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Dall’archivio di Konrad: Spazziamo la spazzatura

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Come tutte le parole sporche che si rispettino, “spazzatura” ha molti sinonimi: uno è “rifiuti” termine sottintende consumistico e schizzinoso, che allude al disconoscimento, quasi al ripudio di un qualcosa che magari fino a poco prima si trovava in salotto, su uno scaffale o perfino nel nostro piatto. “Pattume” è oggi poco usato: è una parola di origine toscana, da “pattóna”, che indicava la polenta di farina di castagne. “Immondizia” per me è una parola estremamente immaginifica: il suo riferirsi a ciò che è immondo mi sa molto di Medioevo, di peste e lazzaretti, di degrado fisico, morale e spirituale. Trovo divertente che questo vocabolo sia usato da quelle persone che vogliono essere raffinate.

Nel dialetto triestino troviamo un termine insostituibile: semplici e ruspanti, casalinghe e per niente tossiche, le “scovaze” sono quasi gente d famiglia. Lungi dall’essere qualcosa di indesiderabile il rifiuto è qualcosa che fa parte della vita.

Il nostro corpo stesso può essere visto come una splendida macchina che trasforma merende e manicaretti in spazzatura ed energia. Ogni cellula del nostro corpo produce in continuazione anidride carbonica – incurante del protocollo di Kyoto – nonché molecole di scarto di ogni forma, razza e dimensione.

Il più grande produttore di rifiuti è però l’universo stesso: nato da un luminoso e abbagliante Big Bang, ora non può fare altro che andare in discesa, consumando la materia e degradando la propria energia. Il futuro remoto potrebbe assomigliare a un immane discarica uniforme e grigia.

Un altro scenario prevede un ben più eccitante e divertente “Big Crunch”, la grande implosione che chiuderà il sipario del mondo e forse ne aprirà un altro, sempre che il Creatore intenda fare un nuovo universo in materiale riciclato.

Alcuni credono che l’era moderna abbia portato a un regresso piuttosto che a un progresso: si tratta di un falso storico, almeno per quanto riguarda la spazzatura, ve lo posso assicurare dall’alto della mia laurea in discaricologia. I rifiuti di un tempo erano di cattiva qualità, erano estremamente deperibili ed erano buoni solo come concime o cibo per i maiali. Con la rivoluzione industriale l’offerta dell’immondizia si è diversificata, finché sono apparsi i primi rifiuti non biodegradabili. Per la prima volta nella storia gli esseri umani hanno potuto accumulare scorte a sufficienza di questa preziosa materia ultima , materia uluma e un termine tecnico coniato dal grande discaricologo (Bottino De Italspurghis). Il ventesimo secolo ha portato alla scoperta e alla produzione su vasta scala di rifiuti plastici, caratterizzati da una durata e da una resistenza senza eguali. Un ulteriore passo avanti è rappresentato dalle scorie radioattive, che promettono di accompagnarci per milioni di anni.

Ma ultimamente sono venuti alla ribalta tipi di spazzatura ancora più raffinati. Come saprete da alcuni decenni siamo usciti dal mondo moderno per entrare nel postmoderno.

Questo ha portato ad enormi cambiamenti in campo ideologico, sociale, artistico e spazzaturologico. L’enorme domanda di immondizia ha fatto si che per la prima volta nella storia la spazzatura da umile sottoprodotto delle attività umane diventasse non solo qualcosa di desiderabile, ma addirittura venisse prodotta appositamente, su vasta scala e a beneficio di tutti.

Spazzatura da esibire, da assaporare e naturalmente spazzatura da comprare. Alludiamo qui anche e soprattutto a quella spazzatura prodotta dall’arte, dalla cultura, dalla moda e dal media.

Da alcuni anni la parola d’ordine è “trash”. Essendo ormai a corto di sinonimi per definire un mondo interessante e sfaccettato come quello dell’immondizia, abbiamo deciso di adottare questo termine d’oltremanica. Un vocabolo molto apprezzato dagli odierni spazzativori, che come gli stercorari cari agli antichi Egizi cercano e raccolgono indefessamente rifiuti per farne i loro tesoro. La parola “trash” denota espressioni artistiche di cattivo gusto e di basso pronlo, come film, programmi televisivi, musica, eccetera. Fin qua niente di strano, i gusti sono gusti, quello che per me è rivoltante per un altro può essere oro, e viceversa. Se non che “trash” è venuto ad indicare in certi ambiti culturali ed artistici qualcosa di molto “in” e chic.

Frugando nelle immondizie troviamo tra le altre cose la “tv spazzatura”, giunta ora allo stadio della maturità. Se un tempo per realizzare certi capolavori televisivi si utilizzavano cascami ed idee avariate tratte da altri programmi, ora che il riciclaggio – parola ignobile e raccapricciante, indegna di un paese moderno e civile – non basta più, ecco la nuova sintesi, per cui registi, sceneggiatori e conduttori lavorano tutti assieme per produrre direttamente, con enormi vantaggi per i telespettatori, il pattume necessario, fresco e di prima mano. La “posta spazzatura” o “junk mail’ esiste da un bel po, ma solo con Internet è diventata un fenomeno del tutto paragonabile alle piaghe bibliche. Anni fa mi rattristavo perché la mia casella di posta elettronica era quasi vuota.

Possibile che fossi così scarso di amici? Ora la situazione è cambiata. Sono stato contattato da Su Ning, governatore della Banca Popolare della Cina, da Mrs Judith Williams, malata terminale con quattro milioni di dollari in banca, mentre le Poste Italiane mi scrivono quasi ogni giorno e-mail sul tipo “ne hai uno nuovo messaggio privato o la sua adressa di email e il suo conto sarano cambiate”. In compenso, quando scrivo al miel amici, due volte su tre i filtri automatici o i miei amici stessi mi scambiano per uno spammer e mi gettano nel cestino di Windows.

Tornando al mondo concreto troviamo il “cibo spazzatura”. Si tratta di cibo il cui valore energetico è più comodo da misurare in chilowatt anziché in chilocalorie, e in cui il colesterolo deve avere dei minimi di legge garantiti (in caso ciò non sia possibile, in paninoteca sono obbligati a darti una bustina di colesterolo puro come condimento).

Ci sarebbero ancora tanti cassonetti in cui frugare, mille discariche da esplorare. Ma personalmente ne ho abbastanza, e credo anche voi. Il mondo ha circa 48 abitanti per chilometro quadrato, se ci mettiamo tutti insieme non dovrebbe essere difficile pulirlo. “Spazza i rifiuti, rifiuta la spazzatura”, come diceva il grande De Italspurghis.

Francesco Gizdic
obnauta@tin.it – www.bazardelbizzarro.net

Tratto da Konrad n. 164 di Marzo 2011

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