Intervista con la psicologa Deborah Rossit
Bambini irrequieti e distratti. Ragazzini continuamente agitati e con scarsa capacità di concentrazione. Cerchiamo di conoscere meglio con la dott.ssa Deborah Rossit, che lavora a Trieste e Gorizia, cos’è con la sindrome da deficit di attenzione ed iceratti-vità (ADHD).
Dott.ssa, cosa è la sindrome da deficit di attenzione ed iperattività?
Buongiorno! La Sindrome da deficit di attenzione ed iperattività, sigla inglese ADHD (Attention-DeficitHyperactivity Disorder), è conosciuta come un disturbo comportamentale che si manifesta in età evolutiva e che è caratterizzato da un marcato livello di disattenzione e da comportamento che evidenziano iperattività ed impulsività. Quando parliamo di bambini con queste difficoltà, non ci riferiamo solamente a soggetti distratti, confusionari, in continuo movimento o vivaci, ma di bambini, ragazzi, adulti che non riescono a selezionare gli stimoli ambientali, a pianificare le azioni da mettere in atto e, quindi, a controllare i propri impulsi.
Si evince, quindi, che i due disturbi siano correlati tra loro?
Si, i due disturbi potrebbero essere correlati tra loro, ma non sempre sono compresenti: possiamo avere, infatti, un bambino con difficoltà attentive, ma non iperattivo. L’ADHD, oltretutto, si può associare a disturbi dell’adattamento sociale (personalità antisociale, alcolismo, criminaltà, etc.), ad un basso livello di scolarizzazione, a dispersione scolastica ed occupazionale, a problemi psichiatrici, fino ad essere considerato uno dei più importanti predittori, in età infantile, di cattivo adattamento sociale nell’età adulta.
Quali sono i segnali a cui i genitori dovrebbero fare attenzione per poter sottoporre i bambini ad una diagnosi corretta?
Valutare se un bambino ha una difficoltà specifica legata al’ADHD è un processo complesso. Molti problemi biologici, traumatici o psicologici, infati, possono contrbuire allo sviluppo di segnali simili a quelli mostrati da un bambino con ADHD. Posto che sia necessaria una valutazione globale per stilare una diagnosi (valutazione intellettiva, atteniva, scale di valutazione per genitori ed insegnanti, funzionamento scolastico, sociale, emotivo ed affettivo, etc.), i genitori possono riconoscere tre grandi categorie di quelli che possiamo chiamare “segnali”, presenti per almeno 6 mesi e da prima che i bambino avesse 7 anni: disattenzione (es. non ascolta quando gli si parla, è distratto da stimoli esterni, non si organizza in compiti ed attività, risulta sbadato), iperattività (es. parla molto e velocemente, non sta seduto sulla sedie, si muove con irrequietezza) e impulsività (es. risponde alle domande prima che siano state completate, non attende il proprio turno, interrompe gli altri).
Questi ragazzi hanno bisogno di un’attenzione costante e un aiuto in più a scuola? Cosa dovrebbero fare gli insegnanti?
Questi bambini possono non riuscire a riflettere prima di agire, ad aspettare il proprio turno, a posticipare le gratificazioni, a lavorare per un premio lontano nel tempo anche se consistente. Pertanto, è importante che venga messo in atto un approccio multimodale che combini interventi psico educativi , interventi di parent-training e di teacher-training. Gli insegnanti possono mettere in atto strategie per aiutare l’alunno come stabilire attività programmate e routinarie favorendo piccole pause quando necessario, premiarlo quando si comporta adeguatamente piuttosto che punirlo, controllare le fonti di distrazione, accertarsi che i ragazzo abbia compreso le consegne quando vengono fornite , etc.
E a casa i genitori come possono comportarsi?
Dunque, i genitori possano organizzare le attività del ragazzo specificando crani di inizio e fine, cercare di fare rispettare le regole di comportamento, aiutare il figlio ad essere ordinato, evidenziare i punti di forza e non di debolezza, supportare il bambino a concentrarsi, favorire positive esperienze di socializzazione e molto altro.
Ci sono realtà attive in regione che aiutano ragazzi con ADHD?
Si, è presente ad esempio A.I.F.A. Onlus, Associazione Italiana Famiglie ADHD Onlus, che fornisce supporto, formazione ed informazione a livello nazionale, ma anche regionale, alle famiglie che si trovano ad affrontare queste difficoltà.
Dott.ssa, sono a conoscenza inoltre che esistono altre correnti di pensiero a riguardo, potrebbe esporcele?
Essendo l’eziologia dell’ADHD incerta, molti ricercatori e professionisti ipotizzano che nei soggetti con queste difficolta sia presente un iperarousal (alti livelli di attivazione), che è in realtà riconducibile non tanto ad un ADHD ma a disturbi post-traumatici cronici, traumi relazionali sociali o con la principale figura di attaccamento (solitamente la madre) etc. in quanto le loro “attivazioni” avvengono solo in alcune particolari situazioni (trigger).
Ecco che i trattamenti da poter utilizzare sono interventi psicoeducativi, parent training, terapia cognitivo comportamentale che, però, potrebbero essere sostenuti da lavori con l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), ad esempio.
Esistono, inoltre, correnti di pensiero italiane ed estere per le quali l’ADHD non esisterebbe, ma sarebbe una Sindrome inventata a scopiazzare farmaceutici o di altra tipologia , riconducibile come ezialogia e comportamenti ad esempio a cause ambientali (mercurio, piombo, pesticidi, additivi, etc.).
Francesca Versienti
tratto da Konrad n. 194 di Marzo 2014
