Le navi inquinano l’atmosfera, soprattutto quelle da crociera, quando si fermano ai moli.
L’inquinamento atmosferico delle navi è una minaccia per la salute, il clima e l’ambiente. Ma l’industria marittima ritarda rispetto agli altri settori nella riduzione delle emissioni inquinanti in atmosfera. Con l’allegato VI alla convenzione MarPol (MarinePollution) del 2007 l’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) agenzia dell’ONU vigila sulla navigazione e sulla protezione degli ambienti marini. Dal 1gennaio 2020 il limite del tenore di zolfo nel carburante delle navi è passato da 3,5% a 0,5%, e nelle aree SECA (Sulpur Emission Control Area) il limite scende a 0,1%.
Nella Convenzione di Barcellona che riunisce i paesi del bacino mediterraneo sono stati firmati 7 protocolli attuativi per perseguire la protezione dell’ambiente marino e costiero. Sono disponibili varie soluzioni per ridurre e contenere le emissioni. Con gli scrubber (wet scrubber e dry scubber) sono disponibili due tecniche di abbattimento i closed loop scrubber in cui le emissioni vengono trattate in circuito chiuso e gli open loop scrubber dove i fumi vengono lavati con l’acqua marina scaricata sul posto. Dal 2015 le linee guida dell’allegato VI Marpol impongono vari controlli sugli inquinanti non sono però disposizioni vincolanti. Con il GNL come carburante delle navi al posto del più inquinante HFO (olio pesante) si ha una riduzione delle emissioni (-95% SOx, -90% NOx, -90%, -26% CO2). La soluzione del cold ironing garantisce la chiusura dei motori della nave e la loro alimentazione con l’energia elettrica fornita dalle banchine, con la completa eliminazione delle emissioni.
L’associazione milanese I cittadini per l’aria ha effettuato una serie di misurazioni sulle emissioni navali nelle aree portuali in cui arrivano navi da crociera, con la strumentazione del dr. Alex Friedrich della ONG tedesca NABU (Nature and Biodiversity Conservation Union). I risultati di questa campagna di misure, frutto della collaborazione di Legambiente, WWF, Greenpeace, Fiab e Fridays for Future, condotte nell’area Trieste dal 30 settembre al 3 ottobre ha evidenziato valori di particolato 10 volte superiori a quanto previsto dall’Organizzazione mondiale della sanità e punte di biossido di azoto fino a 5 volte maggiori. Il black carbon ovvero il nerofumo risultava 10 volte più alto. Secondo le stime riportate in uno studio di Lancet Spatial and sector-specific contributions of emissions to ambient air pollution and mortality in European cities: a health impact assessment, l’inquinamento navale causa a Trieste la morte prematura di 80 persone all’anno.
In contrapposizione con queste evidenze sanitarie l’attuale giunta che governa il Comune di Trieste si dimostra entusiasta per il dirottamento delle navi da crociera che approdavano a Venezia. Il piano portuale prevede fino a otto navi, 2 nell’Adria terminal, 3 fra molo III e molo IV in Porto Vecchio, altre 3 fra molo Bersaglieri e molo Pescheria.
Per affrontare l’inquinamento navale il PNRR prevede l’elettrificazione delle banchine. L’elettrificazione dei moli V e VII in Porto Nuovo è stata affidata dall’Authority del Mare Adriatico Orientale a Nidec Asi con i partner di Rti (Icop, Step Impianti e Ceisis). Questa elettrificazione non risolve l’impatto delle navi da crociera il cui attracco abituale è nei due moli in centro città.
Sulla qualità dell’aria è stata elaborata una proposta di direttiva della Commissione Europea che fissa valori limite paragonabili ai valori guida dell’OMS, da applicare entro il primo gennaio 2030. L’impatto nell’inquinamento dell’aria secondo stime dell’Agenzia Europea per l’Ambiente è causa di morti premature; il PM2,5 è responsabile di 280 mila morti nel 2021 in Europa, il NO2 di 49 mila, con l’Ozono di 24 mila. Il Piano d’Azione Inquinamento Zero ha l’obiettivo di ridurre del 55% entro il 2030 questi dati, ma entro il 2050 l’obiettivo è arrivare a zero. Sono previste nuove regole di monitoraggio e più raffinati modelli matematici. Esistono molti altri studi su malattie e morti causati dall’inquinamento. Per esempio lo studio dell’HEI (Help Effects Institute) Mortality and Morbidity Effects of Long- Term Exposure to Low-Level PM2.5, BC, NO2, and O3: An Analysis of European Cohorts in the ELAPSE Project e lo studio Lancet.
Il 12 giugno 2021 l’ARPAFVG pubblica uno studio del CRMA su Simulazione di impatto sulla qualità dell’aria del traffico navale nel Porto di Trieste relativo al 2019, le navi da crociera sono però arrivate nel 2022. L’NOx risultava al di sotto dei 20 microg/mc con i valori di punta però sopra i 100 microg/mc. Però la stessa ARPA il 26 luglio 2021 nel terzo appuntamento del ciclo di incontri A misura di mare: in viaggio per la sostenibilità confessa che il 20% della CO2, il 70% degli NOx e il 50% del PM2,5 di Trieste sono attribuibili alle attività portuali. Un precedente studio del 2012 di ARPA Il porto e la città di Trieste: impatti e prospettive sulla qualità dell’aria valutava il contributo delle pressioni del traffico navale sull’inquinamento urbano di Trieste nel 20-30% per il PM10 e l’NOx.
Nonostante il quadro dell’impatto navale sulla città questi dati sono datati: al solito traffico portuale adesso si sommano le pesanti presenze delle navi da crociera come emerge da quanto appurato dai Cittadini per l’aria. Ma l’assessore regionale all’ambiente attaccando i risultati di Cittadini per l’aria non si accorge che lo studio di Arpa risale al 2019 prima dell’arrivo delle navi da crociera.
Lino Santoro