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Anna Starobinec
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Raccontando… Anna Starobinec

Quello di cui soffre Saŝa, il ragazzino protagonista del racconto Le Regole, si potrebbe definire, clinicamente parlando, disturbo ossessivo-compulsivo. Lui, sulla base della sua interpretazione infantile, lo chiama “Regole” (la maiuscola va a sottolineare il carattere concettuale di questo e altri sostantivi che si incontreranno nel corso della vicenda) un insieme, cioè, di precetti (dettati dalla Voce) che gli impongono di non calpestare le crepe dell’asfalto, attraversare la pavimentazione della metropolitana con un numero ben preciso di passi, sistemare gli oggetti della sua cameretta in un determinato modo. Niente più che una patologia, alla fin fine, ristretta a un ambito prettamente personale.

Lo spunto che però rende fulminante il racconto di Anna Starobinec è una domanda: il mancato rispetto di queste regole potrebbe avere ripercussioni sul mondo reale? Sì, perché, a un certo punto, la madre di Saŝa, esasperata dai comportamenti del figlio, gli imporrà la propria convinzione che le Regole siano solo un’invenzione, che non ci sia nessuna Voce che si impone al bambino, che il Gioco di cui Saŝa è schiavo sia, appunto, tale, un gioco. E che non sia quindi necessario rispettare le Regole. Sarà davvero priva di conseguenze questa scelta? La madre non si pone nemmeno un simile dubbio, preoccupata solo di riportare Saŝa alla realtà, non considerando la possibilità che le Regole possano avere una dimensione ulteriore, rifiutando così il mondo magico del figlio. Un semplice passaggio, questo, che dimostra, in capo all’autrice, la conoscenza precisa di uno dei meccanismi più efficaci dei racconti horror. Quello, cioè che va a innervare elementi di perturbante e di inspiegabile non in dimensioni fantastiche, bensì nel tessuto concreto della quotidianità. Perché a fare davvero paura non è il mostro o lo zombie, bensì il quotidiano che si sfalda, la realtà che si trasfigura davanti ai nostri occhi e contro la quale siamo inermi perché non la possiamo allontanare da noi credendo non ci riguardi. In questo modo il grado di immedesimazione aumenta esponenzialmente e con esso il coinvolgimento emotivo.

Naturalmente, una prima impressione ci convince che Saŝa viaggi semplicemente dalle parti della patologia, ma Starobinec è autrice capace e ha la sapienza di mescolare i piani, quello reale e quello della malattia, confondendoci e non dandoci punti di riferimento: è la realtà che si sta modificando diventando paranormale o è l’elemento fantastico che lentamente si impasta con le cose concrete? Siamo all’interno di un delirio o la realtà si sta lacerando facendo emergere l’inspiegabile che cela sotto la sua superficie? Il dubbio rimane fino alla fine ed è questo probabilmente il vero elemento perturbante di questo racconto (un assunto, peraltro, che Starobinec renderà ancor più cosmico nel racconto La fessura anch’esso contenuto nella sontuosa raccolta di angoscia e paura che è L’età inquieta).

La forma utilizzata da Starobinec, naturalmente, asseconda questa sua idea di orrore. La narrazione è condotta, si potrebbe dire, ad altezza di bambino. La soggettiva, pur in terza persona, è sul protagonista e sulla sua visione soggettiva delle cose. Questo permette all’autrice di immedesimare chi legge con quel punto di vista il quale, essendo inevitabilmente parziale, probabilmente malato, presenta punti ciechi, zone che rimangono in ombra, situazioni che vengono codificate in modo del tutto personale, mai oggettivo, impedendo di trovare un orientamento valido. Ecco che, così, facendo, Starobinec porta il lettore in balia della più completa instabilità, impedendogli di comprendere se quello che succede sia frutto di una distorsione interpretativa della realtà o di un reale accadimento. Sono le Regole a modificare la realtà o è la realtà che determina le Regole?
Il finale è raggelante, naturalmente, impostato e portato avanti da una scrittura asciutta che non indugia mai nell’autocompiacimento, srotolandosi funzionale al servizio dell’orrore che va a costruire. E che Anna Starobinec porta a conseguenze estreme, consegnandoci un racconto potentissimo, un pezzo di bravura che sa vibrare ancora a lungo dopo che gli occhi si sono staccati dalla pagina.

Ivan Zampar

Le Regole tratto da L’età inquieta di Anna Starobinec, Isbn edizioni 2012, traduzione di Mario Alessandro Curletto, 245 pagg.

Le altre recensioni della rubrica Raccontando… le trovate a questo link.

In Copertina: Foto di Mariella Turlon, Ordine

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