storia di Upupa e degli animali del Carso che hanno deciso di seguirla
Ispirato alla leggenda persiana Il verbo degli uccelli di Farid Al’ Din Attar
Questa breve fiaba si ispira alla leggenda persiana Il verbo degli uccelli di Farid Al’ Din Attar; il grande insegnamento che porta è quello di credere nelle proprie capacità imparando a riconoscere i propri difetti, così come le proprie qualità. La fiaba originale vede gli uccelli attraversare sette valli, ognuna metafora di un valore (la valle della Ricerca, dell’Amore, della Conoscenza, del Distacco, dell’Unificazione, dello Stupore e della Privazione), e attraverso questo viaggio gli uccelli vengono spinti a superare le proprie difficoltà, per arrivare a riconoscere che non hanno bisogno di un re per affermarsi nel mondo. In questo riadattamento anziché le sette valli vengono proposti sette animali che popolano il nostro Carso, ognuno a modo suo portatore di un difetto e di una qualità; questi animali sono stati scelti soprattutto per le loro peculiarità sonore, pertanto il lettore potrà trovare segnalati in grassetto alcuni termini che le esprimono al meglio. L’upupa invece è la protagonista anche della leggenda originale, ed ho trovato interessante mantenerla come tale perché il Friuli è una delle tappe delle sue lunghe migrazioni.
Upupa aveva viaggiato tutto il mondo, e sentiva di avere in cuor suo delle importanti risposte da dare agli altri animali, ma non sapeva come fare. Si fermò su un ramo a osservare il bosco e il suo mutare con la luce, quand’ecco che arrivò Cinghiale, intento a spazzolare per bene tutto il suolo. L’upupa pensò “che ingordo! A lui sì che servirebbe interrogarsi sulle questioni della vita”, e gli lanciò un semino in testa. Il Cinghiale confuso si guardò qua e là ma non vide nessuno, così l’upupa continuò il suo scherzo sputacchiando bacche e ghiande ancora per un po’ finché Cinghiale non guardò l’albero e guardando l’albero alzò lo sguardo e la vide. Grugnì:
- ehi ma dimmi un po’, tu chi sei?
- son Upupa e ti condurrò dal tuo re.
E il cinghiale, convinto di averne bisogno, la seguì continuando a grufolare.
Su un ramo un po’ più avanti cinguettavano allegramente le tre cince: Cinciarella, Cinciallegra e Cincia Mora. Non appena Upupa e Cinghiale si avvicinarono, queste continuando a canticchiare svolazzarono sulla testa di lui, e un po’ frivole, un po’ impertinenti gorgheggiarono:
- che stramba combriccola che siete! Dove andate e chi siete?
- Son Upupa e vi condurrò dal vostro re. Lui è Cinghiale e ci accompagnerà in questo viaggio.
Prese dal desiderio di svago e di distrazione dalla routine di quel boschetto, le Cince li seguirono.
Si fece notte e nell’oscurità della foresta si accesero due fanali. Erano gli occhi di Gufo, che con il suo silenziosissimo volo si spostava da un ramo all’altro avvicinandosi sempre più alla combriccola.
Bubolò il gufo, che sempre voleva sapere ogni cosa:
- Cosa ci fate da queste parti? E dove vi state dirigendo? Ma soprattutto, chi siete??
- Son Upupa e ti condurrò dal tuo re. Guarda, con me in questo viaggio son partiti Cinghiale e le Cince.
Gufo soffiò un sospiro, e incuriosito dall’idea di quel re decise di unirsi alla combriccola.
L’alba del mattino splendeva e alto nel cielo si levò un fischio. Era Poiana che veloce stendeva le sue ali verso il sole, vedendo zampettare uno scoiattolo e avendo l’intenzione di cacciarlo planò verso terra schiantandosi però contro Upupa, che un po’ assonnata svolacchiava qua e là aspettando che tutta la combriccola si svegliasse.
- Chi sei tu?
Fischiò ancora la poiana infuriata.
- Son Upupa e ti condurrò dal tuo re
Colpita nell’orgoglio, Poiana sentenziò:
- io soltanto sono la regina dei cieli, pertanto ti seguirò per sfidare il tuo re.
Scendendo la valle la combriccola sentì un abbaio, ci fu fra loro chi si spaventò pensando fosse un cane, ma fu Poiana dall’alto poté vedere, e li avvisò che quel suono lontano era il bramito di un capriolo e che probabilmente era anche ferito. Il gruppo si affrettò seguendo il suono di quei guaiti e raggiunse Capriolo, ferito ad una zampa. Subito le Cince gli medicarono lo zoccolo fasciandolo con delle erbe, e Capriolo allora disse.
- Vi ringrazio di cuore, chi siete? E come posso ricompensarvi?
- Son Upupa e ti condurrò dal tuo re. Loro sono i miei compagni di viaggio e anche loro stanno cercando questo re.
Capriolo era molto grato agli animali del gruppo e decise di seguirli per dimostrarsi rispettoso.
La combriccola proseguiva il cammino, ma fra di loro iniziava a nascere qualche dubbio su questa Upupa e sulla sua convinzione di sapere chi fosse il loro re, ma uno zirlo li distrasse e in gran velocità l’Upupa fu raggiunta da Tordo Bottaccio, che sembrava molto felice di averla incontrata. – Upupa mia cara! Anche tu sei tornata da queste parti? Quanti chilometri hai volato quest’anno?
- Mio caro amico, li conduco al vostro re. Seguici e ti racconterò dei miei viaggi.
E Tordo Bottaccio così fece.
Di nuovo scese la notte, e per la valle si levò un romantico ululato. C’è chi si spaventò ma il cinghiale quell’ululato lo conosceva bene, e non ne era spaventato. Esclamò:
- Questo è sicuramente Sciacallo!
E preso dalla fame corse in direzione degli ululati, nella speranza che lo sciacallo stanziasse accanto a qualche carcassa da poter condividere. Lo raggiunsero e il suo pelo dorato splendeva sotto la luna; Sciacallo scrutandoli per bene chiese:
- Chi siete? E cosa volete?
- Son Upupa e ti condurrò dal tuo re. Vieni con noi e vedrai il suo oro che splende più del tuo pelo.
Incuriosito all’idea di un oro più prezioso del suo pelo, Sciacallo li seguì.
Ormai però erano tutti davvero stanchi, e Upupa non voleva dir loro dove si trovasse questo fantomatico re. Camminavano e camminavano ed erano molto affamati e assetati. Quand’ecco che Poiana annunciò al gruppo di scorgere una fonte d’acqua.
Raggiunsero finalmente un Grande Lago e Upupa con sguardo molto serio li riunì a sé e disse loro:
- ecco amici, siamo arrivati alla dimora del re.
Stupore e confusione si diffusero nella compagnia, le Cince si scompigliarono in un volo isterico, Poiana era pronta ad aggredire coi suoi artigli Sciacallo che l’aveva punzecchiata per tutto il viaggio, il quale a sua volta lanciò un ululato, Cinghiale dall’agitazione si mise a grufolare tutto ciò che incontrasse, Tordo Bottaccio zirlò come un matto, Capriolo si distese stremato e Gufo iniziò a soffiare e sospirare. Upupa invece non si scompose e volò sopra il lago. Fu allora che tutto il gruppo si calmò, osservando la propria immagine riflessa nello specchio dell’acqua.
Upupa con un furbo sorriso terminò:
- siete arrivati fino a qui grazie alle vostre qualità e nonostante i vostri difetti. Specchiatevi, perché è lì che vedrete l’immagine del vostro re.
E ripartì per una remota meta del mondo.
Agnese Accurso