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Le Train Fantôme

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Le Train Fantôme 

Guido Palmino, partigiano friulano “morto per la Francia”

di Giuliano Prandini

 

 

Lasciato il campo di Vernet, nella Francia del Sud-Ovest, il 3 luglio 1944  Guido Palmino fu fatto salire a Tolosa assieme ad altri settecento cinquanta deportati su un treno bestiame con destinazione Dachau.

Guy Scarpetta  non aveva mai incontrato il grand-père, nasce nel 1946, un anno dopo la sua morte, a casa non se ne parlava. Nel 2008 negli archivi del campo di Vernet trova il suo dossier, ne uscirà un libro ( Guy Scarpetta, Guido, Paris, Gallimand, 2014).

Guido Palmino nasce a Moruzzo, vicino a Udine, nel 1889, partecipa alla Prima Guerra Mondiale, quella carneficina voluta da banchieri e industriali di tutti i paesi, incontra Gramsci, passa per un “rosso”. Lascia la scuola a dodici anni, diventa muratore ma la leggenda di famiglia lo racconta capace come un architetto; ha con sé La Divina Commedia, ne recita canti a memoria.

Le condizioni di vita in Friuli sono intollerabili, alla miseria si aggiungono le persecuzioni fasciste; come tanti friulani parte con la moglie per la Francia. 

E’ un vigoroso patriarca all’antica, di poche parole, poco disposto a mettere in questione all’interno della famiglia i ruoli tradizionali, esercita sui figli un’ autorità che nessuno osa contestargli, intimidisce.  Giunge ad avere la sua impresa, a non dipendere da nessuno, non transige sul “lavoro ben fatto”, gli immigrati per essere rispettati devono essere migliori degli altri. Dà ai figli nomi francesi, a casa si parla il francese, si leggono giornali francesi, partecipa  alla vita politica, si emoziona per il film La Grande Illusione, prende la tessera del partito comunista.

La Francia sconfitta, disapprovate o combattute dalla stragrande maggioranza dei francesi, vengono formate le prime formazioni partigiane. Angelina, la moglie, aiuterà bambini ebrei, i figli parteciperanno attivamente alla resistenza, Luigi Longo, il futuro segretario del Pci,  consiglia Guido di continuare la sua attività, servirà da copertura. D’accordo con il figlio Nono nasconde in casa documenti illegali. Sarà arrestato il 17 dicembre 1942, non farà ritorno a casa.

Palmino trascorre quindici mesi di detenzione preveniva, senza processo, a Châteauroux e poi viene inviato il 30 aprile 1944 al campo di concentrazione di Vernet, nell’ Ariège, destinato agli stranieri sovversivi, uno di quei campi a lungo ignorati in Francia. Vi passeranno Arthur Koestler che ne La schiuma della terra racconterà la sua detenzione, Luigi Longo, Giuliano Pajetta, Eugenio Reale, Francesco Nitti il primo che scrisse la storia del treno per Dachau.

Il 9 giugno i militari tedeschi irrompono nel campo, i gendarmi francesi sono esautorati e il 30 i detenuti sono fatti uscire dal campo e avviati a Tolosa in un centro di detenzione, ammassati in una stanza immensa. Il caldo è soffocante, l’odore de pisse, de merde et de sueur insopportabile. Vengono fatti salire su un treno bestiame, sessanta per vagone, che il caldo d’estate ha trasformato in una fornace, soffrono la fame, la sete,  sono schiacciati  gli uni contro gli altri. Verranno spostati a Bordeaux  poi Angoulême e ancora Bordeaux in quella che era una sinagoga per quattro settimane. Il 14 luglio i detenuti improvvisano una cerimonia, cantano  la Marsigliese, difendono la loro dignità. Le linee della ferrovia e i ponti distrutti, gli attacchi aerei, le forze alleate che stanno liberando la Francia faranno impiegare al treno due mesi per arrivare a destinazione, è il treno fantasma che parte, svanisce, viene ricomposto con un carico di esseri hagards, spectraux, terrifiants, et pour ainsi dire de morts-vivants. Saranno costretti a una marcia forzata di diciassette chilometri e poi nuovamente verso la frontiera tedesca.

La detenzione di Guido a Dachau è un buco nero,  il petit-fils immagina l’arrivo del treno fantasma il 28 agosto 1944, l’odore di carne bruciata che accoglie i detenuti,  la baracca con duecento detenuti costretti a dormire in due, tre in giacigli disposti su tre piani. Gli viene dato un numero di matricola, da adesso la sua sola identità e il triangolo rosso, quello dei politici. Le punizioni crudeli, la fame, il tifo, i “mussulmani” che si lasciano morire ma ciò che amareggia di più Guido è il venir meno della  solidarietà internazionale, della dignità di cui avevano dato prova i detenuti a Vernet e persino sul treno fantasma.

Il primo febbraio 1945 Guido e altri detenuti vengono portati ancora una volta nudi, nella neve alle docce, di ritorno, cade, non si rialza.

A Guido, a questo friulano di Moruzzo,  viene riconosciuto ufficialmente di essere “morto per la Francia”, uno dei combattenti immigrati, a lungo dimenticati dalla memoria ufficiale, loro che, quando molti francesi si erano inchinati davanti agli occupanti, étaient la France.

Guy Scarpetta  “Guido” Paris, Gallimard, 2014

 

 

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