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Dall'archivio di Konrad: Alimentazione, impatto ambientale e sviluppo sostenibile
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Dall’archivio di Konrad: Alimentazione, impatto ambientale e sviluppo sostenibile

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Nell’ultimo decennio il dibattito sullo sviluppo sostenibile ha contribuito a generare una maggiore consapevolezza sui problemi ambientali che affliggono il nostro pianeta e sulla necessità di intervenire per la sua salvaguardia.

Buco dell’ozono, effetto serra, desertificazione, perdita di biodiversità, ecc. sono alcuni degli sconvolgimenti dell’ecosistema planetario che, col passare degli anni, sono diventati vere e proprie emergenze ambientali.

La qualità della vita sul pianeta, presente e futura, è senza dubbio fortemente compromessa e da circa un ventennio si è cominciato a parlare di “sviluppo sostenibile”.

Il concetto di sviluppo sostenibile è stato ampiamente discusso nella “Dichiarazione di Rio de Janeiro sull’ambiente e lo sviluppo” con la quale l’ONU ha ufficialmente sancito l’unione dei due elementi portanti:

  1. uno sviluppo che rispetti l’ambiente e rimanga nei limiti delle capacità di rigenerazione degli ecosistemi;
  2. un senso di responsabilità verso le generazioni future nell’utilizzo delle risorse

In antitesi con esso abbiamo il concetto di impatto ambientale, ossia l’effetto che l’uomo produce sul pianeta legato ai processi di produzione e di consumo alimentare.

Da alcuni studi effettuati, risulta che questo impatto è così suddiviso:

  • circa il 3-4% dell’impatto totale è dovuto ai processi di acidificazione/eutrofizzazione. Attualmente, lo smaltimento di questi liquami avviene per spargimento sul terreno, il che provoca un grave problema di inquinamento da sostanze azotate, che causa inquinamento nelle falde acquifere, nei corsi d’acqua di superficie, nonché eutrofizzazione nei mari.
  • Circa il 5-13% è dovuto al consumo del territorio. Secondo quanto riportato dalla Commissione Europea, l’Europa è in grado di produrre abbastanza vegetali da nutrire tutti i suoi abitanti, ma non i suoi animali. Solo il 20% delle proteine destinate agli animali d’allevamento proviene dall’interno, il resto viene importato dai paesi del sud del mondo, impoverendoli ulteriormente, e sfruttando le loro risorse ambientali. A questa mancanza di spazio si correla il discorso della deforestazione a fini zootecnici e il cambiamento di gestione delle foreste pluviali. Ogni | anno scompaiono 17 milioni di ettari di foreste tropicali.
  • Circa il 15-18% dell’impatto totale è dovuto ai danni alla respirazione da composti chimici inorganici mentre il 20-26% è dovuto al consumo dei combustibili fossili. Entrambi questi processi sono dovuti ai processi di lavorazione, produzione e trasporto degli alimenti.
  • Il consumo di acqua da solo è in assoluto l’impatto maggiore e corrisponde al 41-46% dell’impatto totale. Il 70% dell’acqua utilizzata sul pianeta è consumato dalla zootecnia e dall’agricoltura (il cui prodotti servono per la maggior parte a nutrire gli animali d’allevamento), l’8% è usata nel consumo domestico, il 22% nell’industria.

Definiti questi importanti concetti, è ora possibile confrontare diverse diete alimentari sulla base dei fattori ecologici di sviluppo sostenibile e osservare il loro impatto ambientale.

Ricerche scientifiche molto complete sono giunte alle seguenti 3 conclusioni:

  1. A parità di tipologia di produzione, la dieta “normale” non equilibrata, consumando una sproporzionata quantità di calorie da alimenti di origine animale, ha un impatto maggiormente negativo sulla salute umana.
  2. A parità di tipologia di produzione, maggiore è il consumo di animali e maggiore è l’impatto ambientale.
  3. A parità di dieta, i metodi di produzione con ampio uso di pesticidi e prodotti chimici hanno un impatto ambientale maggiore rispetto aimetodi biologici.

Queste conclusioni, che coloro che da anni si occupano di ambiente, salute naturale e alimentazione danno ormai per scontate, assumono invece un’importanza fondamentale in quanto – forse per la prima volta – sono frutto di ricerche scientifiche approfondite da parte di enti ed organismi che nulla hanno a che fare con il biologico e l’alimentazione vegetariana.

I riconoscimenti poi dell’ONU e della Comunità Europea contribuiscono a dare ‘peso’ a queste ricerche e sono di forte impulso per la loro accettazione e diffusione a livello collettivo.

(estratto dal convegno “Educazione allo Sviluppo Sostenibile” organizzato dall’UNESCO a Udine i 21 dicembre 2007)

Giacomo Bo e Nadia Damilano Bo
www.ricerchedivita.it

tratto da Konrad n. 133 di febbario 2008

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