La passeggiata di Robert Walser
Passeggiare e scrivere: per Robert Walser, probabilmente, la stessa cosa. Lo stesso spirito giocoso, la stessa esigenza, gli stessi obiettivi (non ci sono obiettivi), la stessa libertà di movimento. E così, ecco che Walser, in questo suo celebre racconto intitolato programmaticamente proprio La passeggiata, sembra cinguettare tra le sue parole e i suoi passi, svolgendo incontri più o meno casuali, non ponendosi mete (gli appuntamenti programmati non sono molto più che pretesti), vivendo gli attimi con l’entusiasmo di un bambino sempre pronto a sorprendersi.
La sua scrittura sembra essere proprio la ricerca di questo stupore, la consapevolezza di quanto la bellezza la si possa ritrovare in ogni cosa, in un gesto, un edificio, un pranzo, una voce, proprio perché tutto può essere materia di contemplazione («Le cose più sublimi e le più umili, le più serie come le più allegre, sono per lui in ugual misura care, belle, preziose»), e di conseguente narrazione, al di là degli eventi e della trama («Deve essere capace di esaltarsi nell’entusiasmo, ma altrettanto facilmente deve sapersi chinare verso le più minute esperienze quotidiane»). In questo modo la penna di Walser fluttua leggera, portandoci momenti di rilassatezza che si intercalano a sferzate più ironiche (la lettera al suo detrattore, il dialogo con il sarto) quando non puramente poetiche (le suggestioni del bosco). L’apparente casualità del percorso, in realtà, è frutto di una costruzione stilistica estremamente controllata (l’alternanza degli incontri “lunghi” a quelli più immediati, le pause di riflessione tra un movimento e l’altro) che il lirismo e la prosa elegante di Walser sanno nascondere, illudendoci circa la sua semplicità.
Una consapevolezza di mezzi cui corrisponde, peraltro, una consapevolezza di intenti. Si è detto della bellezza, dello stupore ma non si può non rilevare come la leggerezza che pervade le pagine di questo racconto sia racchiusa tra un incipit (appena accennato) e un finale (più marcato) dove sono tracciate le coordinate di una sofferenza fatta di rammarico, perdita, tradimenti. Una vita, quella del passeggiatore di Walser che, come tutte le vite, offre aspetti miserevoli e dolorosi e all’interno della quale sembra necessario costruire spazi di bellezza nei quali fuggire. Il racconto, appunto, la scrittura, intesi come terapia, ricerca di senso, proclamazione di ciò che siamo perché «quello che noi comprendiamo e amiamo, comprende e ama noi pure».
Un testo, dunque, sul potere salvifico della scrittura, e, perché no, della lettura, in una delle opere più programmatiche di questo preziosissimo autore col quale mi sento di condividere la ritrosia a inerpicarsi sui sentieri tortuosi delle trame articolate, preferendo camminate tranquille su percorsi fatti di cose minime che non necessariamente devono portare da qualche parte.
Ivan Zampar
Le altre recensioni della rubrica Raccontando… le trovate a questo link.
In Copertina: Foto di Fabio Gon, In attesa
Il libro: Robert Walser: La passeggiata – Adelphi, Piccola biblioteca 1985, traduzione di Emilio Castellani, nota finale del traduttore, 106 pagg.