“Natura” e “naturale”, due parole che ci portano subito a un mondo ideale e incontaminato. In realtà la maggior parte della natura con la quale veniamo in contatto è una sua versione manipolata, addomesticata, riveduta e corretta da quello strano animale chiamato uomo.
Non è difficile, ad esempio, cogliere l’artificiosità dei cosiddetti “giardini all’italiana”, con siepi di forma geometrica, prati inglesi e piante disposte con regolarità. Ma anche i giardini apparentemente più rustici” non sono ciò che sembrano. Godiamone pure, ma non dimentichiamo quanto queste aree verdi siano il frutto di una sofisticata pianificazione e progettazione. Nei parchi e lungo le strade vengono spesso collocati platani di origine ibrida, al fine di resistere meglio all’inquinamento e agli stress. Gli stessi boschi nascondono in maniera più o meno esplicita lo zampino umano: viali tagliafuoco, abbattimento di alberi, introduzione di essenze non autoctone, eccetera.
Se l’intervento umano è inevitabile quando non auspicabile nelle zone verdi dentro e attorno alle città, ciò non toglie che è sempre più difficile vedere una natura davvero “selvaggia”.
Un dibattito tuttora accesissimo è quello sugli organismi geneticamente modificati. In questa sede non andremo a impelagarci nella delicata e controversa questione: vorrei solo far notare come, che ci piaccia o no, tutte le piante che coltiviamo e utilizziamo sono state modificate dall’uomo.
Prendiamo ad esempio i mais. II teosinte, una minuscola spiga selvatica, è stato pazientemente incrociato e selezionato dalle antiche popolazioni andine e dagli agricoltori moderi fino a giungere alle enormi pannocchie che ci sono familiari. Vegetali talmente dipendenti dalle nostre cure che se un giorno l’umanità dovesse scomparire a causa di una catastrofe le coltivazioni non sopravviverebbero all’anno successivo.
E gli animali? Lasciamo stare quelli da allevamento, frutto di incroci esasperati, mangimi speciali, ormoni e quant’altro. Li perlomeno lo scopo finale è quello di soddisfare la domanda alimentare. Quello che mi lascia maggiormente perplesso (e lascia perplesso anche Y-Fu Tuan, autore del saggio La natura forzata, Red edizioni, 1993) è il nostro rapporto con gli animali domestici. Certo, le beste convivono con noi da millenni e non sarò certo io, l’ultimo arrivato, a voler cambiare il mondo.
Ma davvero amiamo l’animale in quanto animale? L’animale in quanto essere “diverso” o alieno da noi? O non amiamo piuttosto l’animale come eterno cucciolo, come giocattolo, come burattino da comandare a bacchetta, come proiezione di noi stessi e delle nostre nevrosi? Ci piacciono gli animali, diciamo, poi ci circondiamo di veri e propri mostri: cani, gatti ed altri esseri disgraziati ottenuti con pazienti, fantasiose e perverse selezioni| affinché appaiano piccoli, carini e teneri, oppure pericolosi e feroci, oppure ancora abbiano una livrea, delle proporzioni e un carattere ben precisi. Viene incoraggiato lo sviluppo di anomalie, come la conformazione del muso e della bocca del bulldog, che quando morde può continuare a respirare senza mollare la presa, una caratteristica fondamentale quando, a suo tempo, questo cane è stato “progettato” per il combattimento contro i tori. Molte di queste razze costruite a tavolino soffrono di problemi di salute inesistenti nelle razze naturali.
Come simbolo di questa follia citerei il pesce telescopio, o pesce rosso macroltalmo, ottenuto dalla selezione dei comuni pesci rossi, che possiede due bulbi oculari talmente grossi e sporgenti (e soprattutto inutili) che tende a sbatterli contro gli ostacoli e a ferirsi. Ma non hanno scherzato neanche i creatori del Munchkin, o gatto bassotto, dotato di zampe cosi corte che non può né arrampicarsi né saltare. Un gatto che difficilmente ci rovinerà le tende e le suppellettili, un perfetto non-gatto da tenere nel salotto buono. E fa pensare il fatto che i cani di piccola taglia, come i chihuahua, vengano conosciuti e commercializzati con l’appellativo di “toy“. Definire “giocattolo” un essere vivente è a mio parere degradante. Allo stesso modo trovo terribile tenere un uccello in gabbia, castrando la sua natura di animale volatore e costringendolo a un ergastolo grigio e privo di stimoli.
“Non fare agli altri quel che non vorresti fosse fatto a te”, cosi predicava quel tale divenuto poi famoso con il musical Jesus Christ Superstar. Ma chi sono quest “altri”? Al riguardo ci può illuminare l’antropologo Desmond Morris, autore del celebre saggio La scimmia nuda. Gli esseri umani sono animali: questo, in sintesi, è il succo dei suoi studi. Gli “altri”, quindi, non sono solo gli “altri esseri umani” ma anche gli “altri animali”. Non penso sia troppo azzardato estendere il concetto anche ai vegetali e a tutti i componenti dell’ecosistema. Se proprio ci teniamo possiamo continuare a sentirci al centro del mondo, purché non dimentichiamo che la Terra è sferica, e ogni punto della sua superficie, ogni essere, ogni specie che la popola si trova ugualmente al centro, ugualmente in periferia.
Nelle immagini, dall’alto (dell’articolo originale, ndr):
- Il pesce telescopio, o pesce rosso macroftalmo, Ibrido di pesce rosso ottenuto dai cinesi attorno al 1500, allevato ancora oggi negli acquari. Va tenuto in vasche e più possibile libere da ostacoli e prive di pesci piccoli e veloci contro cui i suoi bulbi oculari andrebbero a sbattere.
- Il Munchkin, o gatto bassotto, è una razza felina molto recente, nata nel 1944 da una mutazione casuale. La progenie del gatto mutante è stata fatta incrociare finché il gene portatore delle zampe corte non è stato fissato per sempre nel genoma di questa razza
Francesco Gizdic
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Tratto da Konrad n.185 edizione Aprile 2013