Tra un pensatore ed un erudito c’è la stessa differenza che tra un libro e un indice
Ne La Nausea, probabilmente la sua opera più celebre (e celebrata), Sartre ci presenta uno strano personaggio che nel libro viene chiamato l’Autodidatta.
Fortemente simbolico (come del resto tutto il romanzo) questa singolare figura è l’inquietante frequentatore di una biblioteca di cui, in rigoroso ordine alfabetico, sta leggendo tutti i libri che essa contiene.
Lungi dal considerarlo come il lettore ideale, credo che questo assurdo bibliomane in realtà incarna l’insopprimibile bisogno dell’umanità di conoscere ogni cosa, di sapere tutto. Era il grande sogno degli enciclopedisti francesi che consegnarono alla storia e agli uomini il libro che conteneva l’intero scibile umano, finalmente e democraticamente alla portata di tutti. Senza nulla togliere alla fredda sistematicità di una enciclopedia o di un buon vocabolario della lingua italiana, credo che la vivacità e la cultura che impregna un dizionario etimologico sia un buonissimo motivo per leggerlo.
Sicuramente chi legge un dizionario è sempre un po’ in odore di insanità mentale o di oscure manie bibliche che lo rendono come minimo strano (per non dire matto). Invece la lettura sistematica di un corposo dizionario etimologico riserva sorprese e godimenti culturali di prima scelta. L’origine delle parole, oltre che ad essere un originale ripasso delle lingue straniere, offre una curiosa, variegata e divertente chiave di lettura della nostra storia. L’accessorio forse più noto della moda maschile, la cravatta, deve il suo nome alla vicina Croazia dove faceva parte della divisa degli antichi cavalieri croati. Noi segniamo numeri di telefono e liste di persone su una rubrica che deve il suo nome all’usanza di segnare in rosso (rubra) i capitoli delle leggi negli antichi codici per facilitare la ricerca. Il fegato deve il suo nome ai Romani, che lo mangiavano insaporito con i fichi (ficatum). E che dire dello scapolo (dal latino ex capulum, fuori dal cappio) contrapposto a coniugato (cum iugum, attaccato allo stesso giogo) ?
Gli etimi da citare sono infiniti (la lingua italiana vanta più di 120.000 parole) per cui invito ad usare come libro da comodino un dizionario etimologico e leggerne qualche pagina prima di addormentarsi: è una lettura spesso migliore di tanti altri libri in commercio.
Anche le parole americane, con i loro evidenti debiti verso la vecchia Europa, presentano etimi interessanti. Definire gli americani yankee, ad esempio rimanda all’epoca in cui gli olandesi avevano cominciato i loro lucrosi traffici commerciali con l’America dove venivano chiamati ironicamente Jan Kas (Giovanni Formaggio) alludendo alla forte esportazione dei formaggi olandesi. La parola gringo, invece ha origine al tempo delle guerre tra Stati Uniti e Messico, dove ai Marines americani (dalle divise verdi) veniva detto green go home (verdi andate a casa) sottolineando cosi (già all’epoca l’opinione dei messicani sulla politica estera americana). Il notissimo OK, universale simbolo per significare che va tutto bene, in una delle svariate possibili etimologie, sembra derivi dai rapporti militari che siglavano 0 kill (zero uccisi) quando le missioni di guerra si concludevano senza vittime.
Anche il dialetto triestino, testimone da sempre di una ricchissima cultura multietnica, offre a piene mani parole prese da ogni tipo di lingua, dal greco al latino, dal tedesco al francese, dall’arabo all’ebraico in un affascinante mismas (dal tedesco Misch-masch, mescolamento) linguistico che la dice lunga sulla varietà di etnie che hanno gravitato attorno a Trieste. L’appellativo cabibo, usato in termini spregiativi per indicare i meridionali, deriva dall’arabo habib che significa amico (sic !). La bella espressione dialettale strafanici ha radici latine (extra fanicola): stava ad indicare tutte le cose fuori dalla dispensa e quindi prive di valore. La nota località Redipuglia non ha nulla a che vedere con un re o con la regione italiana: il nome deriva in maniera agreste dallo sloveno sredi polje (in mezzo ai campi).
Ovviamente l’interesse per l’etimologia dà luogo a omeriche dispute sulla giusta origine delle parole: abbiamo fior di autorevoli studiosi che si accapigliano in lunghe faide sui significati di un termine consumando anni e pubblicazioni per dimostrare la veridicità delle loro rispettive tesi (spesso diametralmente opposte). Il guerriero che sonnecchia dentro di noi ogni tanto fa capolino: il significato della parola polemica (dal greco polemikòs) è infatti quello di attinente alla guerra. Fortunatamente queste battaglie (linguistiche) non mietono vittime, rivelano solo l’intenzione degli uomini di cercare la verità se non altro nelle parole per capire meglio chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando senza un dizionario etimologico.
Edoardo Triscoli
tratto da Konrad numero 134 di marzo 2008
