli) ed era usato sin dall’antichità greca (soprattutto “saccheggiando” Omero) e latina (Virgilio).
Mutatis mutandis, il cortometraggio proiettato al Trieste Film Festival L’estate è finita – Appunti su Furio fa parte di un centone che potrei definire audiovisivo o filmico ed è ovviamente un’espressione artistica della nostra contemporaneità; inoltre, come quegli antichi, gioca con il passato. Qui però c’è in aggiunta un ammiccamento, un sottinteso implicito, alle mutazioni dei supporti tecnologici che rimandano, assieme alle immagini in movimento che hanno immortalato, a una vita se non lontana, sicuramente diversa (cosa che gli antichi versi riutilizzati e riadattati non potevano fare, non in questo modo, perché il loro uso era prettamente artistico e letterario).

Ma che cos’è questo film? È un cortometraggio (short film) che usa lacerti, spezzoni di vecchi filmati del Novecento (direi della parte finale del secolo) girati nella nostra regione (FVG) montandoli in modo da creare un monstrum che, legato da una sceneggiatura coerente, diventa film sprigionando un senso unico a diversi livelli emotivi.

Il senso unico è la storia di un amore che nasce bene, nelle radici dell’infanzia, per poi sbocciare bello e infine male appassire in età matura o, meglio, con la maturità. Però, la fatalità del destino si moltiplica in quanto gli spezzoni montati, assemblati, sprigionano anche il loro senso originale, quasi un fantasma in filigrana all’interno dell’opera: i ricordi e la volontà che sta a monte di volerli salvare su carta, pardon, su pellicola. Perché i ricordi sono le registrazioni, i filmati amatoriali che, tranne in alcune poche scene (una tra tutte: un passaggio tra l’alto mais, in mezzo a una foresta di pannocchie e foglie secche) divengono pallide esistenze o azioni dietro a un senso più grande, che le forza per dirsi, per essere cioè la trama nuova che ha strumentalizzato le loro vecchie trame.
Una grande opera davvero.
Riccardo Redivo
1 comment
[…] film è stato anticipato, oltre che dal corto L’estate è finita (che già recensimmo) anche dal conferimento a Zdeněk Zeman del premio Eastern Star Award speciale del 34° […]