Alcuni episodi, certo marginali (almeno in apparenza) rispetto ai fatti politici, economici e militari, possono tuttavia dare la misura di quali siano le poste in gioco nelle vicende che oggi caratterizzano la scena internazionale.
Ecco quindi che anche quanto accaduto di recente in un convegno a Svetlogorsk (località compresa nell’Oblast russo di Kaliningrad, l’exclave sul Baltico tra la Polonia e la Lettonia), merita una riflessione, perché dice molto del clima culturale in cui è immersa la classe dirigente della Russia putiniana.
La notizia è la seguente: intervenendo al V Congresso di politologia nella località baltica, il governatore di Kaliningrad, Anton Alikhanov, ha affermato che Immanuel Kant – nato a Königsberg, oggi Kaliningrad, nel 1724 e morto nella medesima città nel 1804 – «…ha un legame diretto con il caos mondiale, con il quale ci stiamo confrontando … Non soltanto la Prima Guerra Mondiale è cominciata con l’opera di Kant, ma anche l’attuale conflitto militare in Ucraina».
Il filosofo tedesco, secondo Alikhanov «ha posto le fondamenta della filosofia tedesca classica ahinoi «marcata dall’empietà e dall’assenza di valori superiori». All’autore della Critica della ragion pura e di altri testi fondamentali che coronano la straordinaria stagione dell’Illuminismo, viene rimproverato perciò di essere “il padre di quasi tutto” (cioè di tutto ciò che i padroni della Russia odierna odiano profondamente): « …è il padre della libertà, dello stato di diritto, del liberalismo, del razionalismo e anche dell’Unione Europea; secondo alcuni anche l’idea delle Nazioni Unite è sua».
Il che porta Alikhanov a concludere identificando in Kant “uno dei padri fondatori dell’Occidente moderno”.
Un Occidente che l’attuale classe dirigente russa vive come minaccia e fonte di corruzione, spirituale e morale. Sovvengono qui i ripetuti anatemi del Patriarca di Mosca Kirill, contro l’Occidente “corrotto”, in perfetta assonanza con gli analoghi strali contenuti nei discorsi e negli scritti di Vladimir Putin (l’alleanza di “trono e altare”, una costante del mondo ortodosso ed in particolare della Russia zarista, è di nuovo in auge nell’era putiniana…).
Un Occidente di cui, e non è certo un caso, non viene rimarcata e denunciata la distanza tra i principi dichiarati e la realtà pratica quotidiana del potere (e della realpolitik), ma che è condannato in blocco, in quanto “empio” ed in nome di “valori superiori”, mai ben identificati ma che è facile individuare in quelli “spirituali” della tradizione religiosa. Valori in nome dei quali, secondo Alikhanov & co, si possono – anzi si devono – mandare al macero idee come quella di libertà, di stato di diritto, ecc. Il fatto che così facendo rimanga poi, quale unico effettivo principio regolatore nei rapporti internazionali e anche in quelli interni ad ogni nazione, il criterio della forza, non pare preoccupare minimamente i sostenitori di questa linea di pensiero. Anzi.
L’attacco sferrato a Kant dal governatore di Kaliningrad contiene anche molti punti di contatto con le critiche che all’Illuminismo ed al liberalismo rivolgono da un lato intellettuali russi reazionari come Aleksandr Dugin (esponente della destra tradizionalista appassionato cultore di pensatori del filone “spiritualista”, come Julius Evola, e di quello della “Nuova destra” come Alain de Benoist), amico ed ispiratore di intellettuali sovranisti, per esempio Diego Fusaro.
Dall’altro critiche analoghe provengono da vari esponenti del mondo cattolico, come ad esempio Josef Ratzinger (teologo e poi pontefice Benedetto XVI).
Un’ultima notazione: l’attacco di Alikhanov a Kant è passato pressoché inosservato sui media italiani (forse perché pochi di quelli che ci scrivono conoscono il pensiero del filosofo tedesco?). Pur avendo cercato a lungo, non ho trovato di meglio che l’articolo di Le Figaro linkato qui.
Per quanto concerne l’antiilluminismo cattolico, riporto anche il link ad un articolo di Micromega.
Dario Predonzan