Konrad
Dall’archivio di Konrad: VIAGGIO NELLA MEMORIA DELLA GROTTA AZZURRA
Archivio articoli Konrad Ultimi Articoli

Dall’archivio di Konrad: VIAGGIO NELLA MEMORIA DELLA GROTTA AZZURRA

Tempo di Lettura 3 Minuti

Un concentrato di passato in un luogo dove profondità e tempo possono aprire prospettive ignote o non considerate.

Si tratta di una famosa cavità del Carso, ora frequentata e conosciuta più per il suo utilizzo festaiolo, serale e notturno, di cui rimangono purtroppo le vistose tracce dei falo sulle pareti rocciose e vari cumuli eterogenei. Una tappa quasi obbligata per molti triestini, legata forse ai riti di passaggio all’età adulta.

E stata anche tra le mie prime uscite con un gruppo di Alpinismo giovanile, ignaro che una decina d’anni prima, volontari appassionati e studiosi vi avevano scoperto tracce di un mondo antichissimo: i primi ritrovamenti in Italia del mondo mesolitico, risalenti a circa 9000 anni fa.

L’ho rivisitata, quest‘estate , accompagnando amici in un escursione e per alcuni studi. L’ho ritrovata quasi uguale a se stessa. Ma l’ultima volta, ho riscontrato un segno tangibile dello scorrere del tempo. Un picoolo crollo di roccia che ha interessato un versante, in passato aggredito da una cava di alabastro, forse anche indebolito dall’azione umana e dalle piogge che hanno agito su concrezioni e su strati rocciosi aggettanti e fratturati. Un piccolo episodio che illustra come anche altre porzioni della grotta, ancora tra le più ampie del Carso, si siano modificate nel tempo. Tra le poche a galleria, forse faceva parte di sistemi di drenaggio delle acque carsiche, superficiali e profonde, che oggi scorrono alcune centinaia di metri più sotto. La dissoluzione intanto continua incessantemente la sua opera: abbassa man mano la superficie topografica, distrugge le stesse grotte che ha formato in precedenza e cesella le rocce con singolari morfologie.

Meno di 100 anni ci separano invece dalle tracce di quella tragedia biblica che fu la prima guerra mondiale che aveva costretto i partecipanti austrounganci a rifugiarsi sottoterra come topi per sfuggire ai bombardamenti di grossi calibri che sconvolgevano la superficie e che hanno lasciato un’evidente segno sulla bella facciata dalla stazione di Aurisina. La grotta, ubicata nelle retrovie, fungeva da sicuro ricovero per uomini ed animali e le vasche realizzate sul fondo potevano anche raccogliere quell’acqua potabile, cosi rara in superficie. In quegli stessi anni nel 1916 sul fronte dolomitico, ben 300 kaiserschutzen Austriaci erano ospitati addirittura in una “città di ghiaccio che, con vari sistemi di gallerie, lunghe complessivamente 12 km, raggiungeva addirittura i 3000 m di quota, sulla Marmolada. I nostri alpini stavano invece rintanati in caverne scavate nella roccia o in baracche di legno, abbarbicate su cenge e anfratti dei pendii. Nonostante questi accorgimenti, entrambi gli schieramenti furono spesso falcidiati dalla ‘morte bianca” da valanga che, in montagna, causò più perdite che la guerra stessa.

Ma torniamo sul Carso. La cavità, in origine chiamata “Grotta presso la dolina dei noccioli”, venne ribattezzata nel lI dopoguerra “Azzurra” per lo spicchio di cielo e per i fenomeni di rifrazione della luce che si apprezzano dall’interno. Ma vi è dell’altro: sono presenti tracce, dell’attività, pacifica ancorché distruttiva, della cava che in passato è penetrata nelle sue viscere, dove si formarono nel tempo bellissime concrezioni di calcite in banchi cristallini. All’esterno, si rinvengono ancora scarti del materiale estratto. Spiccano anche per la colorazione data da ossidi di ferro e manganese che ritroviamo anche nelle ‘”terre rosse”. Inglobati come impurità nei cristalli di calcite normalmente trasparenti, conferiscono loro varie tonalità di rosso. L’artefice del trasporto di questi composti all’interno della grotta è sempre l’acqua, la cui aggressività risente delle condizioni climatiche, della temperatura e della vegetazione. Le concrezioni registrano come in un libro, non ancora compiutamente decifrato, i risultati di queste complesse reazioni chimiche.

Gli studi finora eseguiti hanno svelato molti aspetti della storia passata, conservata dalla grotta, ma altri enigmi relativi al nostro territorio carsico devono ancora essere risolti.

Ad esempio, sono stati ritrovati livelli con grandil massi e blocchi di crollo, ma è ancora un ipotesi da confermare la correlazione con un forte terremoto che ha interessato la zona circa 12000 anni or sono. Nei livelli argillosi e sabbiosi invece si sono conservate tracce di animali e strumenti in pietra, prodotti dall’uomo, ed anche livelli di ceneri legati alla preparazioni di pasti e ad altre attività. A tal proposito, mi lascia ancora stupefatto che, frammisti ad ossa di cinghiali, cervi ed altri animali, si ritrovino anche resti di pesci d’acqua dolce e salata, di crostacei e di conchiglie. Ma quanto distavano i mare o i fiume o il lago dall’ingresso della grotta?

Aspetti sorprendenti di un mondo quasi scomparso, aspro ora come allora. Sarebbe bello poterlo ricostruire compiutamente, seguendo idealmente qualche nostro predecessore mentre caccia con l’arco le sue prede, poi raccoglie molluschi e patelle e, dopo i lauti pasti, osservarlo tentare di realizzare qualche collana in stile “new-age”, con i gusci che ora ritroviamo abbandonati.

Riccardo Ravalli

tratto da Konrad n. 183 di febbraio 2013

Related posts

LETSlisten: audiolibri gratis in regione

Giorgia Chiaro

Dall’archivio di Konrad: AGRICOLTURA E SOVRANITÀ ALIMENTARE

Redazione KonradOnLine

Berlino Città Spugna

Giorgia Chiaro

Leave a Comment